Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 29 Novembre 2004

Lettera 01 novembre 2004

Lettera del Consiglio Episcopale Permanente
in preparazione al 24° Congresso Eucaristico Nazionale (Bari, 21–29 maggio 2005): “Senza la domenica non possiamo vivere”, 1° novembre 2004.

(Omissis)

1. «Coroni l’anno con i tuoi benefici, al tuo passaggio stilla l’abbondanza» (Sal 65,12). Il Signore anche in questo nuovo anno liturgico continuerà a visitarci e ricolmarci con l’abbondanza dei suoi doni. Sarà, anzi, un anno particolarmente ricco di grazia. Il cammino di preparazione al Congresso Eucaristico Nazionale, che si svolgerà a Bari dal 21 al 29 maggio del 2005, ci aiuterà a vivere meglio questo “Anno dell’Eucaristia”, indetto dal Santo Padre Giovanni Paolo II perché ci lasciamo illuminare dal «Mistero che costituisce la radice e il segreto della vita spirituale dei fedeli come anche di ogni iniziativa della Chiesa locale» (1) . La preparazione al Congresso Eucaristico costituirà per le Chiese particolari in Italia il modo più concreto con cui rispondere all’invito del Papa.
Il tema del Congresso – “Senza la domenica non possiamo vivere” – lo pone inoltre all’interno del cammino previsto per questo decennio dagli orientamenti pastorali e ne diventa una tappa fondamentale: mentre riprende e rilancia la riflessione sulla parrocchia (2) , ci prepara al Convegno ecclesiale del 2006 a Verona. Le nostre parrocchie, infatti, potranno essere autentiche comunità di servi del Signore, solo se riscopriranno e custodiranno la centralità della domenica, e se la celebrazione eucaristica, cuore della domenica, sarà per loro il luogo specifico dell’educazione missionaria: annunziare Gesù Risorto, speranza del mondo (3). Anche il Papa ci chiede che «in questo anno si ponga un impegno speciale nel riscoprire e vivere pienamente la domenica come giorno del Signore e giorno della Chiesa» (4).
2. Senza la domenica non possiamo vivere. Non è uno slogan ad effetto né l’esclamazione di chi, dopo una settimana di duro lavoro, può finalmente riposarsi. È, al contrario, la testimonianza di fedeltà alla domenica dei 49 martiri di Abitène – una località nell’attuale Tunisia – che nel 304 hanno preferito, contravvenendo ai divieti dell’imperatore Diocleziano, andare incontro alla morte, piuttosto che rinunciare a celebrare il giorno del Signore. Erano consapevoli che la loro identità e la loro stessa vita cristiana si basava sul ritrovarsi in assemblea per celebrare l’Eucaristia nel giorno memoriale della Risurrezione.
È quanto ci testimonia il redattore degli Atti del martirio, commentando la domanda posta dal proconsole Anulino al martire Felice: «O stolta e ridicola richiesta del giudice! Gli ha detto: “Non dire se sei cristiano”, e poi ha aggiunto: “Dimmi invece se hai partecipato all’assemblea”. Come se vi possa essere un cristiano senza il giorno domenicale, o si potesse celebrare il giorno domenicale senza il cristiano! Non lo sai, Satana, che è il giorno domenicale a fare il cristiano e che è il cristiano a fare il giorno domenicale, sicché l’uno non può sussistere senza l’altro, e viceversa? Quando senti dire “cristiano”, sappi che vi è un’assemblea che celebra il Signore; e quando senti dire “assemblea”, sappi che lì c’è il cristiano».
Questa “piccola parrocchia” di Abitène si è conservata fedele al suo Signore, pur in mezzo alle persecuzioni, grazie alla celebrazione eucaristica domenicale. Si comprende, allora, perché Emerito, al proconsole che gli rimproverava di aver ospitato nella sua casa i cristiani per l’Eucaristia domenicale, non esitò a rispondere: «Senza la domenica non possiamo vivere». La testimonianza dei martiri di Abitène ci sollecita in questo anno di preparazione «a riscoprire con nuovo vigore il senso della domenica: il suo “mistero”, il valore della sua celebrazione, il suo significato per l’esistenza umana e cristiana» (5).
Quali sono i tratti caratteristici che fanno della domenica l’elemento qualificante dell’identità e della vita dei cristiani?
3. La domenica “Pasqua settimanale”. Non comprenderemmo l’importanza e il valore della domenica se non facessimo innanzitutto riferimento a Cristo e alla sua morte e risurrezione. La domenica, infatti, ci riporta a quel «primo giorno dopo il sabato», quando Cristo, risorto dai morti, è apparso ai suoi discepoli. Da quel primo mattino, ogni settimana il Risorto convoca i cristiani attorno alla sua mensa «nel giorno in cui ha vinto la morte e ci ha resi partecipi della sua vita immortale» (6) . Non è stata la Chiesa a scegliere questo giorno, ma il Risorto. Essa non può né manipolarlo né modificarlo; solo accoglierlo con gratitudine, facendo della domenica il segno della sua fedeltà al Signore. Sì, «questo è il giorno che ha fatto il Signore, rallegriamoci ed esultiamo in esso » (Sal 118,24).
Se Egli non fosse risorto, la nostra fede sarebbe senza fondamento e noi resteremmo ancora nei nostri peccati (7) . Per questo, fin dall’inizio, quell’anonimo “primo giorno dopo il sabato” è diventato per i cristiani il «giorno del Signore», come attesta l’Apocalisse (Ap 1,10). La Chiesa, ogni domenica, è ricondotta all’essenzialità della sua vita e della sua missione: «La missionarietà, infatti, deriva dallo sguardo rivolto al centro della fede, cioè all’evento di Gesù Cristo, il Salvatore di tutti, e abbraccia l’intera esistenza cristiana. Dalla liturgia alla carità, dalla catechesi alla testimonianza della vita, tutto nella Chiesa deve rendere visibile e riconoscibile Cristo Signore» (8). Lo splendore della luce della Risurrezione, che illumina la Liturgia delle Ore della domenica, dovrebbe attraversare l’intera giornata.
