Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 19 marzo 2013, n.537

Non è discriminatorio vietare di indossare simboli che mostrano
l’appartenenza religiosa, politica o ideologica in luoghi di lavoro
dove si fornisce un servizio pubblico. Nel caso di specie, è
legittimo il licenziamento di un’impiegata musulmana che aveva
indossato il velo, considerata la natura e il contesto delle mansioni
svolte. La ricorrente, infatti, era dipendente di un ente che, pur
essendo di diritto privato, offriva un servizio pubblico; di
conseguenza prevedeva, nel regolamento interno, un divieto di portare
simboli religiosi, al fine di garantire la neutralità del servizio
pubblico. La tutela della laicità dello Stato e della neutralità del
servizio pubblico giustifica, quindi, la restrizione della libertà
religiosa dei dipendenti, tutelata in termini generali dagli articoli
L. 1121-1 e L. 1321-3del Code du travail. (Cfr. anche la sentenza,
emessa lo stesso giorno, Mme Fatima X. c. Association Baby Loup
[https://www.olir.it/documenti/index.php?documento=6077]) (Stella
Coglievina).

Sentenza 25 maggio 2011, n.20979

Se da un lato è innegabile che lo studio della Bibbia non rende
necessaria per il detenuto la costante e sistematica presenza del
ministro del culto, dall’altro neppure può escludersi che
l’approfondimento di tali testi richieda talvolta l’assistenza del
ministro del proprio culto. Tale fattispecie può dunque essere
ricondotta al disposto dell’art. 26, comma 4 dell’ord. pen., secondo
cui il detenuto appartenente a religione diversa dalla cattolica ha
diritto di ricevere, su sua richiesta, l’assistenza del ministro del
proprio culto. In questo senso, il termine “assistenza” adoperato
dalla norma deve cioè essere inteso come presenza materiale e
spirituale del ministro del culto, che aiuti il fedele ad approfondire
lo studio dei testi religiosi. Per tale motivo non pare possibile
negare ad un credente – ed a maggior ragione ad un testimone di geova,
per il quale è fondamentale lo studio della bibbia – almeno una
qualche forma di approccio con il ministro del proprio culto, al fine
di poter approfondire lo studio dei testi biblici, ferma restando
l’esigenza che il colloquio si svolga con modalità tali da assicurare
l’ordine e la sicurezza dell’istituto carcerario.

Sentenza 23 settembre 2011, n.19450

La L. n. 218 del 1995, nell’abrogare (ex art. 73) gli artt. 796 ss.
c.p.c., dettati in tema di delibazione di sentenze straniere, ha fatto
salve, all’art. 41, le disposizioni delle leggi speciali in tema di
adozioni di minori, così predicando il perdurante vigore (e la
prevalenza) della disciplina speciale dell’adozione internazionale di
minori rispetto alle previsioni di carattere generale di cui alla
riforma del diritto internazionale privato. Ne consegue
l’applicabilità, “in “subiecta materia”, della L. 31 dicembre 1998,
n. 476 (recante ratifica ed esecuzione della Convenzione per la tutela
dei minori adottata all’Aja il 29 maggio 1993), che ha radicalmente
modificato la disciplina dell’adozione internazionale, sostituendo al
procedimento di delibazione del provvedimento straniero dettato dalla
L. n. 184 del 1983, art. 32, una complessa procedura che si snoda in
più fasi, analiticamente disciplinate dai novellati artt. 29 e ss.,
ed affida al tribunale dei minorenni i poteri in dette norme previste,
tra l’altro disponendo, all’art. 36, comma 1, che l’adozione
internazionale dei minori provenienti da Stati che hanno ratificato la
Convenzione può avvenire “soltanto con le procedure e gli effetti
previsti dalla presente legge” (Nel caso di specie, la Suprema Corte
ha cassato senza rinvio il provvedimento impugnato, perchè la domanda
di delibazione, ex art. 67, comma 2 della L. n. 218 del 1995, non
poteva essere proposta per la specialità del ritoinderogabilmente
disciplinato dalla L. n. 183 del 1984 come modificata dalla L. n. 476
del 1998).

