Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 11 giugno 2014, n.170

Sono dichiarati costituzionalmente illegittimi gli artt. 2 e 4 della
legge 14 aprile 1982, n. 164 (Norme in materia di rettificazione di
attribuzione di sesso), nella parte in cui non prevedono che la
sentenza di rettificazione dell’attribuzione di sesso di uno dei
coniugi, che provoca lo scioglimento del matrimonio o la cessazione
degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio,
consenta, comunque, ove entrambi lo richiedano, di mantenere in vita
un rapporto di coppia giuridicamente regolato con altra forma di
convivenza registrata, che tuteli adeguatamente i diritti ed obblighi
della coppia medesima, con le modalità da statuirsi dal
legislatore; viene dichiarata, in via consequenziale,
l’illegittimità costituzionale dell’art. 31, comma
6, del decreto
legislativo 1° settembre 2011, n. 150
(che ha sostituito
l’art. 4 della legge n. 164 del 1982, abrogato dall’art.
36 del medesimo d.lgs., ma che ne ripete, con minima ininfluente
variante lessicale, identicamente il contenuto), nella parte in cui
non prevede che la sentenza di rettificazione dell’attribuzione
di sesso di uno dei coniugi, che determina lo scioglimento del
matrimonio o la cessazione degli effetti civili conseguenti alla
trascrizione del matrimonio celebrato con rito religioso, consenta,
comunque, ove entrambi lo richiedano, di mantenere in vita un rapporto
di coppia giuridicamente regolato con altra forma di convivenza
registrata, che tuteli i diritti ed obblighi della coppia medesima,
con le modalità da statuirsi dal legislatore.

Sentenza 10 giugno 2014, n.162

La Corte costituzionale dichiara l’illegittimità
costituzionale dell’art. 4, comma 3, della legge 19
febbraio 2004, n. 40
(Norme in materia di procreazione
medicalmente assistita), nella parte in cui stabilisce per la coppia
di cui all’art. 5, comma 1, della medesima legge, il divieto del
ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo
eterologo, qualora sia stata diagnosticata una patologia che sia causa
di sterilità o infertilità assolute ed irreversibili;
dell’art. 9, comma 1, della legge n. 40 del 2004, limitatamente
alle parole «in violazione del divieto di cui all’articolo
4, comma 3»; dichiara l’illegittimità
costituzionale dell’art. 9, comma 3, della legge n. 40 del 2004,
limitatamente alle parole «in violazione del divieto di cui
all’articolo 4, comma 3»; e dell’art. 12, comma 1,
della legge n. 40 del 2004.

Sentenza 23 settembre 2013, n.T-658/13

Se interpone la acción de tutela en contra del Monasterio Santa
Clara de Copacabana para solicitar la protección de los
derechos fundamentales de la actora a la vida digna y al mínimo
vital, los que se consideran vulnerados por la comunidad religiosa al
decidir no reintegrarla al monasterio, luego de haber transcurrido
cuatro años de retiro, bajo el argumento de haber desatendido
sus votos de obediencia y pobreza. La actora es una persona de 65
años de edad, que padece diversos quebrantos de salud,
atraviesa por una difícil situación económica y
no tiene esperanzas de acceder a una pensión de vejez, toda vez
que al haber dedicado 42 años de su vida a la actividad
religiosa, omitió efectuar cotizaciones al sistema de seguridad
social. Se analiza la siguiente temática: 1º. Fundamentos
constitucionales para el reconocimiento de la autonomía de las
iglesias y confesiones religiosas para regir sus asuntos internos y
definir las relaciones con sus miembros. 2º. Los límites
constitucionales de dicha autonomía. 3º. El principio de
solidaridad como fundamento del deber de protección y
asistencia de las personas de la tercera edad y, 4º. El deber de
asistencia de las comunidades religiosas para con sus miembros. Se
concede el amparo solicitado y se imparte la orden de reintegro de la
accionante al monasterio accionado, quien deberá garantizarle
la asistencia y cuidado necesario para llevar una vida digna en
atención a su condición de adulto mayor.
[Fonte:http://www.corteconstitucional.gov.co].

