Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 19 Settembre 2006

Sentenza 08 settembre 2006, n.5220

Consiglio di Stato. Sezione Sesta. Sentenza 8 settembre 2006, n. 5220: “Criteri di valutazione dei candidati nella procedura per la copertura di un posto di ricercatore universitario”.

In OLIR: T.A.R. Puglia. Sentenza 29 agosto 2005, n. 3637 (I grado)

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sui ricorsi riuniti in appello, dei quali:

il primo, n. 10353/2005, proposto dal:

– Politecnico di B., rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in via dei Portoghesi n. 12, Roma;

c o n t r o

– D.M. A., rappresentato e difeso dagli avv.ti Filippo Satta e Filippo Lattanzi ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo, in via Giovanni Pierluigi da Palestrina n. 47, Roma;

e nei confronti di

– F. M., rappresentata e difesa dagli avv.ti Mario Sanino e Giovanna Corrente ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo, in viale Parioli n. 180, Roma;

il secondo, n. 43/2006, proposto da:

– F. M., rappresentata e difesa dagli avv.ti Mario Sanino e Giovanna Corrente ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo, in viale Parioli n. 180, Roma;

c o n t r o

– D.M. A., rappresentato e difeso dagli avv.ti Filippo Satta e Filippo Lattanzi ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo, in via Giovanni Pierluigi da Palestrina n. 47, Roma;

e nei confronti del

– Politecnico di B., rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in via dei Portoghesi n. 12, Roma;

il terzo, n. 125/2006, proposto da:

– D.M. A., rappresentato e difeso dagli avv.ti Filippo Satta e Filippo Lattanzi ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo, in via Giovanni Pierluigi da Palestrina n. 47, Roma;

c o n t r o

– il Politecnico di B., rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in via dei Portoghesi n. 12, Roma;

e nei confronti di

– F. M., rappresentata e difesa dagli avv.ti Mario Sanino e Giovanna Corrente ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo, in viale Parioli n. 180, Roma;

per la riforma della sentenza del T.a.r. Puglia, B., sezione I, n. 3637/2005, resa inter partes e concernente la nomina in ruolo ad un posto di ricercatore universitario.

Visti i tre ricorsi in appello con i relativi allegati;
Viste le memorie di resistenza degli appellati e controinteressati;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza del 30 maggio 2006, il Consigliere Aldo SCOLA;
Uditi, per le parti, l’avvocato dello Stato Arena, l’avv. Mario Sanino, l’avv. Filippo Lattanzi e l’avv. Giovanna Corrente;

Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:

