Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 6 Settembre 2005

Risoluzione 19 luglio 2005, n.91/E

Agenzia delle Entrate. Risoluzione 19 luglio 2005, n. 91/E: “Imposte sui redditi. Art. 6, comma 1, lettera c), del D.P.R. n. 601 del 1973”.

(Omissis)

Con la nota sopra evidenziata codesta […] ha chiesto il parere della scrivente in merito all’applicabilità dell’agevolazione recata dall’articolo 6, comma 1, lettera c), del DPR n. 601 del 29 settembre 1973, consistente nella riduzione a metà dell’IRPEG, alla […], quale ente ecclesiastico civilmente riconosciuto che gestisce una attività di tipo ospedaliero in regime prevalentemente di convenzione pubblica.

Al riguardo si fa presente quanto segue.
L’articolo 6, comma 1, alla lettera c), prevede che l’imposta sul reddito delle persone giuridiche è ridotta alla metà in particolare nei confronti degli “enti il cui fine è equiparato per legge ai fini di beneficenza o di istruzione”, se dotati di personalità giuridica ai sensi del comma 2 dello stesso articolo.
L’articolo 7, punto 3, dell’Accordo 18 febbraio 1984 tra la Santa Sede e la Repubblica Italiana, ratificato ed eseguito con legge 25 marzo 1985, n. 121, ha stabilito che: “agli effetti tributari gli enti ecclesiastici aventi fini di religione e di culto, come pure le attività dirette a tali scopi, sono equiparati a quelli aventi fine di beneficenza o di istruzione”. La medesima norma continua precisando, al secondo comma, che “le attività diverse da quelle di religione e di culto, svolte dagli enti ecclesiastici, sono soggette, nel rispetto della struttura e della finalità di tali enti, alle leggi dello Stato concernenti tali attività e al regime tributario previsto per le medesime”.
La successiva legge 20 maggio 1985, n. 222, recante disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi, all’art. 15 stabilisce che “gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti possono svolgere attività diverse da quelle di religione o di culto, alle condizioni previste dall’articolo 7, n. 3, secondo comma, dell’accordo del 18 febbraio 1984”.
L’art. 16 della medesima legge n. 222 del 1985, stabilisce altresì che “agli effetti delle leggi civili si considerano comunque: a) attività di religione o di culto quelle dirette all’esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all’educazione cristiana; b) attività diverse da quelle di religione o di culto quelle di assistenza e beneficenza, istruzione, educazione e cultura e, in ogni caso, le attività commerciali o a scopo di lucro”.
Ciò posto, al fine di individuare il regime fiscale dell’ente in questione, si consideri che l’articolo 6 del DPR n. 601 del 1973 prevede la riduzione del 50 per cento dell’imposta applicabile agli enti il cui fine è equiparato per legge ai fini di beneficenza e istruzione, quali, appunto, gli enti ecclesiastici aventi fini di religione e di culto.
Come chiarito dal Consiglio di Stato (si veda, al riguardo, il parere 8 ottobre 1991, n. 1296) e dalla Corte di Cassazione (sentenze 29 marzo 1990 n. 2573, 15 febbraio 1995, n. 1633) l’agevolazione in esame non ha natura meramente soggettiva in quanto, se, da un lato, non è applicabile a soggetti diversi da quelli contemplati dalla norma, ancorché svolgenti attività analoga, essa non spetta, tuttavia, per il solo fatto della natura del soggetto.
L’agevolazione in esame, infatti, configurando un’eccezione al principio di corrispondenza tra capacità contributiva e soggettività tributaria, deve trovare giustificazione anche nella peculiarità dell’attività esercitata dal soggetto, che, in particolare, deve essere preordinata alla soddisfazione di quei particolari fini che il legislatore ha inteso, di volta in volta, tutelare.
Dalle considerazioni appena svolte discende che, mentre le attività dirette ai fini di religione e culto (ossia quelle dirette all’esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all’educazione cristiana, come definite dall’articolo 15 della citata legge 222 del 1985) sono soggette al regime di favore di cui al d.P.R. 601 del 1973, in quanto attività “tipiche” degli enti di religione e al culto, equiparati, ai fini fiscali, agli enti di beneficenza o istruzione, le attività diverse (ossia quelle di assistenza, educazione e cultura e, in ogni caso, le attività commerciali o a scopo di lucro di cui allo stesso articolo 15 della legge 222) scontano l’imposta in misura ordinaria.
Lo stesso articolo 7, comma 3, dell’Accordo tra la Santa Sede e la Repubblica Italiana “distingue, agli effetti tributari, le attività dirette a fine di religione e culto, per le quali l’ente ecclesiastico è equiparato a quelli aventi fine di beneficenza o istruzione, dalle attività diverse, soggette al regime tributario ordinario” (Cassazione, sentenza n. 1633 del 1995).
Ad avviso della giurisprudenza prima citata, tuttavia, possono rientrare eccezionalmente nel regime agevolativo determinate attività “diverse”, anche se attività commerciali o a scopo di lucro, esercitate in maniera non prevalente o non esclusiva, qualora si pongano in un rapporto di “strumentalità immediata e diretta” con il fine di religione e culto, come definito dalla stessa legge n. 222 del 1985.
Si tratterebbe, ad avviso del Consiglio di Stato, più in particolare delle prestazioni che, “in concreto intrinseche al fine di religione e di culto…vanno invero qualificate attività di religione e culto e non già quali attività commerciali”.
L’attività “diversa”, rilevante ai fini della applicazione dell’agevolazione, oltre che avere i requisiti menzionati nel parere del Consiglio di Stato, deve in ogni caso porsi in rapporto di strumentalità immediata e diretta con i fini di religione e culto, così come definiti dalla legge 222 del 1985. Diversamente, infatti, attribuendo rilievo decisivo all’autonomia statutaria dell’ente, si avrebbe “una incontrollabile estensione dell’agevolazione, contro il carattere eccezionale di essa, e la possibilità, per il soggetto, di precostituirsi il regime fiscale più conveniente in contrasto con il principio di effettività dell’imposizione tributaria” (Cassazione, sentenza n. 2573 del 1990, citata).
Di conseguenza è stato escluso il nesso di strumentalità immediata e diretta tutte le volte il cui “l’attività, volta al procacciamento di mezzi economici, per la sua natura intrinseca o per la sua estraneità al fine di religione o culto non sia con esso coerente in quanto indifferentemente utilizzabile per il perseguimento di qualsiasi altro fine…ovvero quando si tratti di un’attività volta al procacciamento di mezzi economici da impiegare in un’ulteriore attività direttamente finalizzata, quest’ultima, al culto o alla religione” (Cassazione, sentenza n. 2573 del 1990, citata).

