Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 21 Luglio 2005

Provvedimento 30 giugno 2005

Garante per la protezione dei dati personali: provvedimento generale sull’adozione da parte delle pubbliche amministrazioni di regolamenti per rendere trasparenti i trattamenti di dati sensibili e giudiziari, 30 giugno 2005

(da “Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana” n. 170, 23 luglio 2005)

Nella riunione odierna, in presenza del prof. Francesco Pizzetti, presidente, del dott. Giuseppe Chiaravalloti, vice presidente, del dott. Mauro Paissan e del dott. Giuseppe Fortunato, componenti e del dott. Giovanni Buttarelli, segretario generale;

Vista la normativa internazionale e comunitaria e il Codice in materia di protezione dei dati personali (direttiva n. 95/46/CE; d.lg. 30 giugno 2003, n. 196);

Vista la documentazione in atti;

Viste le osservazioni dell’Ufficio, formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante, n. 1/2000;
Relatore il prof. Francesco Pizzetti;

Premesso:

1. Considerazioni introduttive

Il Codice entrato in vigore il 1° gennaio 2004 ha riunito in modo organico la normativa di tutela relativa al trattamento dei dati personali; ha offerto all’intera amministrazione pubblica un’occasione significativa per portare a compimento il processo di modernizzazione, in modo da adeguare il proprio assetto organizzativo e funzionale dando idonee risposte alle istanze dei cittadini rivolte al massimo rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali.
In questo quadro, il Garante rileva, però, con rammarico che numerose amministrazioni pubbliche non hanno dato piena attuazione al Codice.
In particolare, questa Autorità segnala che non sono state ancora introdotte le garanzie previste in ordine al trattamento di alcune informazioni che riguardano profili particolarmente delicati della sfera privata delle persone, ovvero dei c.d. dati “sensibili”.
La vicenda incide in termini rilevanti sulla sfera dei diritti dei cittadini.
L’utilizzo di queste informazioni (concernenti la salute, la vita sessuale, la sfera religiosa, politico-sindacale o filosofica, nonché l’origine razziale ed etnica) è inoltre soggetto a rigorose cautele anche in base alla disciplina comunitaria, la quale vieta il loro trattamento a meno che ricorrano specifici motivi di interesse pubblico rilevante e siano altresì assicurate opportune garanzie (art. 8 direttiva cit.). Analoghe cautele sono previste per i dati di carattere giudiziario. L’inerzia delle pubbliche amministrazioni lede, quindi, non solo il diritto dei cittadini alla protezione dei dati personali, ma comporta anche una violazione del diritto comunitario.
Il ritardo accumulato su questo piano è eccessivo. Sin dal 1997, vigente la legge n. 675/1996, ed anche dopo l’approvazione del Codice nel 2003, i soggetti pubblici hanno infatti potuto avvalersi di un lungo periodo transitorio e di diverse proroghe. L’eventuale protrarsi dell’inerzia delle amministrazioni anche dopo il 31 dicembre 2005 (data di scadenza dell’ultima proroga) risulterebbe del tutto ingiustificata.
L’Autorità esprime viva preoccupazione in relazione al rispetto del termine di legge del 31 dicembre prossimo.
Se non interverranno per tale data i necessari atti di natura regolamentare il trattamento dei dati sensibili e giudiziari dovrà essere infatti interrotto a decorrere dal 1° gennaio prossimo. La prosecuzione del trattamento di dati sensibili e giudiziari dopo tale data concretizzerebbe un illecito, con conseguenti responsabilità di diverso ordine, anche contabile e per danno erariale; potrebbe inoltre comportare l’inutilizzabilità dei dati trattati indebitamente, nonché il possibile intervento di provvedimenti anche giudiziari di blocco o di divieto del trattamento (art. 154 del Codice; art. 3 d.l. 24 giugno 2004, n. 158, come modificato dalla l. 27 luglio 2004, n. 188; art. 11, commi 1, lett. a) e 2, del Codice).
Nel quadro della tematica in esame, le amministrazioni pubbliche hanno l’obbligo -accanto ad altri doveri in materia- di rendere trasparenti ai cittadini quali informazioni vengono raccolte tra quelle particolarmente delicate cui si è fatto riferimento; devono altresì chiarire come utilizzano queste informazioni per le finalità di rilevante interesse pubblico individuate con legge. Tali indicazioni vanno trasfuse in un atto regolamentare cui va data ampia pubblicità (artt. 4, comma 1, lett. d) ed e), 20, comma 2 e 21, comma 2, del Codice).
Non si tratta di un mero adempimento formale, oppure di una semplice ricognizione di prassi esistenti, poiché da tali regolamenti discenderanno effetti sostanziali per i cittadini interessati.
Gli schemi dei regolamenti devono essere sottoposti al Garante per l’espressione del parere, cui i soggetti pubblici devono poi conformarsi.
Considerata l’ampiezza del settore, il Codice prevede anche la possibilità che siano redatti schemi tipo per insiemi omogenei di amministrazioni, sui quali può essere pertanto espresso un unico parere.
Per contribuire alla corretta applicazione del Codice, il Garante ha intensificato la collaborazione finalizzata alla predisposizione di tali schemi tipo con organismi rappresentativi di regioni, autonomie locali ed università, nonché, in riferimento alle rispettive funzioni istituzionali, con la Presidenza del Consiglio dei ministri e il Dipartimento della funzione pubblica.
Il Garante resta però in attesa di ricevere per il parere sia gli schemi tipo eventualmente proposti, sia gli schemi di regolamento predisposti da singole amministrazioni.