La domenica è anche il giorno in cui facciamo memoria del Battesimo, evento che, unendoci alla morte e alla risurrezione di Cristo, è per noi fonte di vita nuova. Per Tertulliano la domenica è «il giorno della risurrezione salvifica di Cristo»; con essa «noi celebriamo ogni settimana la festa della nostra Pasqua» (9). La Chiesa nella celebrazione eucaristica domenicale esprime la sua gratitudine con la preghiera liturgica: «Mirabile è l’opera da lui compiuta nel mistero pasquale; egli ci ha fatti passare dalla schiavitù del peccato e della morte alla gloria di proclamarci stirpe eletta, regale sacerdozio, gente santa, popolo di sua conquista per annunziare al mondo la tua potenza, o Padre, che dalle tenebre ci hai chiamato alla splendore della tua luce» (10).
Perché non riscoprire e valorizzare meglio la possibilità, che la liturgia ci offre, di ricordare e rinnovare la grazia del nostro Battesimo, attraverso l’aspersione dell’assemblea all’inizio della celebrazione domenicale?
4. La celebrazione eucaristica, cuore della domenica. Nel suo giorno il Risorto si rende presente nella celebrazione eucaristica e si dona a noi nella Parola, nel Pane e nel dinamismo del suo amore, permettendoci di vivere la sua stessa vita. L’Eucaristia
domenicale ravviva, così, nei credenti la consapevolezza che la Chiesa non si “autogenera”, ma è “dono” che viene dall’Alto. Ogni domenica, la comunità cristiana mentre è riconfermata nella sua vocazione, è edificata e vivificata dallo Spirito del Risorto, perché si presenti al mondo quale «segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano» (11).
Per questo il giorno del Signore è anche il giorno della Chiesa, che ricorda a ogni cristiano che non è possibile vivere individualisticamente la fede. «Quanti, infatti, hanno ricevuto la grazia del Battesimo, non sono stati salvati solo a titolo individuale, ma come membra del Corpo mistico, entrati a far parte del Popolo di Dio. È importante perciò che si radunino, per esprimere pienamente l’identità stessa della Chiesa, la ekklesía, l’assemblea convocata dal Signore risorto, il quale ha offerto la sua vita “per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi” (Gv 11, 52)» (12). Questo richiede che «i sacerdoti nel loro impegno pastorale prestino, durante questo anno di grazia, un’attenzione ancor più grande alla Messa domenicale, come celebrazione in cui la comunità parrocchiale si ritrova in maniera corale, vedendo ordinariamente partecipi anche i vari gruppi, movimenti, associazioni in essa presenti» (13).
Disertare l’Eucaristia domenicale porta ad impoverirsi, a vedere la propria fede e l’appartenenza alla Chiesa indebolirsi giorno dopo giorno e a constatare la propria incapacità di fare della domenica un giorno di festa. Mentre l’industria del divertimento diventa sempre più prolifica e le occasioni per far festa si moltiplicano, l’uomo sembra aver smarrito “il perché” e il “per chi” festeggiare. «Purtroppo quando la domenica perde il significato originario e si riduce a puro “fine settimana”, può capitare che l’uomo rimanga chiuso in un orizzonte tanto ristretto che non gli consente più di vedere il “cielo”. Allora, per quanto vestito a festa, diventa intimamente incapace di “far festa”» (14).
La domenica ritorna ogni settimana per ricordare a tutti che Cristo è la nostra festa! La partecipazione all’Eucaristia domenicale più che un obbligo dovrebbe essere un bisogno! «Come potremmo vivere senza di Lui?» (15). Come abbiamo scritto recentemente, «si tratta di offrire occasioni di esperienza comunitaria e di espressione di festa, per liberare l’uomo da una duplice schiavitù: l’assolutizzazione del lavoro e del profitto e la riduzione della festa a puro divertimento. La parrocchia, che condivide la vita quotidiana della gente, deve immettervi il senso vero della festa che apre alla trascendenza. Un aiuto particolare va dato alle famiglie, affinché il giorno della festa possa rinsaldarne l’unità, mediante relazioni più intense tra i suoi membri; la domenica infatti è anche giorno della famiglia» (16).
5. La celebrazione eucaristica domenicale, sorgente della missione. «La partecipazione al corpo e al sangue di Cristo – afferma san Leone Magno – non è ordinata ad altro che a trasformarci in ciò che assumiamo. E colui nel quale siamo morti, sepolti e risuscitati, è lui che diffondiamo, mediante ogni cosa, nello spirito e nella corporeità» (17). Per questo, la celebrazione eucaristica domenicale non può esaurirsi dentro le nostre chiese, ma esige di trasformarsi in servizio di carità. È la
preghiera che la liturgia pone sulle nostre labbra, perché diventi impegno di vita: «O Padre, che nella Pasqua domenicale ci chiami a condividere il pane vivo disceso dal cielo, aiutaci a spezzare nella carità di Cristo anche il pane terreno» (18).
