Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

Olir

Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 25 Aprile 2008

Circolare 22 maggio 2007, n.30/E

Ministero dell’economia e delle finanze, Dipartimento per le politiche fiscali, Agenzia delle entrate, Direzione centrale servizi ai contribuenti. Circolare 22 maggio 2007 n. 30/E: “Articolo 1, comma 337, legge 23 dicembre 2005, n. 266 – Chiarimenti”.

1. Premessa

Il D.P.C.M. 20 gennaio 2006, emanato in attuazione della legge istitutiva del beneficio del 5 per mille (legge 23 dicembre 2005, n. 266, articolo 1, commi 337/340), prevedeva una serie di adempimenti a carico dei soggetti richiedenti e, tra questi, l’invio alle Direzioni Regionali, da parte dei rappresentati legali degli enti interessati, di una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà con la quale si attestava la persistenza dei requisiti previsti dalla legge.

A tal proposito, con nota prot. n. 90560/2006 del 16 giugno 2006, sono state emanate le prime disposizioni operative alle Direzioni Regionali riguardanti il controllo, da effettuare ex articolo 71 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, sulle autocertificazioni alle stesse pervenute.

Di seguito, le Direzioni Regionali hanno fatto pervenire relazioni illustrative in merito sia allo stato dei controlli in fase di completamento sia alle eventuali problematiche insorte nel corso di tali operazioni.

Dall’esame delle relazioni suddette, si è rilevato come in diverse realtà siano presenti numerose questioni similari, di natura operativa o tecnicogiuridica, alle quali occorre dare soluzione per consentire il completamento dei controlli e, al tempo stesso, garantire la necessaria uniformità nei comportamenti in presenza di comuni casistiche.

(omissis)

6. Parrocchie ed altri enti ecclesiastici

Altra problematica emersa riguarda la qualificazione – ai fini dell’ammissione al beneficio di cui all’articolo 1, comma 337, lettera a), della legge n. 266 del 2005 – degli enti ecclesiastici delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti e accordi d’intesa; la casistica più frequente riguarda le parrocchie.

Va ricordato in proposito che la norma di riferimento in materia è costituita dalla legge 20 maggio 1985, n. 222, recante “Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero in servizio nelle diocesi”. L’articolo 1 di tale legge prevede che «gli enti costituiti ed approvati dall’autorità ecclesiastica, aventi sede in Italia, i quali abbiano fine di religione o di culto, possono essere riconosciuti come persone giuridiche agli effetti civili con decreto del Presidente della Repubblica, udito il parere del Consiglio di Stato». Una volta ottenuto il riconoscimento, tali enti – a norma dell’articolo 5 della richiamata legge n. 222 del 1985 – «devono iscriversi nel registro delle persone giuridiche», secondo le modalità attualmente previste dal D.P.R. n. 361 del 7 dicembre 2000 (Recte: D.P.R. 10 febbraio 2000, n. 361) (Regolamento recante norme per la semplificazione dei procedimenti di riconoscimento delle persone giuridiche private e di approvazione dell’atto costitutivo).

Gli enti ecclesiastici delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese, ai sensi del comma 9 dell’articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, possono configurarsi come ONLUS di diritto solo parzialmente, cioè limitatamente alle attività svolte nell’esclusivo perseguimento di finalità di solidarietà sociale nei settori espressamente indicati nel comma 1, lettera a), del sopra citato D.Lgs. n. 460 del 1997.

Ciò comporta, come precisato nella circolare n. 168/E del 26 giugno 1998 e nella circolare n. 22/E del 22 gennaio 1999, che gli Enti di cui trattasi possono accedere al regime di favore previsto per le ONLUS limitatamente ai settori di cui all’articolo 10, comma 1, lettera a), del citato decreto a condizione, però, che per tali attività:

a) siano separatamente tenute le scritture contabili di cui all’articolo 20 bis del D.P.R. n. 600 del 1973;
b) siano rispettati i requisiti statutari ed i vincoli sostanziali imposti dall’articolo 10 del D.Lgs. n. 460 del 1997, ferme restando le deroghe previste dal comma 7 dello stesso articolo 10, nonché l’onere della comunicazione di cui all’articolo 11 del medesimo decreto.

