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    Parere 23 giugno 1993, n.700

    Congruità del patrimonio degli enti ai fini del riconoscimento civile

    Data: 23 giugno 1993
    Autore:
    Consiglio di Stato
    Argomento:
    Riconoscimento
    Nazione:
    Italia
    Parole chiave:
    Personalità giuridica, Riconoscimento, Patrimonio, Insufficienza, Enti confessionali, Fine di religione e di culto, Seminario vescovile, Presunzione ipso iure
    Anche se l’art. 2 della legge 222/85 riconosce de jure ai seminari il possesso del fine di religione e di culto, rimane comunque all’autorità governativa, ai fini del riconoscimento civile, un margine di discrezionalità circa la congruità del patrimonio di tali enti per la duplice tutela sia dei futuri creditori sia della stessa stabilità degli enti. Il costante aumento dell’eccedenza delle spese rispetto al patrimonio di un seminario, sia pur coperto da entrate di carattere precario, quali offerte e contributi, rende verosimilmente improbabile che si possa nel lungo periodo realizzare la duplice tutela suesposta. Si ritiene quindi preferibile sospendere il parere sul riconoscimento in persona giuridica civile di un tale ente, in attesa che il Ministero esprima il proprio avviso sulle perplessità sopra evidenziate, acquisendo anche le controdeduzioni dell’autorità ecclesiastica richiedente.

    Consiglio di Stato. Sezione Prima. Parere 23 giugno 1993, n. 700.

    Considerato

    L’ente ecclesiastico in oggetto, regolarmente eretto con provvedimenti canonici della competente autorità ecclesiastica, ha chiesto il riconoscimento civile ai sensi della legge n. 222 del 1985.

    Il Collegio osserva che l’ente in questione, appartenendo alla categoria dei seminari, rientra fra quelli cui la legge n. 222/85, art. 2, riconosce de jure il possesso del requisito della finalità di religione e di culto.

    A parte, però, questo importante aspetto, valutato preventivamente dal legislatore, non sembra che all’autorità governativa sia sottratto ogni margine di discrezionalità nel valutare i presupposti del riconoscimento civile, sotto altri punti di vista.

    Ci si riferisce, in particolare, alla valutazione del patrimonio dell’ente, che rappresenta l’unica garanzia dell’adempimento delle obbligazioni assunte dall’ente nell’esercizio della sua attività. Accertare la sufficienza del patrimonio risponde, dunque, all’interesse dei futuri creditori, ma anche a quello dello stesso ente, giacché un eventuale dissesto economico potrebbe metterne in forse la prosecuzione dell’attività se non la stessa sopravvivenza.

    Ora, nel caso in esame, risulta dagli atti che l’intero patrimonio dell’ente è costituito da un deposito bancario di circa dodici milioni di lire; mentre i rendiconti annuali dell’attività espongono spese di ammontare notevolmente superiore (circa 65 milioni nell’esercizio 1989, circa 75 nell’esercizio 1990, 80 nell’esercizio 1991) interamente coperte da entrate di carattere quanto mai precario, quali offerte e contributi.

    In questa situazione, potrebbe sembrare preferibile che il seminario non assuma una propria personalità giuridica e che i rapporti giuridici, patrimoniali e contrattuali relativi alla sua attività continuino ad essere imputati (come verosimilmente è accaduto sinora) all’ente diocesi.

    Prima di pronunciarsi conclusivamente in questo senso, peraltro, il Collegio ritiene opportuno che il Ministero esprima il proprio avviso sulle perplessità sopra evidenziate, acquisendo anche le controdeduzioni dell’autorità ecclesiastica richiedente.

    P.Q.M.

    sospende l’emissione del parere, in attesa di quanto richiesto.

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