Sentenza 21 aprile 2010, n.9464

Il matrimonio religioso ha effetti civili, a seguito della
trascrizione, dal momento della celebrazione. Detto principio non
soffre deroga in caso di trascrizione tardiva, restando indifferente
che il ritardo sia dipeso da fatto dell’ufficiale di stato civile o
da volontà dei coniugi. Di conseguenza, la retroattività degli
effetti della trascrizione tardiva implica il venir meno
dell’eventuale stato vedovile di uno dei coniugi, derivante da
precedente matrimonio, a partire dalla celebrazione del matrimonio
religioso. Ne deriva che, da tale momento, cessa anche il diritto
del coniuge superstite alla pensione di reversibilità del coniuge
defunto, poiché – ai sensi dell’art. 3 del decreto luogotenenziale
18 gennaio 1945 n. 39 – il diritto alla pensione di
reversibilità viene meno per sopravvenuto matrimonio.

Sentenza 26 febbraio 2010, n.7811

La semplice vecchiaia ed anche il fatto di essere soli non costituisce
una condizione che di per sè giustifica uno stato di infermità o
deficienza psichica tanto da poter configurare il reato di
circonvenzione (nel caso di specie, la Suprema Corte ha ritenuto in
particolare esistente la contraddittorietà della motivazione della
sentenza di appello nella parte in cui si faceva cenno al fatto che la
parte offesa fosse motivata da sentimento religioso, il che sembrava
indicare che quest’ultima, proprio perchè dotata di animo
caritatevole e generoso, fosse conscia delle proprie azioni).

Sentenza 08 marzo 2010, n.9132

La registrazione ad opera della polizia giudiziaria dei colloqui con
le persone informate sui fatti non costituisce attività
d’intercettazione in senso tecnico, perché proviene da uno dei
soggetti che ha partecipato alla conversazione, ma integra una
legittima modalità di documentazione fonica, che non lede alcun
principio costituzionale pur quando è realizzata in modo occulto, in
quanto la Costituzione tutela la libertà e la segretezza delle
comunicazioni, non la loro riservatezza (nel caso di specie, il
ricorrente – condannato per il reato di estorsione aggravata e
continuata nei confronti di un ministro di culto – presentava ricorso
per l’inutilizzabilità della registrazione eseguita dalla polizia
giudiziaria, durante le indagini preliminari, avente per oggetto una
conversazione tra presenti ascoltata dai pubblici ufficiali operanti,
per carenza del decreto autorizzativo, in violazione degli articoli
271 e 266 c.p.c., trattandosi di intercettazione ambientale)

Sentenza 17 aprile 1991, n.90-42636

L’article L. 122-35 du Code du travail et l’article L. 122-45 du même
Code, dans sa rédaction alors en vigueur, interdisant à l’employeur
de congédier un salarié pour le seul motif tiré de ses moeurs ou de
ses convictions religieuses, il ne peut être procédé à un
licenciement que lorsque celui-ci repose sur une cause objective
fondée sur le comportement du salarié qui, compte tenu de la nature
de ses fonctions et de la finalité propre de l’entreprise, a créé
un trouble caractérisé au sein de cette dernière. Viole les textes
précités la cour d’appel qui pour débouter un aide-sacristain de sa
demande de dommages-intérêts pour licenciement sans cause réelle et
sérieuse, se borne à mettre en cause les moeurs de ce salarié sans
avoir constaté d’agissements de ce dernier ayant créé un trouble
caractérisé au sein de l’association religieuse qui l’employait.

Sentenza 20 novembre 1986, n.84-43243

L’article L. 122-45 du Code du travail, en ce qu’il dispose qu’aucun
salarié ne peut être sanctionné ou licencié en raison de ses
convictions religieuses, n’est pas applicable lorsque le salarié, qui
a été engagé pour accomplir une tâche impliquant qu’il soit en
communion de pensée et de foi avec son employeur, méconnaît les
obligations résultant de cet engagement. L’indépendance des
professeurs dans l’exercice de leurs fonctions n’est pas incompatible
avec l’existence d’un lien de subordination à l’égard de la
direction de l’établissement au sein duquel ils enseignent.

Sentenza 19 maggio 1978, n.76-41211

E’ legittimo, stante la particolare caratterizzazione del rapporto di
lavoro in istituti privati confessionali, il licenziamento di
un’insegnante di una scuola cattolica, che aveva contratto nuove nozze
in seguito a divorzio.

Sentenza 19 maggio 1995, n.5547

La costituzione di un sepolcro familiare, ove non risulti una diversa
volontà del fondatore, conferisce il diritto alla sepoltura al
fondatore e a tutti i suoi discendenti; pertanto, anche i discendenti
di sesso femminile, benchè coniugati e con diverso cognome,
acquistano – iure proprio – il diritto alla sepoltura in quanto
facenti parte della medesima famiglia.