Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 4 Marzo 2004

Sentenza 05 maggio 1993, n.420

Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Palermo). Sezione Prima. Sentenza 5 maggio 1993, n. 420.

(Serio; Veneziano)

Diritto

Il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione, configurandosi il rapporto tra la ricorrente Opera Nazionale per il Mezzogiorno d’Italia e l’odierno Fondo edifici di culto (già Fondo per il culto) quale rapporto privatistico, devoluto alla giurisdizione dell’A.G.O.

Osserva il Collegio che l’art. 55 L. 20/05/1985 n. 222 ha istituito il Fondo edifici di culto, al patrimonio del quale sono confluiti i beni del disciolto Fondo per il culto (art. 54) e che succede in tutti i rapporti già facenti capo a questo; il nuovo Ente è amministrato e rappresentato dal Ministro dell’Interno, e quindi localmente dal Prefetto, secondo le norme sulle gestioni patrimoniali dello Stato (art. 56).

Ritiene quindi il Collegio che debba essere esclusa la natura demaniale dei beni del Fondo in argomento – sia per la natura di ente non territoriale del Fondo che per la mancata destinazione a pubblico servizio (art. 830 c.c.) dei beni stessi – e che debba invece ritenersi che essi appartengano alla categoria dei beni patrimoniali disponibili, assoggettati alle norme sulle gestioni patrimoniali dello Stato (art. 56 L. n. 222/1985) e cioè, in primo luogo, alla normativa di contabilità pubblica.

In particolare l’art. 1 R.D. 18/11/1923, n. 2440, sull’amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato, prevede che i beni immobili dello Stato possano avere tanto natura pubblicistica che privatistica, mentre l’art. 9 del R.D. 23/5/1924 n. 827, che approva il regolamento per l’amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato, prevede che tutti i beni non aventi natura demaniale o patrimoniale indisponibile vengano classificati tra i beni disponibili.

Siffatta ricostruzione consente di affermare che i beni oggetto della controversia ben potevano costituire oggetto di un negozio privatistico e non invece di atto di concessione.

Per altro la lettura del verbale dell’adunanza dell’1/4/1971 del Consiglio di Amministrazione del Fondo per il culto mostra come l’Amm.ne abbia sempre ritenuto i beni in questione come appartenenti al patrimonio disponibile ed abbia inteso disporne secondo forme privatistiche, ispirate alla disciplina del codice civile; in particolare appare evidente che – anche su suggerimento dell’Avvocatura dello Stato – ha inteso disporne con un negozio privato atipico (art. 1322 c.c.), la stipula del quale è stata autorizzata, e non con un provvedimento amministrativo di concessione, che non risulta in alcun modo adottato.

Costituisce ulteriore conferma di ciò il parere reso dal Consiglio di Stato (n. 1701/71 del 14/4/1972 sez. I) secondo le prescrizioni in tema di contratti dello Stato, nonché l’avvenuta trascrizione della convenzione stipulata in data 27/4/1983, per gli effetti di ordine reali derivanti dalla costituzione di un diritto di superficie su alcune costruzioni insistenti sui terreni attribuiti in uso.

Consegue da ciò che la controversia sottoposta a questo Tribunale, in quanto discendente da un negozio giuridico di diritto privato, deve essere devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario.

Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese del giudizio.