Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 4 Marzo 2004

Sentenza 05 maggio 1993, n.298

Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Catania). Sezione Terza. Sentenza 5 maggio 1993, n. 298.

(omissis)

Diritto

1. – Oggetto dell’impugnativa sono le determinazioni della Commissione provinciale di controllo di Enna di annullamento delle deliberazioni del Consiglio comunale di Pietraperzia, con le quali è stata revocata la deliberazione consiliare n. 40 del 1988 avente ad oggetto la retrocessione di parte dei locali dell’ex Convento S. Maria alla Parrocchia S. Maria di Gesù, ed è stata successivamente riadottata la precedente deliberazione di revoca con precisazione di congrue motivazioni a difesa dell’autotutela del Comune.

2. – Deve essere preliminarmente esaminata l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, dedotta dalla Diocesi di Piazza Armerina e dalla Parrocchia SS. Maria di Gesù di Pietraperzia.

Sostengono le controinteressate che la retrocessione di cui all’art. 8 della legge n. 848 del 1929, mantenuta in vigore dall’art. 73 della vigente legge n. 222 del 1985, configura in capo all’ente richiedente un diritto soggettivo perfetto, che peraltro assume nell’ordinamento giuridico rilevanza costituzionale ai sensi e per gli effetti dell’art. 7 Cost. La reale natura della controversia, pertanto, sarebbe attinente a diritti soggettivi, come tali riservati alla cognizione del giudice ordinario.

Ad avviso del Collegio l’eccezione deve essere disattesa.

Da una interpretazione sistematica dell’invocato art. 8 della legge n. 848 del 1929, tuttora in vigore per effetto dell’art. 73 della L. 20 maggio 1985 n. 222, si evince in modo incontestabile che il comune ha l’obbligo giuridico di pronunciarsi sulla domanda di retrocessione gratuita da parte degli ex conventi, soppressi da leggi eversive dei beni ecclesiastici, da destinarsi a rettoria della Chiesa annessa. Ora, pur volendo porsi nell’ottica delle controinteressate, secondo cui con la presentazione della domanda la competente Diocesi esercita – nella sostanza – un vero e proprio diritto potestativo a fronte del quale il Comune si trova nel correlativo stato di soggezione, non può tuttavia negarsi che in capo al Comune stesso residua un margine di valutazione discrezionale finalizzato ad individuare, nell’interesse pubblico, la congruità della parte dell’ex bene conventuale da rilasciare.

E’ evidente che tale valutazione discrezionale è il risultato dell’esercizio di una tipica potestà amministrativa che si sostanzia nell’adozione di provvedimenti autoritativi, a fronte dei quali possono sorgere solo situazioni giuridiche soggettive di interesse legittimo tutelabili dinanzi alla giurisdizione amministrativa.

D’altra parte una conferma di ciò la si rinviene nell’art. 15 del R.D. 2 dicembre 1929 n. 2262, che prevede che ove non vi sia accordo sull’an e sul quantum della congrua parte dell’ex bene ecclesiastico da retrocedere, interviene il Ministro dell’interno con proprio provvedimento adottato a seguito di un procedimento amministrativo di tipica natura contenziosa.

Ne deriva che l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo è infondata.

3. – Nel merito giova sottolineare, in punto di fatto, che il Comune di Pietraperzia con deliberazione consiliare n. 40 del 7 marzo 1988, in accoglimento della richiesta già da tempo avanzata dall’Autorità ecclesiastica, si è determinato nel senso di retrocedere alla Parrocchia S. Maria di Gesù una congrua parte dei locali dell’ex convento di S. Maria, individuata dalla planimetria allegata.

Dalla formulazione di tale deliberazione consiliare emerge incontrovertibile la volontà del Consiglio comunale di retrocedere una congrua parte dei locali dell’ex Convento di S. Maria, e di conseguenza, la tesi sostenuta nel ricorso, secondo cui alla citata deliberazione deve attribuirsi, nella sostanza, il significato di un “parere favorevole” alla retrocessione da perfezionarsi attraverso un decreto di trasferimento da parte del Ministero competente, non trova alcun presupposto logico o giuridico.

Non si scorge, invero, in base a quale norma attributiva del relativo potere il consiglio comunale abbia reso il preteso parere né nella citata deliberazione viene indicata quale autorità amministrativa abbia formalmente richiesto, nella fattispecie in esame, un tale parere al Consiglio comunale.

Deve pertanto concludersi sul punto che il sindaco pro tempore del Comune di Pietraperzia, contrariamente a quanto si assume nel ricorso, in ottemperanza alle disposizioni dell’art. 68 n. 6 dell’O.R.E.L., abbia dato una puntale esecuzione al provvedimento consiliare n. 40 del 1988 intervenendo nell’atto notarile del 17 giugno 1988 per la retrocessione della porzione di fabbricato di cui trattasi nella misura individuata dal Consiglio comunale.

Si rivela d’altra parte erronea la tesi del Comune ricorrente secondo cui l’unico organo competente ad adottare il provvedimento di retrocessione degli ex beni ecclesiastici è il Ministero dell’interno il quale, nella fattispecie, illegittimamente si sarebbe limitato al rilascio di una semplice autorizzazione ad accettare una cessione gratuita in conseguenza dell’istanza presentata dalla Parrocchia S. Maria di Gesù.