FATTO

L’avv. A. D.M. partecipava alla procedura di valutazione comparativa indetta con d.r. n. 200 del 26 marzo 2004 per la copertura di un posto di ricercatore universitario per il settore scientifico-disciplinare IUS/14 (Diritto dell’Unione europea) presso la II Facoltà di ingegneria del Politecnico di B. e, a conclusione delle prove d’esame svoltesi nei giorni 16-18 febbraio 2005, si collocava al secondo posto della graduatoria di merito, dopo l’avv. M. F..
Con atto n. 754/2005, notificato in data 18-19 aprile 2005 e depositato il successivo 18 maggio, l’avv. A. D.M. proponeva ricorso al T.a.r. Puglia avverso i provvedimenti indicati e (premessa un’ampia ed articolata ricostruzione dei fatti che avevano dato origine alla controversia) ne chiedeva l’annullamento, deducendo:
a) violazione dell’art. 97, Cost., del d.P.R. n. 455/00, e del bando di gara; eccesso di potere per irrazionalità, difetto di presupposto e travisamento di fatto, atteso che la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, presentata dalla controinteressata F., ai sensi dell’art. 47, d.P.R. n. 445/2000, sotto la propria personale responsabilità anche penale, in sostituzione delle attestazioni provenienti dalle competenti autorità amministrative, ed allegata alla domanda di partecipazione alla selezione del 5 maggio 2004, recherebbe affermazioni mendaci in rapporto alla data di adempimento degli obblighi derivanti dal d.lgs.lgt. 31 agosto 1945 n. 660 e relativi alla pubblicazione “Ambiente e salute nel diritto europeo”, che risulterebbe depositata presso la Prefettura di Lecce il 7 maggio 2004 e presso la Procura della Repubblica della medesima città il 6 maggio 2004; inoltre, come risulterebbe inequivocabilmente dal “finito di stampare” apposto sul retro della copertina, la suddetta monografia sarebbe stata pubblicata e, quindi, diffusa, solo nel settembre 2004 e, quindi, ben oltre il termine di presentazione della domanda di partecipazione a detta procedura;
b) violazione dell’art. 97, Cost., dei principii di legalità, trasparenza e buon andamento, del d.P.R. n. 117/2000; del bando del concorso (art. 3, n. 10, lett. c) e dell’art. 3, penultimo comma, d.r. n.200/2004; violazione dei criteri di massima predeterminati dalla Commissione (criterio di cui alla lett. “d”); eccesso di potere per irrazionalità, illogicità, disparità di trattamento, ingiustizia manifesta, difetto di presupposto, travisamento di fatto e sviamento, atteso che la suddetta monografia consisterebbe in larga misura nella mera riproduzione degli scritti di altri autori, sovente neppure citati, e, di conseguenza, contrariamente a quanto affermato dalla Commissione giudicatrice a conclusione di una lettura superficiale ed acritica, sarebbe assolutamente priva di originalità e nient’affatto significativa di una “sicura capacità di ricerca” della F.;
c) violazione dell’art. 97, Cost., dei principii di legalità, trasparenza e buon andamento; del d.P.R. n. 117/2000; del bando del concorso (art. 3, n. 10, lett. c) e dell’art. 3, penultimo comma, d.r. n. 200/2004; violazione dei criteri di massima predeterminati dalla Commissione (criterio “d”); eccesso di potere per irrazionalità, illogicità, disparità di trattamento, ingiustizia manifesta, difetto di presupposto, travisamento di fatto; carenza d’istruttoria e sviamento, atteso che la Commissione avrebbe ritenuto valide altre due pubblicazioni senza preoccuparsi di accertarne l’effettiva pubblicazione nei termini o il rispetto degli obblighi di legge;
d) violazione dell’art. 97, Cost., dei principii generali di imparzialità, trasparenza, legalità e buon andamento e dell’ art. 1, commi 1 e 2, regolamento di cui al d.r. 7 luglio 1999 n. 332; eccesso di potere per irrazionalità, illogicità, disparità di trattamento, ingiustizia manifesta, difetto di presupposto e sviamento, atteso che, quanto all’attività didattica, quella svolta dal ricorrente D.M. (e consistente nell’organizzazione di seminari e nel tutoraggio degli studenti universitari, per le cattedre di diritto dell’ Unione europea presso le Facoltà di giurisprudenza e di economia dell’Università degli studi di B.) risulterebbe ben più coerente con il profilo professionale del ricercatore universitario di quanto non lo fosse l’attività di insegnamento svolta dalla controinteressata F. dapprima in “elementi di cultura europea e tecniche di comunicazione scritta” e, successivamente, in “normativa europea”, a seguito di incarichi di docenza a contratto a lei affidati da un Consiglio di Facoltà sempre presieduto dal Preside, marito di sua madre e con lei convivente, ed in violazione dell’art. 1 del regolamento per la disciplina dei professori a contratto (d.r. 7 luglio 1999 n. 332) che, nel prevedere contratti di docenza di diritto privato stipulabili dal Politecnico di B. solo con studiosi od esperti di comprovata qualificazione professionale e scientifica, stabilirebbe che detta qualificazione debba risultare da titoli scientifici e professionali, di cui nel 2001 la F. sarebbe stata assolutamente sprovvista;
e) violazione del bando (art. 7) e dei criteri di massima predeterminati dalla Commissione l’11 gennaio 2005; eccesso di potere per difetto di presupposto e travisamento del fatto, disparità di trattamento, istruttoria insufficiente e contraddittorietà, atteso che la Commissione, nel palese intento di assicurare in sede comparativa una posizione poziore alla congiunta del Preside della Facoltà, non avrebbe adeguatamente valutato i titoli presentati dal D.M., indubbiamente più attinenti al diritto comunitario di quelli presentati dalla F.; non avrebbe considerato che fra i due concorrenti egli sarebbe stato il solo a frequentare un corso di dottorato in diritto internazionale e dell’Unione europea, coerente con il settore scientifico disciplinare al quale si riferirebbe l’impugnata procedura comparativa, laddove il corso di dottorato interfacoltà, asseritamene frequentato dalla F. (“ambiente, medicina e salute”), non avrebbe alcuna attinenza con il suddetto settore e, probabilmente, con nessuna altra branca del diritto;
f) violazione degli artt. 3, 51 e 97, Cost., dell’art. 12, d.P.R. n. 487/1994, eccesso di potere per disparità di trattamento, ingiustizia manifesta, violazione dei principi di buon andamento ed imparzialità, atteso che in occasione delle prove orali sarebbero state violate le norme che, a salvaguardia dei valori costituzionali di buon andamento ed eguaglianza fra i cittadini, prescrivono la predisposizione di quesiti omogenei chiusi in buste anonime e da inserire in un unico contenitore da cui attingere, previo sorteggio, l’argomento da sottoporre a tutti gli interessati; nella specie, invece, la Commissione avrebbe prestabilito per ogni candidato una personale terna di quesiti, del tutto disomogenei rispetto a quelli destinati agli altri candidati, con ciò precostituendo una corsia preferenziale per la persona predestinata alla vittoria;
g) violazione dell’art. 7, legge n. 686/1957; eccesso di potere per ingiustizia manifesta e sviamento, atteso che ambedue gli elaborati consegnati dalla F. a conclusione delle prove scritte recherebbero inequivoci segni di riconoscimento.
Si costituiva in giudizio il Politecnico di B., che depositava in giudizio un’ampia relazione, predisposta per l’Avvocatura distrettuale dello Stato a firma del Rettore, recante la contestazione in fatto e diritto delle censure dedotte dal D.M..
Si costituiva in giudizio (inizialmente con il patrocinio dell’avv. Vito Petrarota, quindi, con quello degli avv.ti Mario Sanino e Giovanna Corrente) M. F., che depositava in giudizio un’ampia memoria recante la puntuale contestazione, in fatto e diritto, delle censure dedotte dal ricorrente.
Con ordinanza n. 460/2005 veniva disposta la sospensione cautelare degli effetti degli atti impugnati dal ricorrente e si ordinava al Rettore del Politecnico di B. di riconvocare la Commissione giudicatrice per un puntuale riesame delle determinazioni adottate, da motivare con specifico e documentato riferimento alle singole censure dedotte dal ricorrente.
Al che il Rettore provvedeva depositando in giudizio in data 13 luglio 2005: il proprio decreto 20 giugno 2005 n. 383, recante sospensione di tutti gli atti impugnati, compreso il decreto di nomina della controinteressata; l’avviso di riconvocazione della Commissione giudicatrice e le relazioni, a quest’ultima consegnate, del Direttore amministrativo del Politecnico con la documentazione acquisita; infine, il verbale concernente il prescritto riesame compiuto dalla Commissione e una nota di precisazione del suo Presidente.