La celebrazione eucaristica domenicale genera un’onda di carità, destinata a espandersi in tutta la vita dei fedeli, trasformando il modo stesso di vivere il resto della domenica. Così è descritto da Giustino, in modo incisivo e coinvolgente, il dinamismo della carità che dalla celebrazione eucaristica si diffondeva nelle case raggiungendo tutte le persone: «Si fa quindi la spartizione e la distribuzione a ciascuno degli alimenti consacrati, e attraverso i diaconi se ne manda agli assenti. I facoltosi, e quelli che lo desiderano, danno liberamente ciascuno quello che vuole, e ciò che si raccoglie viene depositato presso il preposto. Questi soccorre gli orfani, le vedove, e chi è indigente per malattia o per qualche altra causa, e i carcerati e gli stranieri che si trovano presso di noi: insomma, si prende cura di chiunque sia nel bisogno» (19).
La celebrazione eucaristica domenicale diviene, così, per tutti noi una preziosa occasione per verificare la nostra conformazione a Cristo e il nostro impegno di imitarlo nel dono generoso della nostra vita. Essa non permette né fughe all’indietro, né sogni evasivi, ma il “rimanere” in lui e con lui fedeli alla storia, così che la speranza generi le opere «dell’ottavo giorno» (20). Si tratta di gesti profondamente umani e semplici che esprimono e realizzano la solidarietà, la condivisione, la speranza di un futuro migliore, la liberazione integrale dell’uomo. A volte sarà il dono di una parola, di una visita, di un sorriso a far sperimentare a chi è solo che anche per lui è domenica. La domenica è, dunque, anche giorno dell’uomo. Perché questo non resti solo un pio desiderio ma si trasformi in realtà, è necessario che le nostre comunità siano capaci di ascoltare e accogliere gli «interrogativi che toccano le strutture portanti dell’esistenza: gli affetti, il lavoro, il riposo» (21) .
6. La celebrazione eucaristica domenicale va preparata. Come aiutare i battezzati a riscoprire tutta la ricchezza custodita e donata dalla domenica? Perché ci sia un vero coinvolgimento e una reale e profonda partecipazione, perché il clima festoso sostenuto dai canti e dai gesti sia autentico, è necessario arrivare alla celebrazione preparati e motivati. L’improvvisazione e la superficialità, personale o comunitaria, non possono che produrre indifferenza, senso di disagio, o addirittura noia. Molto difficilmente si potrà recuperare la centralità della domenica nella vita della parrocchia, se non si avranno dei momenti in cui giovani, adulti e anziani si ritrovino non solo per prepararsi alla celebrazione eucaristica domenicale ma anche per essere da questa “provocati”, così che tutta la vita e l’agire pastorale della comunità siano da essa interpellati, illuminati e sostenuti. Non possiamo disattendere quanto il Papa ci chiede: «I Pastori si impegnino in quella catechesi “mistagogica”, tanto cara ai Padri della Chiesa, che aiuta a scoprire le valenze dei gesti e delle parole della liturgia, aiutando i fedeli a passare dai segni al mistero e a coinvolgere in esso l’intera loro esistenza» (22). A tale scopo, potranno essere di grande aiuto i sussidi che gli uffici e gli organismi della CEI prepareranno per l’Avvento – Natale e per la Quaresima – Pasqua.
Possano le donne e gli uomini del nostro tempo «incontrando la Chiesa che ogni domenica celebra con gioia il mistero da cui attinge tutta la sua vita, incontrare lo stesso Cristo» (23) .
7. La preghiera liturgica, così, sintetizza in modo mirabile la ricchezza della domenica: «Nel giorno del Signore tu riunisci i credenti a celebrare per la loro salvezza il mistero pasquale. Così ci illumini con la parola di vita e, radunati in una sola famiglia, ci fai commensali alla cena di Cristo. Per questo dono di grazia e di gioia noi rinasciamo a più viva speranza e, nell’attesa del ritorno del Salvatore, siamo stimolati ad aprirci ai nostri fratelli con amore operoso» (24).
Questa comprensione della domenica e in essa della celebrazione eucaristica apre la mente e il cuore dei fedeli a considerare l’Eucaristia come centro della loro vita. Essa è «mistero di presenza», che prolunga nella ferialità quotidiana il dono di grazia del Risorto, compagno di viaggio del discepolo (25); è «polo di attrazione» per le comunità parrocchiali e religiose e per i singoli fedeli che in religioso ascolto e in adorante silenzio riparano «con fede e amore le trascuratezze, le dimenticanze e persino gli oltraggi che il nostro Salvatore deve subire in tante parti del mondo» (26); è «centro della vita cristiana» e «spinge il cristiano all’impegno per la propagazione del Vangelo e l’animazione cristiana della società» (27). Sono convinzioni e atteggiamenti che trovano ulteriore nutrimento in quella adorazione del mistero eucaristico a cui ci richiama il Santo Padre in questo “Anno dell’Eucaristia”.
Mentre affidiamo il cammino di preparazione e la celebrazione del Congresso Eucaristico Nazionale alla protezione della Vergine Maria, donna “eucaristica” con l’intera sua vita, ci auguriamo che si possa dire di ciascuno di noi quanto Gregorio di Nazianzo affermava di sua madre: «Fondamento di tutte le tue parole e di tutte le tue azioni, era il giorno del Signore. Ogni sofferenza, o madre mia, tu l’onoravi con le tue lacrime. Solo nei giorni di festa tu cessavi. Della tua gioia come del tuo pianto avevi quale testimone il tempio del Signore» (28).
Siamo profondamente convinti che se custodiremo la domenica, «la domenica “custodirà” noi e le nostre parrocchie, orientandone il cammino, nutrendone la vita» (29).