2. Aspetti procedurali

Diversi documenti del Garante e più di una circolare evidenziano da tempo la problematica e la circostanza, ribadita dal Codice, che le amministrazioni non possono avvalersi, nel caso di specie, di meri atti che, anche se denominati regolamenti, non hanno, anche per la loro eventuale rilevanza solo interna, la necessaria natura di fonte normativa suscettibile di incidere su diritti e libertà fondamentali di terzi (Provv. Garante del 17 gennaio 2002, in Boll. n. 24, p. 40 e 16 giugno 1999, in Boll. n. 9, p. 19; note del Garante rivolte alla Presidenza del Consiglio dei ministri il 10 settembre 1999, il 10 novembre 2000 e il 3 maggio 2001, in Boll. n. 9, p. 31, n. 14-15, p. 26 e n. 20, p. 36).
Spetta ai soggetti pubblici che trattano i dati adottare l’atto di natura regolamentare, o avvalendosi dei poteri ad essi riconosciuti dall’ordinamento di riferimento, oppure promuovendo l’adozione di un regolamento da parte della competente amministrazione di riferimento la quale eserciti, ad esempio, poteri di indirizzo e controllo (es.: artt. 4 e 14 d.lg 30 marzo 2001 n. 165 e, a titolo esemplificativo, artt. 8 e ss. d.lg. 30 luglio 1999, n. 300 e 9 d.lg. 29 ottobre 1999, n. 419).
Gli atti di natura regolamentare da adottare devono essere predisposti previa ricognizione attenta dei trattamenti di dati sensibili e giudiziari in fase di attuale trattamento o che si intende trattare in futuro.
Occorre poi tenere presente che potranno essere prese in considerazione nei regolamenti le sole finalità di rilevante interesse pubblico già individuate specificamente dal Codice o, come quest’ultimo prevede, da un’espressa previsione di legge che, anche se collocata fuori del Codice, le evidenzi comunque puntualmente nei termini richiesti (art. 20 e Parte II del Codice).
La ricognizione, che presuppone il necessario coinvolgimento delle articolazioni interne del soggetto pubblico interessato, permette a quest’ultimo di effettuare anche un’ulteriore verifica circa la rispondenza dei trattamenti in corso con i principi del Codice oggi già direttamente applicabili (e ovviamente da rispettare anche in sede regolamentare), nonché di adeguare prontamente procedure in atto eventualmente non conformi a legge (principio di indispensabilità in rapporto alle finalità perseguite; verifiche periodiche dei vari requisiti dei dati -esattezza, aggiornamento, pertinenza, completezza, ecc.- e del loro rapporto con gli adempimenti da svolgere; scelta di modalità volte a prevenire violazioni di diritti e libertà fondamentali; raccolta dei dati sensibili e giudiziari di regola presso gli interessati; particolari cautele rispetto a dati riferiti a terzi non direttamente interessati ai compiti o adempimenti da svolgere; divieto di diffusione di dati sulla salute ecc.: cfr. art. 22 del Codice).

