Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 25 Ottobre 2005

Sentenza 08 settembre 2005, n.751

Tribunale di Trani. Sentenza 8 settembre 2005, n. 751: “Rimozione di salma da cappella cimiteriale”.

(Omissis)

Il Giudice, dr. Gaetano Labianca,
ha emesso la seguente

SENTENZA

nella causa civile di primo grado, iscritta al n. 3920/97, riunito al nr. 181/00 R.G.A.C., posta in deliberazione all’udienza del giorno 4.2.2005 e vertente tra le seguenti parti:

D. V. E.
D. V. M.
Rappresentate e difese dall’Avv. P. R. Inguscio Franco in forza di mandato a margine dell’atto di citazione ed elettivamente domiciliato in Trani presso il suo studio;
ATTRICI

I. A.
S. M.
S. M. R.
S. P.
Rappresentati e difesi dagli Avv.ti A. Cafiero e M. Cafiero in forza di mandato a margine della comparsa di risposta ed elettivamente domiciliati presso il loro studio;
CONVENUTI

S. L.
S. T.
S. M.
Nella qualità di eredi legittimi di I. F. A. M. rappresentati e difesi dall’Avv. Incoronata Ventola in forza di mandato a margine della comparsa del 30.5.1997 ed elettivamente domiciliati presso il suo studio;
ATTORI

I. A.
Rappresentata e difesa dall’Avv. A. e M. Cafiero in calce alla copia notificata del ricorso in riassunzione ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. L.;
ATTRICE

D. V. E.
Rappresentate e difese dall’Avv. P. R. Inguscio Franco in forza di mandato a margine dell’atto di citazione ed elettivamente domiciliato in Trani presso il suo studio;
CONVENUTI

D. V. M.
D. V. G.
chiamate in causa

(Omissis)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 2.12.1997, D. V. E. e D. V. M., premesso:
– che con delibera del 14.1.1884, la Giunta del Comune di Canosa di Puglia aveva concedeva a L. S. due sezioni di suolo cimiteriale, per la costruzione di una cappella gentilizia;
– che il L., ottenuta la concessione, edificava un sepolcro privato, destinato alla conservazione delle salme dei suoi congiunti;
– che, nell’arco di tempo di oltre cento anni, fino all’ottobre del 1996, nella predetta cappella avevano avuto sepoltura i defunti legati da vincolo di sangue con l’avo concessionario, o legati da vincolo matrimoniale;
– che, quantunque i sepolcreti fossero oggetto di commercio, dovevano essere fatti salvi sia il rispetto della destinazione loro impressa, sia i diritti del fondatore e dei suoi discendenti (c.d. ius inferendi mortum in sepulchrum), mentre nel sepolcro non potevano essere introdotte salme di persone estranee alla famiglia;
– che, in seguito al decesso di S. L., marito della sorella di I. F. (quest’ultima soltanto avente lo ius sepulchrum), la moglie ed i figli del predetto defunto, nonostante quest’ultimo non appartenesse iure sanguinis alla famiglia di L. V., avevano arbitrariamente ed illegittimamente introdotto la salma del loro congiunto, pregiudicando in tal modo lo ius sepulchri di esse istanti;
tanti premesso, dedotta la sussistenza di un danno patrimoniale e morale derivante dal comportamento dei convenuti in giudizio, chiedevano all’intestato Tribunale di:
1) Dichiarare che S. L. non era titolare del diritto primario alla sepoltura nella cappella gentilizia della famiglia “V. L.”;
2) Condannarere i convenuti, in solido, alla rimozione del feretro contenente la salma di S. L., con relativa lapide, dalla cappella gentilizia e ripristinare, all’interno di quest’ultima, lo stato dei luoghi;
3) Condannare i convenuti al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti per le sofferenze morali patite in conseguenza del fatto, costituente altresì reato, da liquidarsi in via equitativa, oltre interessi legali ed il favore delle spese di lite.
Con comparsa depositata in data 24.1.1998, si costituivano i convenuti, i quali deducevano anzitutto la necessità di sospendere il giudizio, posto che pendeva dinanzi al Tribunale di Canosa di Puglia giudizio promosso da I. F. A. M., dante causa di essi convenuti, in cui si controverteva proprio sulla esistenza o meno, in capo alle odierne attrici, dello ius sepulchrum, sia primario che secondario, nella cappella gentilizia.
Tanto premesso, chiedevano la sospensione del processo avente nr. Rg. 3920/97.
Osservavano poi, nel merito, i convenuti che L. V., capostipite, ebbe ad ottenere una concessione di suolo demaniale, ma non eresse alcuna cappella gentilizia.
La cappella fu costruita invece dal figlio A., per sé e la sua famiglia, composta dalla moglie F. Francesca e dai figli G., E. e V. M., coniuge di I. F. al quale fu trasmesso ogni diritto sulla cappella.
Pertanto, le attrici, discendenti di L. G., sorella di L. A., non avevano alcun diritto di sepoltura né primario né secondario nella cappella in questione.
D’altra parte, L. V. M., erede di L. V. e di A. (colui che aveva fatto costruire la cappella), ebbe a nominare quale erede universale la moglie I. F., con testamento olografo pubblicato dal notar C. di Canosa di Puglia il 26.5.1993.
Deceduta I. F., il diritto reale si era trasmesso ai suoi eredi, convenuti nel presente giudizio.
Alla stregua di tali motivi, i convenuti avanzavano domanda riconvenzionale, onde accertare e dichiarare la sussistenza dello ius sepulchrum sulla e nella cappella gentilizia per cui è processo, con la condannare. delle attrici – convenute in via riconvenzionale, alla rimozione delle ossa dei loro genitori ed ascendenti nella cappella gentilizia L. esistente nel cimitero di Canosa di Puglia, oltre che alla restituzione delle chiavi.
Al presente giudizio veniva riunito quello avente nr. Rg. 181/00 instaurato dagli eredi di I. F. A. M. nei confronti di D. V. E., M. e G. (chiamate in causa iussu iudicis), con il quale si chiedeva al Giudice di Canosa di rimuovere le salme di D. V. F. e B. A. dalla cappella gentilizia L..
La causa veniva istruita con una consulenza tecnica d’ufficio.
Sulle precisate conclusioni, all’udienza del 4 febbraio 2005, la causa veniva riservata in decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

