Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 26 Febbraio 2004

Parere 13 aprile 1994, n.710

Consiglio di Stato. Sezione Prima. Parere 13 aprile 1994, n. 710.

Considerato

Il Ministero dell’Interno riferisce che l’autorità ecclesiastica competente – nella specie il Vicariato di Roma – ha fatto richiesta perché sia riconosciuta la personalità giuridica della Chiesa di Sant’A., in Roma.

Il Ministero riferisce, inoltre, che in prima approssimazione sembrano sussistere tutte le condizioni per farsi luogo al riconoscimento. Si prospetta solo un possibile ostacolo, in riferimento alla disposizione della legge n. 222/85, che restringe la possibilità di conseguire la personalità giuridica alle chiese “non annesse ad altro ente ecclesiastico”.

Ora, nella specie, vi sono elementi di fatto che, ad avviso del Ministero, permetterebbero di sostenere che la Chiesa di Sant’A., è “annessa” ad un altro ente ecclesiastico: precisamente la Badia Primaziale di Sant’A.

Nella relazione datata 23 gennaio 1970, predisposta dal legale rappresentante pro tempore della Badia al fine di ottenere il riconoscimento giuridico di quest’ultima (allegato 9bis alla presente richiesta di parere), si legge, fra l’altro, che “la Badia primaziale di Sant’A. officia una delle piú belle chiese di Roma, sita sull’Aventino, intitolata a Sant’A., conosciuta da tutti i romani per il nobile e maestoso svolgersi delle funzioni liturgiche…”. E tra le fonti delle entrate finanziarie della Badia sono indicati “gli introiti della chiesa, molto frequentata, ove vengono celebrati numerosi matrimoni”.

Il Vicariato di Roma, invece, sostiene che la chiesa di sant’A. è autonoma rispetto alla Badia, costituendo il centro pastorale e liturgico di una comunità di fedeli distinta dalla comunità monastica ed essendovi preposto un “rettore” nominato dall’Ordinario diocesano e non dall’Abate.

Fatte queste premesse, il Ministero chiede, insieme al parere sulla concreta istanza di riconoscimento, anche un parere di massima sul concetto di “chiesa annessa ad altro ente ecclesiastico” come inteso dalla disposizione che esclude l’erezione di siffatte chiese in ente autonomo.

La Sezione osserva, innanzi tutto, che la disposizione in parola, tendente ad un razionale accorpamento degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, rappresenta uno dei punti qualificanti della riforma del 1985. Va sottolineato che la sua funzione non può esaurirsi nell’orizzonte – alquanto anacronistico – della prevenzione e del controllo della manomorta, sotto il profilo che un’artificiosa moltiplicazione di enti aventi un unico centro d’interessi può determinare una fittizia distribuzione di ricchezze e dissimulare un eccessivo accumulo di capitali. Al contrario, è proprio nell’interesse del patrimonio ecclesiastico e di una sua razionale e produttiva gestione che si rivela opportuno prevenire una eccessiva frammentazione degli enti e dei relativi beni. Pare superfluo insistere sugl’inconvenienti che nel vecchio sistema derivavano dal fatto, ad es., che in un’unica sede parrocchiale potessero coesistere un ente-chiesa, un ente-fabbriceria, uno o più benefici e ancora, eventualmente, qualche lascito dotato di personalità giuridica per antico possesso di stato: con le inerenti difficoltà di amministrazione, se non altro per gli impedimenti ad utilizzare le risorse dell’uno per far fronte alle necessità di un altro ente. Inoltre, gli enti dotati di piccoli patrimoni hanno maggiori probabilità di divenire irreversibilmente deficitari, anche se in apparenza si tratta di patrimoni bastevoli alle limitate finalità statutarie. E dal punto di vista dell’interesse pubblico civile, la prospettiva di una moltitudine di enti deficitari e improduttivi non è meno allarmante di quella della formazione di una grande manomorta.

Se tutto questo è vero, il favore dell’ordinamento va all’accorpamento piuttosto che alla scissione degli enti e la regola concernente il divieto del conferimento di autonoma personalità giuridica alle chiese “annesse” va interpretato in senso ragionevolmente estensivo.

In questa luce, le circostanze evidenziate dal Vicariato per dimostrare l’autonomia della chiesa di Sant’A. non sembrano, per sé sole, probanti. Ed invero, la circostanza che a quella chiesa faccia capo una comunità di fedeli non esclude, di per sé, che la stessa chiesa possa avere, come sua funzione propria e primaria, quella di servire alla comunità monastica per la propria officiatura: com’è noto, vi sono numerose chiese conventuali o monastiche che fungono “anche” da chiesa parrocchiale e nondimeno sono indubbiamente chiese “annesse” al convento o al monastero. Per affermare dunque che la chiesa di Sant’A. non è “annessa” all’omonima Badia occorrerebbe dimostrare che esiste una seconda chiesa – e che è quest’ultima la vera e propria chiesa abbaziale ossia la sede abituale e “ufficiale” delle liturgie della comunità monastica, e specialmente di quelle solenni presiedute dall’Abate Primate.

Nessun rilievo, poi – ai fini che qui interessano – ha il fatto che la chiesa di Sant’A. sia titolo cardinalizio, trattandosi di funzione meramente simbolica.

Può aver rilievo, invece, la circostanza che la proprietà dell’edificio sacro non è dell’Ordine monastico, bensì della Santa Sede (A.P.S.A.): ma ciò rileva, semmai, come ostacolo all’attribuzione della personalità giuridica, in considerazione dell’orientamento – di cui al parere di questa Sezione, 10 novembre 1993, n. 1132/93 – secondo il quale non si può riconoscere un ente-chiesa qualora non sia previsto il conferimento della proprietà dell’edificio sacro nel patrimonio dell’ente.

Tutti i profili di dubbio sopra esposti inducono la Sezione a sollecitare il Ministero a comunicare ulteriori chiarimenti – acquisendo gli opportuni elementi presso l’Autorità ecclesiastica richiedente – con particolare riguardo ai punti che seguono:

a) se l’ente attualmente titolare della proprietà dell’edificio sacro intenda conferirla al patrimonio dell’istituendo ente-chiesa;

b) se l’edificio della Badia – al quale, come sembra, la chiesa di Sant’A. non è semplicemente contigua, ma è strutturalmente e funzionalmente connessa e comunicante – appartenga ugualmente all’A.P.S.A. o costituisca una proprietà distinta, e, in tal caso, chi ne sia il titolare;

c) se l’affermazione contenuta nella nota del Vicariato 12 luglio 1993 “la chiesa di Sant’A. non ha la funzione di servire al culto della Casa religiosa” sia sorretta e sostanziata dall’esistenza di una distinta chiesa abbaziale, dedicata all’officiatura ordinaria e solenne dell’Abate e della comunità monastica.

P.Q.M.

sospende l’emissione del parere in attesa dei chiarimenti richiesti.