3. Il parere del Garante

Gli atti di natura regolamentare devono essere adottati, in ogni caso, in conformità al parere del Garante. Come accennato, il parere può essere espresso anche su schemi tipo, il che contribuisce a rendere più organiche le garanzie in riferimento ad altre amministrazioni e semplifica, inoltre, l’iter di approvazione degli atti.
Infatti, una volta espresso dal Garante il parere su uno schema tipo riguardante l’attività di soggetti pubblici che svolgono attività omogenee, lo schema di ciascun regolamento non deve essere sottoposto singolarmente a questa Autorità, sempreché il trattamento ipotizzato sia attinente e conforme allo schema tipo esaminato.
É invece necessario sottoporre al Garante uno schema di regolamento per uno specifico parere solo se:
a) manca uno schema tipo già esaminato dall’Autorità;
b) vi è uno schema tipo al quale l’amministrazione deve apportare modifiche sostanziali o integrazioni non formali che riguardano (a causa di ulteriori categorie di dati o di altre rilevanti operazioni di trattamento) casi in esso non considerati nello schema tipo.
Anche in questi due casi, il Garante è impegnato ad esprimere il parere nel termine di 45 gg. dal ricevimento della richiesta (o nei 20 gg. dal ricevimento degli elementi istruttori ricevuti dalle amministrazioni interessate), decorsi i quali, se non interviene un parere formale, il soggetto può adottare comunque il regolamento e proseguire poi il trattamento (art. 154, comma 5, del Codice).

4. Contenuto dell’atto regolamentare e pubblicità

In questa sede, Il Garante intende fornire alle amministrazioni che non potranno avvalersi di schemi tipo alcune prescrizioni di carattere generale per contribuire all’adozione di adeguate bozze di regolamento più attente ai profili sostanziali di tutela, più comprensibili da parte dei cittadini e non basate su approcci meramente formali alla tematica.
Questa particolare attenzione è ancor più necessaria se si tiene conto che, dal 1° gennaio 2006 non sarà lecito alcun trattamento dei dati sensibili e giudiziari che non sia disciplinato espressamente nei regolamenti.

Lo schema di regolamento deve contenere sinteticamente, ma in termini adeguati ed agevolmente comprensibili, le seguenti indicazioni specificate per categorie.

1. Dati indispensabili

Occorre individuare le tipologie di informazioni sensibili e giudiziarie che si devono necessariamente utilizzare in rapporto alle attività istituzionali svolte, avendo cura che a ciascun adempimento corrisponda il trattamento delle sole informazioni per ciò strettamente indispensabili (art. 22, comma 3, del Codice). I dati vanno indicati solo per tipologie, evitando elencazioni eccessivamente sommarie.

2. Operazioni di trattamento indispensabili

Vanno parimenti individuate le operazioni che si devono necessariamente svolgere per perseguire le finalità di rilevante interesse pubblico puntualmente individuate per legge, mettendo in particolare evidenza le operazioni che possono spiegare effetti maggiormente significativi per l’interessato e per le quali sono pertanto necessarie più garanzie. Anche in questo caso la descrizione è per tipologie, evitando indicazioni del tutto generiche circa l’impiego delle informazioni.

