Parere 02 novembre 2009, n.2750/09
Dalla lettura di talune norme fondamentali della Costituzione
italiana, in particolare dagli artt. 7, 8, 19, 20, emerge un favor
religionis che non può essere disconosciuto in sede amministrativa
ogni qualvolta dovessero sorgere problemi interpretativi e di
applicazione delle norme relative agli enti ecclesiastici.
Nella procedura di riconoscimento della personalità giuridica degli
enti ecclesiastici, il requisito dello svolgimento della «attività
di religione o di culto» previsto dall’art. 16, l. 20 maggio 1985 n.
222, deve essere attentamente valutato, caso per caso, e deve essere
riconosciuto ricorrente quando in concreto siano ‘essenzialmente’
perseguite le attività esplicate nella tipologia prevista dallo
stesso art. 16, attività che per l’avvenuta evoluzione dei concetti
di ‘religione e di culto’, può essere più largamente intesa (anche
rispetto a quanto in precedena espresso in proposito dal Consiglio di
Stato), purché sia sempre prevalentemente riconducibile alle
peculiari finalità (religiose) perseguite dalla Chiesa.
Per evitare che il rispetto della normativa nella sua interpretazione
possa dar luogo ad applicazioni puramente formali, occorrerà che nel
concreto l’Amministrazione verifichi, di volta in volta, l’effettiva
corrispondenza delle attività perseguite con le più volte
evidenziate finalità. Nella specie, il Consiglio di Stato ha ritenuto
sussistente il requisito del perseguimento di finalità di religione e
di culto nella fondazione ‘Museo Diocesano’, dell’Istituto Storico
‘San Josemaria Escriva’, e della fondazione ‘Duomo di Mestre’.