Roma, 1° novembre 2004
Solennità di tutti i Santi

IL CONSIGLIO PERMANENTE
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Note

1 GIOVANNI PAOLO II, Lett. ap. Mane nobiscum Domine, (7 ottobre 2004), n. 5.
2 Cfr CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia. Nota pastorale dell’Episcopato italiano, (30 maggio 2004).
3 Cfr CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia. Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il primo decennio del 2000, (29 giugno 2001), n. 47.
4 GIOVANNI PAOLO II, Lett. ap. Mane nobiscum Domine, n. 23.
5 GIOVANNI PAOLO II, Lett. ap. Dies Domini, (31 maggio 1998), n. 3.
6 Messale Romano, Embolismo domenicale della prece eucaristica.
7 Cfr 1Cor 15,17.
8 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, n. 1.
9 TERTULLIANO, De sollemnitate paschali, n. 7.
10 Messale Romano, Prefazio I delle domeniche del tempo ordinario.
11 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Cost. dogm. Lumen gentium, n. 1.
12 GIOVANNI PAOLO II, Lett. ap. Dies Domini, n. 31.
13 GIOVANNI PAOLO II, Lett. ap. Mane nobiscum Domine, n. 23.
14 GIOVANNI PAOLO II, Lett. ap. Dies Domini, n. 4.
15 SANT’IGNAZIO DI ANTIOCHIA, Ai Magnesi, 9,2.
16 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, n. 8.
17 SAN LEONE MAGNO, Trattato, 63, 7.
18 Messale Romano, Colletta per l’anno B della XVII domenica del tempo ordinario.
19 SAN GIUSTINO, I Apologia, 67, 3.
20 Cfr CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Il giorno del Signore. Nota pastorale dell’Episcopato italiano, (15 luglio 1984), nn. 37-38.
21 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, n. 9.
22 GIOVANNI PAOLO II, Lett. ap. Mane nobiscum Domine, n. 17.
23 GIOVANNI PAOLO II, Lett. ap. Dies Domini, n. 87.
24 Liturgia ambrosiana, Prefazio delle domeniche del tempo ordinario.