Sentenza 05 dicembre 2013

El Pleno del Tribunal Constitucional (TC) ha estimado el recurso de
inconstitucionalidad presentado por el Gobierno contra la Ley Foral
10/2013, de 12 de marzo, de modificación de la Ley Foral
2/1995, de Haciendas Locales de Navarraque, que hubiera obligado a la
Iglesia Católica y a las confesiones religiosas
evangélicas, israelita e islámica a pagar la
contribución territorial (impuesto equivalente al IBI) por
todos los inmuebles de su propiedad, con la única
excepción de los destinados al culto. La sentencia ha sido
aprobada por unanimidad. [nota
informativa del Tribunal Constitucional
]


La Redazione
di OLIR.it ringrazia per la segnalazione del documento il Prof. A.
Bettetini – Università degli Studi di Catania

Sentenza 20 giugno 2013, n.146

E’ inammissibile la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 53, terzo comma, della legge 11 luglio 1980, n. 312 (Nuovo
assetto retributivo-funzionale del personale civile e militare dello
Stato), nella parte in cui “esclude il personale della scuola non di
ruolo supplente (sia docente che non docente) dal diritto alla
maturazione degli aumenti economici biennali riconosciuti al personale
non di ruolo a tempo indeterminato”, nonché “nella parte in cui,
con riferimento all’ultimo comma dello stesso articolo, prevede un
diverso trattamento tra docenti di religione e docenti di materie
diverse, anche nel caso in cui entrambi rendano, come supplenti, una
prestazione a tempo determinato”, sollevata in riferimento agli
articoli 3, 36, 11 e 117 della Costituzione. Appare infatti innegabile
che, nonostante la riforma di cui alla legge n. 186 del 2003, lo
status degli insegnanti di religione mantenga alcune sue indubbie
peculiarità, quali la permanente possibilità di risoluzione del
contratto per revoca dell’idoneità da parte dell’ordinario diocesano
(art. 3, comma 9, della legge n. 186 del 2003) e l’assenza di un
sistema paragonabile a quello delle graduatorie permanenti – ora
graduatorie ad esaurimento – previste per altri docenti, le quali
consentono l’ingresso in ruolo in ragione del cinquanta per cento dei
posti disponibili ( art. 399 del decreto legislativo 16 aprile 1994,
n. 297 recante: «Approvazione del testo unico delle disposizioni
legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di
ogni ordine e grado»). Da tanto consegue che la prospettata questione
di legittimità costituzionale è, in parte qua, priva di fondamento
in riferimento all’art. 3 Cost., attesa l’inidoneità della categoria
dei docenti di religione a fungere da idoneo “tertium
comparationis”.

Ordinanza 19 luglio 2012, n.196

E’ manifestamente inammissibile la questione di legittimità
costituzionale dell’articolo 4 della legge 22 maggio 1978, n. 194
(Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione
volontaria della gravidanza), sollevata, in riferimento agli articoli
2, 32, primo comma, 11 e 117 della Costituzione, nella parte in cui
prevede la facoltà della donna – in presenza delle condizioni ivi
stabilite – di procedere volontariamente alla interruzione volontaria
della gravidanza entro i primi novanta giorni dal concepimento (nel
caso di specie, il procedimento ex articolo 12 della legge n. 194 del
1978 era stato attivato a seguito della richiesta, del locale
Consultorio familiare, di autorizzare una minorenne a decidere
l’interruzione volontaria della gravidanza senza informarne i
genitori).