I termini della questione possono essere riassunti così sinteticamente:
– le attrici (D. V.) asseriscono che il loro capostipite, L. V., ottenuta la concessione amministrativa da parte della Giunta municipale di Canosa nel 1884, divenne titolare di un diritto soggettivo perfetto di natura reale, assimilabile al diritto di superficie, pienamente opponibile, iure privatorum, nei confronti degli altri privati, distinto dal diritto alla tumulazione, che è il diritto primario ad essere seppellito o di collocare una salma in una determinata tomba;
– il citato diritto alla tumulazione, che nel sepolcro ereditario si trasmette per atto inter vivos o mortis causa dall’originario titolare anche a persone non facenti parte della famiglia, nel caso, come quello di specie, di sepolcro gentilizio o familiare (che è da presumersi, in caso di silenzio o di dubbi al riguardo), è attribuito in base alla volontà del fondatore con riferimento alla cerchia dei familiari destinatari del sepolcro stesso, acquistandosi tale diritto iure proprio sin dal momento della nascita, dando luogo ad una particolare forma di comunione indivisibile tra contitolari, senza poter essere trasmesso né per atto tra vivi né per atto mortis causa, né perdendosi per prescrizione o rinuncia;
– che, nella specie, trattandosi di un sepolcro di natura gentilizia, e ricavandosi questo sia dalla concessione amministrativa che dalla scritta, che campeggia sul frontone della cappella, nonchè dal fatto che sono tumulate solo le salme che appartenevano alla famiglia del fondatore L. V., deve escludersi che il “fondatore” della cappella sia da individuare in L. A. (fratello di V.) e, comunque, ciò non varrebbe ad escludere che il sepolcro fosse destinato ad ospitare le spoglie di tutti i familiari dell’avo concessionario;
– secondo invece la tesi di parte convenuta – attrice in riconvenzionale, la cappella fu costruita senz’altro da L. A., come è comprovato dalla sepoltura sua e della moglie nell’arcosolio principale, e pertanto il relativo diritto dall’originario concessionario V. fu trasferito, per destinazione o per via ereditaria al figlio A., e da questo trasmesso agli eredi di I. F.;
– il diritto si è pertanto trasmesso per via ereditaria, il sepolcro stesso ha natura ereditaria, e le salme dei parenti di L. V. sono state tumulate per cortesia o mera ospitalità.
Fatta tale premessa, va detto che nella relazione peritale, immune da vizi logici e giuridici, si è osservato che l’istanza per la concessione di due sezioni di suolo cimiteriale fu richiesta da L. V. in data 4.1.1884 e rilasciata in data 14.1.1884.
Non sono stati rinvenuti per il periodo 1884 – 1913 atti autorizzativi di interventi edilizi sulle due sezioni di suolo cimiteriale affidate in concessione a L. V., e ciò vale anche per il periodo successivo, sino alla data di entrata in vigore della legge n. 1150/1942.
Il perito ha pertanto concluso – in assenza di documentazione attestante che la cappella fu fatta erigere da L. V., nonchè sulla base della circostanza che la prima tumulazione risale al 1930 (46 anni dopo la morte di V., che non è neppure tumulato nel sepolcro), ed è quella di L. S., ed infine sul presupposto che gli altri figli del titolare della concessione risultano tutti presenti in ossari – che la cappella fu costruita in quell’anno (1930), o poco prima (1929) della morte di S. L., celibe e convivente con il fratello A..
Ora, reputa l’odierno Giudicante che la natura del sepolcro in questione sia quello di vero e proprio sepolcro familiare o gentilizio e non, come sostenuto dai convenuti, ereditario.
Invero, la riprova che si tratti di sepolcro familiare deriva dal fatto che la concessione amministrativa rilasciata al L. V. reca testualmente la dicitura “… con la quale chiede la concessione di due sezioni di suolo al camposanto per costruire cappella gentilizia”, dalla scritta che campeggia sul frontone della cappella, intitolata a V. L., nonché dalla circostanza che si trovano ivi sepolti tutti coloro (inquadrati nella esaustiva rappresentazione grafica del CTU), che hanno avuto un vincolo di consanguineità con l’antenato, o legati tra di loro da vincolo matrimoniale, ancorché non aventi il medesimo cognome.
Da tale circostanza, si ricava l’evidente trasmissione del relativo diritto di tumulazione ai parenti legati iure sanguinis (discendenti, parenti di secondo e terzo grado rispetto al capostipite e relativi coniugi) al L. V., fatta eccezione proprio per l’ultima salma di S. L., sposato con la sorella di I. F., non avente alcun vincolo di consanguineità con il concessionario.