In ragione di tanto, i controlli curati dalle Direzioni Regionali in indirizzo devono tendere ad appurare la sussistenza sia del riconoscimento quali persone giuridiche sia delle condizioni sopraindicate.

(omissis)

8. Motivi procedurali che causano l’esclusione

Nelle relazioni prodotte, le Direzioni Regionali in indirizzo hanno evidenziato i più frequenti motivi di carattere procedurale che comportano l’esclusione dal beneficio, da formalizzare con apposito provvedimento.

Per quanto attiene alle fattispecie segnalate, la scrivente precisa che l’esclusione dagli elenchi va operata nei seguenti casi:

– autocertificazione inviata oltre il termine previsto del 30 giugno 2006;
– mancata sottoscrizione dell’autocertificazione;
– mancata allegazione del documento d’identità;
– autocertificazione sostanzialmente non conforme alla modulistica approvata con D.P.C.M. 20 gennaio 2006 ovvero generica, carente e priva degli elementi previsti dal D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 , (ad esempio, non contenente uno o più dei requisiti sostanziali quali: dati anagrafici completi del rappresentante; espressa dichiarazione di sussistenza dei requisiti di cui al comma 337 dell’articolo 1 della legge n. 266 del 2005).

9. Casi particolari segnalati

Alcune Direzioni hanno segnalato, tra le possibili cause di esclusione dal beneficio, fattispecie particolari per le quali, ad avviso di questa Direzione, occorre porre in essere ulteriori adempimenti ai fini dell’eventuale regolarizzazione delle posizioni ovvero della definitiva esclusione.

a) allegazione alla autocertificazione di documento di identità scaduto.

Sul punto si osserva come la normativa di riferimento (D.P.R. n. 445 del 2000) disciplini in modo diverso le fattispecie illustrate negli articoli 38 e 45, prevedendo solo in tale ultimo articolo che il documento d’identità debba essere valido e, se scaduto, possa essere integrato contestualmente all’atto della esibizione della documentazione. Ciò induce a ritenere che per le autocertificazioni prodotte ai sensi dell’articolo 38 (e 47), il documento di riconoscimento allegato non debba necessariamente essere in corso di validità, dal momento che unico scopo dell’allegazione è quello di dar contezza della circostanza che la dichiarazione o l’istanza siano state inoltrate da un determinato soggetto.
Va, inoltre, considerato che l’articolo 71, comma 3, stabilisce che qualora le dichiarazioni di cui gli articoli 46 e 47 del citato decreto presentino delle irregolarità o delle omissioni rilevabili di ufficio, non costituenti falsità, il funzionario competente a ricevere la dichiarazione dà notizia di tale irregolarità all’interessato, il quale è tenuto alla regolarizzazione o al completamento della dichiarazione.
Sulla base di tali considerazioni, ne consegue che l’allegazione di un documento scaduto alla auotocertificazione inviata a mezzo posta possa essere successivamente sanata in fase istruttoria (sul punto si veda la sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, n. 7339 dell’11 novembre 2004).

b) mancata coincidenza dei dati esposti dal soggetto in dichiarazione con quelli presenti in Anagrafe Tributaria.

La casistica comprende molteplici fattispecie (rappresentante legale non corrispondente a quello risultante in AT; indirizzi non individuati, CF cessati).
La esclusione dagli elenchi non può prescindere da un approfondimento delle singole posizioni, anche attraverso l’acquisizione di idonea documentazione, al fine di verificare con certezza se sussistano motivi ostativi alla conferma del soggetto o, al contrario, se la discordanza scaturisca da errore sanabile, causato da mancata comunicazione di variazione dei dati presenti a sistema.
c) errata indicazione – nella domanda di iscrizione all’elenco dei fruitori il beneficio – circa l’appartenenza ad una delle tipologie giuridiche previste.

Sono stati segnalati alcuni casi di soggetti che all’atto della compilazione della domanda hanno selezionato in modo erroneo l’appartenenza ad una delle tipologie indicate nell’articolo 1, comma 337, lettera a), della legge n. 266 del 2005 (Onlus, Associazioni di promozione sociale, Onlus di diritto, Cooperative sociali, ecc).