Tutto quanto sopra rappresentato, alla luce della normativa e della giurisprudenza sopra riportata, per quanto riguarda la […] si osserva quanto segue.
[…], è ente ecclesiastico civilmente riconosciuto, avente fini di religione e culto.
Agli effetti tributari, gli enti ecclesiastici aventi fini di religione e di culto sono equiparati a quelli aventi fine di beneficenza o di istruzione, ai sensi dell’art. 7, punto 3, della citata legge n. 121 del 1985 e, pertanto, rientrano tra i soggetti per i quali può trovare applicazione l’agevolazione, consistente nella riduzione a metà dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche, di cui al citato art. 6, comma 1, lettera c) del DPR n. 601 del 1973.
Come premesso, tuttavia, ai fini del riconoscimento dell’agevolazione, il requisito soggettivo non è sufficiente. La riduzione dell’imposta, infatti, può in concreto applicarsi solo in relazione alle attività dirette di culto e religione nonchè a quelle diverse per le quali sia riconosciuto il nesso di strumentalità immediata e diretta, come in precedenza definito.
L’assistenza agli infermi, attività che caratterizza statutariamente l’ente in esame, si concreta tanto in un’assistenza spirituale, rientrante come tale tra le attività di religione e culto (in particolare, cura delle anime) quanto in un’assistenza corporale, esercitata nelle forme di vera e propria attività sanitaria, come tale oggettivamente commerciale, inquadrabile tra le attività “diverse”. Per quest’ultima peraltro, non è dato riscontrare un nesso di strumentalità diretta ed immediata con il fine di religione e culto che il legislatore ha inteso tutelare e che, ai sensi dell’articolo 15 della legge 222 del 1985, ricomprende le sole attività dirette “all’esercizio del culto, alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all’educazione cristiana”.
Da quanto sopra ne consegue che, ad avviso della scrivente, […], pur potendosi ricomprendere tra i soggetti beneficiari dell’agevolazione prevista dal citato articolo 6 ed in particolare tra quelli di cui alla lettera c), non può usufruire in concreto dell’agevolazione in esame in relazione alla attività di cura corporale degli infermi.

(Omissis)