Peraltro, non può accogliersi la tesi di parte convenuta, secondo la quale il fondatore della cappella è da ritenersi L. A., ed il relativo diritto di uso si è trasmesso per via ereditaria, posto che:
– innanzitutto, il diritto primario di sepolcro sorge in capo al privato per effetto della concessione da parte dell’autorità amministrativa di area demaniale, per cui nella specie lo ius sepulchri spetta senz’altro al L. V., titolare della concessione e trasmesso alle odierne attrici per vincolo di consanguineità;
– L. A. non era l’ultimo superstite della cerchia degli aventi diritto, perché solo in quest’ultimo caso si sarebbe concentrato nel L. A. lo ius sepulchri e, in riferimento all’apertura della successione di tale soggetto, sarebbe divenuto trasmissibile per via ereditaria;
– non si spiegherebbe il motivo per il quale sono tumulate nella cappella in questione tutte le salme legate da rapporti di consanguineità con il padre dell’asserito fondatore, L. A..
L’argomentazione in base alla quale le salme citate sarebbero state ospitate a mero titolo di cortesia o liberalità è priva di pregio, a parere di questo Giudicante, posto che la cortesia, in questo caso, non solo non è stata provata e neppure suffragata da circostanze obiettive, ma rivestirebbe oltretutto un carattere non episodico, bensì sistematico, in favore non solo dei collaterali e dell’ascendente, ma dei coniugi dei collaterali, nonché dei loro discendenti; molto più attendibile, ed aderente allo stato dei luoghi, è l’ipotesi che il fondatore sia stato L. V. e che il relativo diritto si sia trasmesso non iure ereditario ma iure sanguinis, con il conferimento del relativo diritto al fondatore del sepolcro e a tutti i suoi discendenti, ivi compresi i discendenti di sesso femminile, che, ancorché coniugati e con diverso cognome, hanno acquisito e rispettato il diritto alla sepoltura iure proprio in quanto facenti parte della famiglia.
E’ palese, pertanto, che la domanda riconvenzionale svolta in comparsa di risposta da I. A., S. M., S. M. R. e S. P., con la quale si chiede la rimozione delle ossa dei genitori delle attrici Del Vecchio e dei loro ascendenti è del tutto destituita di fondamento, in quanto, ove pure si ritenesse (solo per ipotesi) che il fondatore fosse L. A., sarebbe comunque del tutto evidente l’assoluta incompatibilità con una volontà di riserva in favore soltanto del fondatore e della sua famiglia restrittivamente intesa.
Venendo adesso alla domanda proposta dalle attrici D. V. E. e M., va detto che la domanda è fondata.
Invero, la salma di L. S. non presenta alcun rapporto di consanguineità con L. V. fondatore della cappella, sicché deve dichiarasi l’illegittimità della tumulazione della relativa salma, ed ordinato ai convenuti di provvedere alla estumulazione della salma di L. S. e a trasferirla in separata tomba.
Quanto all’eccezione relativa al litisconsorzio necessario, formulata dai convenuti solo in sede di comparsa conclusionale, prescindendo dalla vexata quaestio se il giudice possa rilevarla d’ufficio in ogni stato del processo, una volta definito il thema decidendum, è sufficiente in questa sede rilevare che nell’altro giudizio incardinato dinanzi alla sezione distaccata di Canosa di Puglia, il giudice istruttore ha ordinato l’integrazione del contraddittorio anche nei confronti di D. V. M. e G. e di tutti gli eredi legittimi di I. F. M., per cui, una volta riuniti i due processi, non v’è alcun motivo per ordinare nuovamente l’integrazione del contraddittorio.
In conclusione, e sinteticamente:
– deve essere rigettata la domanda proposta dagli eredi I. F. M. nei confronti di D. V. E., volta ad ottenere la rimozione delle salme di D. V. F. e di B. A. dalla cappella gentilizia, in quanto queste ultime, appartenenti alla famiglia del fondatore e legate allo stesso da vincolo di consanguineità hanno avuto pieno diritto alla tumulazione;
– dev’essere rigettata, siccome infondata, la domanda riconvenzionale spiegata da I. A., S. M., S. M. R. e S. P., con la quale si chiede la rimozione delle ossa dei genitori delle attrici Del Vecchio e dei loro ascendenti;
– dev’essere accolta la domanda di D. V. M. e D. V. E. Le per l’effetto, dichiarata ’illegittimità della tumulazione della relativa salma, va ordinato ai convenuti di provvedere alla estumulazione della salma di L. S. e a trasferirla in separata tomba.
Ragioni di equità, dovute alla natura delle questioni trattate, impongono la compensazione integrale delle spese del giudizio tra le parti, fatta eccezione per le spese di CTU, che devono essere poste definitivamente a carico dei convenuti I. A., S. M., S. M. R. e S. P., in solido tra loro, nella misura liquidata dall’istruttore dell’epoca.