Sentenza 05 aprile 2012, n.80

L’art. 12 dell’Allegato 1 del D.Lgs. n. 79 del 2011 (c.d. nuovo
Codice del turismo) contiene una classificazione ed una disciplina
delle strutture ricettive extralberghiere. Tale disposizione accentra
in capo allo Stato compiti e funzioni la cui disciplina era stata
rimessa alle Regioni e alle Province autonome dall’art. 1
dell’accordo tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome,
recepito dal d.P.C.M. 13 settembre 2002. Il legislatore delegato ha
operato un accentramento statale di funzioni spettanti in via
ordinaria alle Regioni, in base alla loro competenza legislativa
residuale in materia di turismo, determinando, quindi, una variazione
del riparto delle competenze tra Stato e Regioni nella predetta
materia, non contemplata nella delega contenuta nella legge n. 246 del
2005. Per quanto detto, la questione di legittimità costituzionale
prospettata per eccesso di delega deve essere ritenuta ammissibile e
fondata, per violazione degli artt. 76 e 77, primo comma, in relazione
agli artt. 117, quarto comma, e 118 Cost.

Ordinanza 22 maggio 2012, n.150

La giurisprudenza costituzionale è costante nell’affermare che la
questione dell’eventuale contrasto della disposizione interna con la
norme della CEDU va risolta in base al principio in virtù del quale
il giudice comune, al fine di verificarne la sussistenza, deve avere
riguardo alle norme della CEDU, come interpretate dalla Corte di
Strasburgo, «specificamente istituita per dare ad esse
interpretazione e applicazione» (da ultimo, sentenza n. 78 del 2012),
poiché il «contenuto della Convenzione (e degli obblighi che da essa
derivano) è essenzialmente quello che si trae dalla giurisprudenza
che nel corso degli anni essa ha elaborato», occorrendo rispettare
«la sostanza» di tale giurisprudenza, «con un margine di
apprezzamento e di adeguamento che le consenta di tener conto delle
peculiarità dell’ordinamento giuridico in cui la norma
convenzionale è destinata a inserirsi» (_ex plurimis_, sentenze n.
236 del 2011 e n. 317 del 2009), ferma la verifica, spettante al
Giudice delle leggi, della «compatibilità della norma CEDU,
nell’interpretazione del giudice cui tale compito è stato
espressamente attribuito dagli Stati membri, con le pertinenti norme
della Costituzione» (sentenza n. 349 del 2007; analogamente, tra le
più recenti, sentenze n. 113 e n. 303 del 2011). Nel caso di specie,
la Corte ha pertanto ordinato la restituzione degli atti ai Tribunali
di merito perchè – alla luce della sopravvenuta sentenza della Grande
Camera del 3 novembre 2011, S.H. e altri c. Austria – i rimettenti
procedano ad un rinnovato esame dei termini delle questioni.

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In OLIR.it
Grande Chambre. Sentenza 3 novembre 2011: AFFAIRE S.H. ET AUTRES c.
AUTRICHE
[/areetematiche/documenti/documents/microsoft%20word%20-%20fecondazione%20eterologa%20affaire_s%20h%20_et_autres_c%20_autriche.pdf]

Sentenza 05 giugno 2003, n.197

Corte costituzionale. Sentenza 5 giugno 2003, n. 197: "Inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10 e 11 della legge n. 135/2001 (Riforma della legislazione nazionale del turismo)". REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: – Riccardo       CHIEPPA                   Presidente […]

Sentenza 25 luglio 2011, n.245

La limitazione al diritto dello straniero a contrarre matrimonio nel
nostro Paese – introdotta dalla rinnovato testo dell’art. 116, comma
1, c.c. – si traduce anche in una compressione del corrispondente
diritto del cittadino o della cittadina italiana che tale diritto
intende esercitare. Ciò comporta che il bilanciamento tra i vari
interessi di rilievo costituzionale coinvolti deve necessariamente
tenere anche conto della posizione giuridica di chi intende, del tutto
legittimamente, contrarre matrimonio con lo straniero.Si impone,
pertanto, la conclusione secondo cui la previsione di una generale
preclusione alla celebrazione delle nozze, allorché uno dei nubendi
risulti uno straniero non regolarmente presente nel territorio dello
Stato, rappresenta uno strumento non idoneo ad assicurare un
ragionevole e proporzionato bilanciamento dei diversi interessi
coinvolti nella presente ipotesi, specie ove si consideri che il
decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle
disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme
sulla condizione dello straniero) già disciplina alcuni istituti
volti a contrastare i cosiddetti “matrimoni di comodo”.