Tra tali operazioni rientrano, in particolare, quelle svolte pressoché interamente mediante siti web, o volte a definire in forma completamente automatizzata profili o personalità di interessati, le interconnessioni e i raffronti tra banche di dati gestite da diversi titolari, oppure con altre informazioni sensibili e giudiziarie detenute dal medesimo titolare del trattamento (art. 22, c. 9, 10 e 11, del Codice), nonché la comunicazione dei dati a terzi.

Si possono invece indicare più sinteticamente le operazioni “ordinarie” e più ricorrenti di trattamento (raccolta, registrazione, organizzazione, conservazione, elaborazione, modificazione ecc.).

3. Ulteriore contenuto dello schema di regolamento

É opportuno che il soggetto pubblico descriva sinteticamente, in termini comunicativi, anche la complessiva attività svolta, con particolare riguardo agli aspetti più incisivi per i diritti dei cittadini.

Non è quindi necessario scendere in eccessivi livelli di dettaglio non richiesti dal Codice; né è richiesta la riproduzione analitica delle disposizioni del Codice (in particolare, degli artt. 3, 11, 18-22, 85 s. e 95 s.).

Andrebbe altresì evitato di disciplinare situazioni già adeguatamente regolate sul piano legislativo e regolamentare quanto ai tipi di dati e di operazioni, come avviene nel caso dei dati personali trattati per effetto di un accesso a documenti amministrativi (artt. 59 e 60 del Codice; l. n. 241/1990 e successive modificazioni ed integrazioni).

Va inoltre rilevato in questa sede che la normativa sugli obblighi e compiti che rendono indispensabile utilizzare dati sensibili e giudiziari deve essere oggetto di un espresso riferimento nell’informativa da rendere agli interessati (art. 22, comma 2, del Codice). L’indicazione di tale normativa può essere quindi utile anche nell’ambito dello schema tipo, contribuendo ad evitare che il regolamento prenda erroneamente in considerazione attività che, pur essendo demandate al soggetto pubblico, non rientrano tra quelle che una fonte primaria non ha ritenuto di importanza tale da legittimare il trattamento di dati sensibili e giudiziari, in quanto non considerate “rilevanti finalità di interesse pubblico”.

Da ultimo, tra le garanzie individuate dal Codice figura il diritto dei cittadini di conoscere con quali modalità sono utilizzate le predette informazioni che lo riguardano (art. 20, comma 2, del Codice).

Va pertanto prescritto ai soggetti pubblici interessati di intraprendere, in aggiunta alla pubblicità legale da assicurare agli atti regolamentari secondo i singoli ordinamenti, adeguate iniziative per assicurare idonea conoscibilità alle scelte adottate a proposito dei dati sensibili e giudiziari, utilizzando non solo i siti web istituzionali, ma anche le iniziative di comunicazione istituzionale cui essi sono tenuti.

Riservandosi di concludere rapidamente in separata sede i processi di collaborazione già avviati con alcuni organismi rappresentativi di soggetti pubblici, il Garante ritiene infine doveroso prescrivere in questa sede a tutti i soggetti pubblici interessati di adottare le predette misure, necessarie o, a seconda dei casi, opportune.

A tal fine, il Garante pone anche a disposizione dei soggetti pubblici, in allegato al presente provvedimento, un modello di riferimento per redigere gli schemi. Questo modello aggiorna quello già predisposto dal Garante il 17 gennaio 2002.

Tutto ciò premesso il Garante:

a) ai sensi dell’art. 154, comma 1, lett. c), del Codice, prescrive ai titolari di trattamenti di dati personali oggetto del presente provvedimento di adottare le misure necessarie ed opportune ivi indicate al fine di rendere i trattamenti medesimi conformi alle disposizioni vigenti;
b) dispone che copia del presente provvedimento sia trasmessa al Ministero della giustizia-Ufficio pubblicazione leggi e decreti, per la sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, ai sensi dell’art. 143, comma 2, del Codice.

Roma, 30 giugno 2005

IL PRESIDENTE
Pizzetti

IL RELATORE
Pizzetti

IL SEGRETARIO GENERALE
Buttarelli