Trattandosi di enti inseriti in un unico elenco nazionale, laddove il soggetto appartiene comunque ad una delle tipologie sopramenzionate, l’errore commesso può ritenersi scusabile. Di conseguenza, una volta operati tutti i riscontri del caso in merito al possesso dei requisiti essenziali che legittimano il beneficio, va confermato l’inserimento nell’elenco, ovviamente nella categoria di effettiva appartenenza.

10. Modalità di esclusione dei soggetti dagli elenchi dei beneficiari.

Per quanto attiene agli aspetti procedurali, giova rammentare che né i commi 337/340 dell’articolo 1 della legge n. 266 del 2005 né il D.P.C.M. 20 gennaio 2006 recano specifiche disposizioni al riguardo; non risultano, altresì, applicabili in via analogica le disposizioni dettate dal D.M. n. 266 del 18 luglio 2003 del Ministro dell’Economia e delle Finanze, espressamente emanate ai fini dei controlli circa la sussistenza dei requisiti formali per l’uso della denominazione ONLUS.

Al riguardo si fa presente che questa Direzione, nell’intento di adottare comunque idonee iniziative atte ad evitare che possano essere perpetrati abusi, ha impartito istruzioni operative alle Direzioni Regionali, con la richiamata nota n. 90560/2006 del 16 giugno 2006, per illustrare le modalità operative con cui le strutture interessate dovevano procedere al controllo – ai sensi dell’articolo 71 del D.P.R. n. 445 del 2000 – delle dichiarazioni sostitutive prodotte dai rappresentanti legali degli enti che hanno richiesto il beneficio.

Allo stato, una volta completati gli accertamenti tecnici richiesti, si pone il problema relativo alle modalità da adottare per l’esclusione dal beneficio di quanti sono risultati non in possesso dei requisiti previsti.

Al riguardo si rammenta che, trattandosi di procedimento ad istanza di parte, occorre adottare la procedura dettata dall’art. 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241; pertanto, prima dell’adozione del provvedimento di diniego, occorre comunicare tempestivamente all’ente istante i motivi ostativi all’accoglimento della sua domanda. In tal modo l’interessato potrà produrre – entro il termine di dieci giorni dalla ricezione della comunicazione – eventuali osservazioni e documentazione.

Si precisa, altresì, che l’atto con cui si procede all’esclusione dall’elenco deve contenere, tra le motivazioni, anche le ragioni relative al mancato accoglimento delle osservazioni eventualmente pervenute.

Sia la comunicazione relativa ai motivi ostativi sia il successivo provvedimento definitivo vanno notificati, a mezzo raccomanda a.r., al legale rappresentante dell’Ente.

Il provvedimento in parola, in quanto emesso da una Pubblica Amministrazione, è ex lege ricorribile dall’interessato. È tuttavia necessario che tale informazione sia contenuta nel medesimo provvedimento nel quale occorre precisare – ai sensi dell’articolo 3, comma 4, della legge n. 241 del 1990 – l’Autorità Giudiziaria alla quale va rivolto l’eventuale reclamo.

La questione esula dalle competenze delle Commissioni Tributarie, trattandosi di materia non contemplata nell’articolo 2 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546; mancano, quindi, i presupposti per fondare la giurisdizione di tali organi giudicanti.

Va ancora considerato che con il D.P.C.M. 20 gennaio 2006 sono stati determinati sia l’an sia il quantum – essendo stati stabiliti sia i requisiti di accesso al beneficio sia i criteri di determinazione dello stesso – e, dunque, l’amministrazione si è autovincolata; non residua, infatti, ad essa alcun potere se non quello di controllare la sussistenza dei requisiti individuati a monte. L’attività esercitata successivamente all’emanazione del D.P.C.M. non appare di tipo amministrativo discrezionale ma può qualificarsi come vincolata e finalizzata al soddisfacimento dell’interesse privato dei richiedenti.

Non rinvenendosi, pertanto, un’attività amministrativa discrezionale che si ponga tra la previsione del beneficio e la sua concreta attribuzione, la posizione giuridica tutelata appare essere di diritto soggettivo. Di conseguenza gli eventuali ricorsi avverso i provvedimenti inerenti la cancellazione per mancanza dei presupposti fissati dalla norma debbono essere indirizzati agli organi di Giustizia ordinaria.

(omissis)