Osserva al riguardo il Collegio che la materia è disciplinata dall’art. 8 della L. 27 maggio 1929 n. 848, espressamente richiamato e mantenuto in vigore dall’art. 73 della L. 20 maggio 1985 n. 222. Il cit. art. 8 sancisce l’obbligo dei Comuni e delle province, cui siano stati ceduti i fabbricati dei conventi soppressi da leggi eversive dei beni ecclesiastici, di rilasciarne gratuitamente una congrua parte da destinarsi a rettoria della chiesa annessa. Una volta che il Comune abbia assolto all’obbligo di pronunciarsi ai sensi della norma in esame, la retrocessione si intende perfezionata ove tra il Comune stesso e l’Ente ecclesiastico richiedente sussista pieno accordo in ordine all’an ed al quantum della congrua parte dei beni conventuali da rilasciare.

Al contrario, il procedimento di retrocessione disciplinato dall’invocato art. 15 del R.D. 2 dicembre 1929 n. 2262 presuppone necessariamente che tra il Comune e l’ente ecclesiastico siano sorti contrasti sull’an o sul quantum dei beni da retrocedere e su tale contenzioso è chiamata a decidere, con proprio provvedimento, l’autorità governativa (oggi il Ministro dell’interno).

Va inoltre sottolineato che erroneamente nel ricorso si assume che il Parroco avrebbe presentato all’Autorità governativa competente istanza di retrocessione ai sensi del ripetuto art. 15, atteso che dalla documentazione versata in atti, ed in particolare dall’istanza datata 25 agosto 1988, risulta in maniera inequivoca che in realtà il Parroco, una volta intervenuta la deliberazione consiliare di retrocessione adottata dal Comune di Pietraperzia, si è limitato a richiedere soltanto l’autorizzazione all’acquisto prescritta – ai sensi della legge n. 222 del 1985 – oltre che per le persone giuridiche anche per gli Enti ecclesiastici civilmente riconosciuti.

Ne deriva che del tutto legittimamente è stato adottato il D.P.R. 18 luglio 1989 n. 1226, con il quale la Parrocchia S. Maria di Gesù è stata autorizzata ad accettare la cessione gratuita dei beni in questione con atto 17 giugno 1988 n. 8862.

Osserva inoltre il Collegio che si rivela parimenti infondata la tesi dedotta in via subordinata dal Comune ricorrente, secondo cui, anche a voler ammettere che la deliberazione consiliare n. 40 del 1988 debba intendersi come un atto a titolo di liberalità, tale fattispecie sarebbe regolamentata dall’art. 782 Cod. civ. che prevede che prima che la donazione si perfezioni con l’atto di accettazione notificato al donante, tanto questi quanto il donatario possono revocare la loro dichiarazione.

Al riguardo è sufficiente richiamare le argomentazioni innanzi svolte per dimostrare che la suesposta tesi si basa su di un presupposto del tutto erroneo, tenuto conto che non può essere revocato in dubbio che la retrocessione, nella specie, si è perfezionata con l’adozione della deliberazione consiliare n. 40 del 1988 ai sensi dell’art. 8 della legge n. 848 del 1929 tale deliberazione non ha natura discrezionale perché, come si è dimostrato, il Comune è obbligato a rilasciare la congrua parte del fabbricato conventuale allorché non vi abbia ottemperato in precedenza e nessun contrasto sia insorto circa la determinazione quantitativa del bene da rilasciare.

Da quanto precede si rivela del tutto legittimo l’operato della Commissione provinciale di controllo di Enna la quale, con l’impugnata decisione n. 18158 del 1989, ha esattamente rilevato che la deliberazione consiliare n. 165 del 1989, non poteva costituire atto di revoca della precedente deliberazione n. 40 del 1988 perché quest’ultima ha natura di atto dovuto a fronte del quale il Comune non ha alcun potere discrezionale da esercitare né la suddetta deliberazione n. 165 poteva essere interpretata come provvedimento di annullamento in autotutela perché di questo il Comune ha mancato di indicare i necessari presupposti giuridici, con la conseguenza che l’atto stesso resta privo della richiesta, congrua motivazione.

Quanto poi alla censura secondo cui l’organo di controllo avrebbe annullato la deliberazione del Consiglio comunale per motivi diversi da quelli che erano stati oggetto della richiesta di chiarimenti è sufficiente richiamare il costante indirizzo giurisprudenziale in virtù del quale il potere di annullamento dell’organo tutorio non resta circoscritto alle parti o agli aspetti contenuti nella richiesta di chiarimenti ma riguarda l’intero atto sottoposto a controllo, che pertanto può essere annullato anche per vizi non indicati nella richiesta di chiarimenti (v. Cons. Stato, Ad. plen., 11 novembre 1980 n. 49).

Osserva, infine, il Collegio che si rivela del tutto insussistente il vizio di eccesso di potere per sviamento dall’interesse pubblico, dedotto nei confronti della decisione della c.p.c. n. 19385 del 29 agosto 1989 di annullamento della deliberazione consiliare n. 193 del 1989, in base alla considerazione che l’organo tutorio avrebbe inteso favorire gli interessi dell’Ente ecclesiastico in danno del Comune di Pietraperzia.

Al riguardo deve essere sottolineato che la circostanza addotta dall’Amministrazione comunale concernente l’avvenuto finanziamento regionale di lavori di ristrutturazione dell’intero immobile, subordinato al permanere della destinazione dello stesso, certamente non può costituire un legittimo elemento ostativo per il Comune alla retrocessione di quella porzione di fabbricato che, ai sensi della disposizione contenuta al più volte cit. art. 8 della legge n. 849 del 1929, era obbligato a rilasciare, senza indennità, per essere destinato a rettoria della Chiesa annessa. Ciò, in realtà, è quanto ha esattamente rilevato la Commissione di controllo nell’impugnata decisione che pertanto, sotto tale profilo, si rivela immune dal dedotto vizio di sviamento.

Le argomentazioni sin qui svolte conducono alla reiezione del ricorso mentre le spese del giudizio, concorrendo giuste ragioni, possono essere integralmente compensate tra le parti.