Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 14 Luglio 2004

Interrogazione 01 marzo 2004, n.E-0776

Parlamento europeo. Interrogazione scritta E-0776 di Maurizio Turco alla Commissione: “Violazione della libertà religiosa in Grecia”, 1 marzo 2004.

Visti
– l’articolo 6 del TUE;
– gli articoli 10, 22 e 52 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea;
– la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 1950 (in particolare gli articoli 9 e 14);
– il rapporto internazionale sulla libertà religiosa nel 2003 del dipartimento di Stato americano;
considerato
– che i gruppi non ortodossi in Grecia devono affrontare ostacoli amministrativi o restrizioni giuridiche per praticare la loro religione; che i capi di alcuni gruppi religiosi non ortodossi affermano che tutte le imposte sulle organizzazioni religiose sono discriminatorie, poiché il governo sovvenziona la Chiesa ortodossa, mentre gli altri gruppi si autofinanziano;
– che varie associazioni religiose hanno incontrato difficoltà nel risolvere questioni amministrative; che i privilegi e le prerogative concessi alla Chiesa ortodossa non vengono estesi ad altre religioni riconosciute;
– che i membri dei testimoni di Geova hanno subito vessazioni a causa di controlli di identità arbitrari e hanno incontrato difficoltà per seppellire i loro defunti e opposizione da parte dei funzionari locali per costruire le loro chiese;
– che gli appartenenti ad alcuni gruppi religiosi come i mormoni e gli ebrei hanno incontrato difficoltà nel rinnovare i visti dei loro ministri religiosi e dei rabbini non cittadini dell’UE, perché il governo non dispone di visti di lavoro specifici per i religiosi;
– che i cittadini non ortodossi hanno difficoltà nell’intraprendere una carriera nell’esercito, nella polizia, nel corpo dei vigili del fuoco o nella pubblica amministrazione a causa della loro religione; che, nell’esercito solo i membri della Chiesa ortodossa passano al grado di ufficiale, convincendo i membri di altre confessioni a dichiararsi ortodossi; che sono state stilate relazioni su presunte pressioni esercitate sul personale militare greco ortodosso per dissuaderlo dal contrarre matrimonio che non segua la pratica ortodossa, pena la mancata promozione;
– che la Chiesa ortodossa ha pubblicato un elenco di pratiche e di gruppi religiosi considerati sacrilegi; che funzionari della Chiesa ortodossa hanno dichiarato che si rifiutano di dialogare con gruppi religiosi considerati pericolosi per i praticanti ortodossi e che hanno persino consigliato agli ortodossi di evitare i membri di tali confessioni;
la Commissione è a conoscenza dei fatti descritti? Se li ha considerati ed esaminati, quali sono le conclusioni della sua valutazione?
La Commissione non ritiene che i fatti descritti attentino ai diritti garantiti dagli articoli 10, 22 e 52 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, e che siano contrari all’articolo 6 del TUE?
In caso di mancata condanna esplicita dei fatti riportati da parte di questa istituzione, sulla base di quali principi giuridici essa intende sostenere la sua posizione?

Risposta dell’On.le Vitorino a nome della Commissione, 29 aprile 2004.

L’onorevole parlamentare fa riferimento a fatti o pratiche di natura molto diversa, che si configurerebbero come violazioni della libertà religiosa in Grecia. La Commissione non è a conoscenza di fatti e pratiche del genere.
La valutazione che essa potrebbe darne e gli eventuali provvedimenti da prendere dipenderebbero da un’eventuale connessione con l’ordinamento giuridico comunitario.
Alcuni dei fatti evocati esulano totalmente dal diritto comunitario e la Commissione non sarebbe pertanto in grado di agire. Ciò vale ad esempio per il rifiuto di concedere un permesso di lavoro specifico per religiosi cittadini di paesi terzi, dato che non esistono norme comunitarie in materia di ingresso e soggiorno a fini di lavoro dei cittadini di paesi terzi, e che qualsiasi decisione al riguardo è di competenza degli Stati membri.
Ad alcune delle pratiche evocate sembra applicarsi la dichiarazione relativa alle chiese e organizzazioni non confessionali, allegata al trattato di Amsterdam, in base alla quale l’Unione rispetta lo status previsto dalle legislazioni nazionali per le associazioni o comunità religiose negli Stati membri. Ciò vale per le condizioni amministrative inerenti all’esercizio delle pratiche religiose diverse da quelle della chiesa ortodossa o per le imposte versate dalle organizzazioni religiose, citate dall’onorevole parlamentare.
L’elenco di pratiche e di gruppi religiosi reputati sacrileghi dalla chiesa ortodossa, e i comportamenti sociali che potrebbero derivarne, ha rilevanza al massimo fra privati e non desta quindi osservazioni di sorta.
Quanto alle pratiche che possono risultare discriminatorie ai fini dell’accesso alla funzione pubblica e della carriera nella medesima, la Commissione rammenta che la Grecia è tenuta ad applicare la direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che vieta la discriminazione fondata su religione o convinzioni personali, handicap, età o tendenze sessuali, con riferimento al lavoro e all’occupazione(1). Dal 2 dicembre 2003 tutti gli Stati membri sono tenuti ad applicare la direttiva.
Nell’ambito dell’esame dell’applicazione della direttiva in parola ad opera degli Stati membri, cui essa procede, la Commissione ha intimato alla Grecia di comunicare le misure nazionali di recepimento della direttiva.