P.Q.M.

Il Tribunale di Trani, definitivamente pronunziando tra le parti e sulle conclusioni di cui all’epigrafe, così provvede:
1) rigetta la domanda proposta dagli eredi I. F. M. nei confronti di D. V. E., volta ad ottenere la rimozione delle salme di D. V. F. e di B. A. dalla cappella intitolata a L. V. sita nel cimitero di Canosa;
2) accoglie la domanda di D. V. M. e D. V. E. e, per l’effetto, dichiara l’illegittimità della tumulazione della salma di L. S., ed ordina ai convenuti di provvedere alla estumulazione della salma e a trasferirla in separata tomba;
3) rigetta, siccome infondata, la domanda riconvenzionale spiegata da I. A., S. M., S. M. R. e S. P., con la quale si chiede la rimozione delle ossa dei genitori delle attrici D. V. e dei loro ascendenti;
4) compensa integralmente tra le parti le spese di lite tra le parti, fatta eccezione per le spese di CTU, che devono essere poste definitivamente a carico dei convenuti I. A., S. M., S. M. R. e S. P., in solido tra loro, nella misura liquidata dall’istruttore dell’epoca.

In OLIR cfr. su questi temi: Corte di Cassazione. I Sezione Civile. Sentenza 23 maggio 2006, 12143