A seguito dell’avvenuto deposito in giudizio, da parte del Politecnico di B., della documentazione relativa ai contratti di docenza da esso stipulati con la F. nell’arco temporale 2002-2004, il ricorrente proponeva motivi aggiunti notificati il 15-18 luglio 2005 e depositati il successivo 23 luglio, contenenti le seguenti ulteriori censure:
h) violazione dell’art. 97, Cost., dei principii di cui alla legge n. 241/1990, dei principii che in materia di concorsi impongono la pubblicità dei bandi relativi, del d.r. 7 luglio 1999 n. 322; eccesso di potere per motivazione irrazionale e insufficiente, difetto di presupposto, travisamento di fatto e sviamento, atteso che non sarebbe chiaro quale forma di pubblicità sia stata data al bando del Politecnico 17 gennaio 2002 n. 104, relativo al conferimento dell’incarico di docenza, ed a quelli concernenti gli anni successivi, né come il Consiglio di Facoltà, presieduto nell’occasione dal patrigno della F., abbia riconosciuta a quest’ultima la qualifica di esperta in possesso di comprovata qualificazione professionale e scientifica nelle discipline oggetto dell’insegnamento, espressamente richiesta dal regolamento del Politecnico di B. (d.r. 7 luglio 1999 n. 322), quale requisito di ammissione alla stipula di contratti di docenza di diritto privato, atteso che nel settembre 2002 la stessa non avrebbe esercitato la professione forense né conseguito il dottorato di ricerca né posseduto alcuna pubblicazione;
i) violazione dell’art. 97, Cost., dei principii di buon andamento, imparzialità e trasparenza, e del d.m. 28 novembre 2000, recante il codice di comportamento dei dipendenti pubblici; dell’art. 54, d.lgs. n. 165/2001; eccesso di potere per arbitrarietà manifesta e sviamento, atteso che (cfr. i verbali relativi alle impugnate deliberazioni) nelle tre sedute di conferimento dell’incarico di insegnamento alla F. il Consiglio di Facoltà sarebbe stato presieduto dal prof. L., marito della madre della suddetta F. e con lei convivente, il quale non solo avrebbe preso la parola, ma avrebbe diretto la discussione, senza astenersi né fisicamente allontanarsi dall’aula in occasione della votazione;
l) violazione di legge, dell’art. 97, Cost., dei principii di legalità, trasparenza e buon andamento; del d.P.R. n. 117/2000; del bando di concorso e dei criteri di massima predeterminati dalla Commissione; eccesso di potere per irrazionalità, illogicità, disparità di trattamento, ingiustizia manifesta, difetto di presupposto, travisamento di fatto; difetto di istruttoria e sviamento, atteso che la Commissione, pur avendo escluso la valutabilità della monografia presentata dalla F., l’avrebbe contestualmente ritenuta titolo idoneo a comprovare la sua capacità di ricerca, nonostante nell’atto introduttivo del giudizio fosse stato documentato che la stessa sarebbe in buona parte frutto di plagio e scannerizzazione degli scritti di altri autori e di documenti ufficiali;
m) violazione di legge, dell’art. 97, Cost., dei principii di legalità, trasparenza e buon andamento; del d.P.R. n. 117/2000; del bando del concorso (art. 3, n. 10, lett. c) e dell’art. 3, penultimo comma, d.r. n. 200/2004; violazione dei criteri di massima predeterminati dalla Commissione (criterio “d”); eccesso di potere per irrazionalità, illogicità, disparità di trattamento, ingiustizia manifesta, difetto di presupposto, travisamento di fatto; difetto di istruttoria e sviamento, atteso che nelle more del giudizio avrebbe trovato ulteriore conferma la censura dedotta dal D.M. in ordine all’effettuata valutazione del lavoro dell’interessata intitolato “OMS verso un sistema di tutela integrata”, di fatto mai pubblicato né depositato presso la Procura della Repubblica di Lecce né prodotto in giudizio dal Politecnico né, tanto meno, esibito in occasione dell’accesso agli atti da parte del ricorrente.
Sempre a seguito dell’ intervenuto deposito in giudizio della relazione della Commissione e degli atti da essa richiamati, compresa la deliberazione del Consiglio di Facoltà 13 ottobre 2003, recante il conferimento alla F. della supplenza per l’insegnamento nell’a.a. 2003/2004 di “normativa europea”, il ricorrente D.M. ne chiedeva l’annullamento deducendo nei loro confronti, come motivi aggiunti:
n) violazione dell’ ordinanza T.a.r. Puglia n. 460/2005 e dell’art. 7, legge n. 241/1990; eccesso di potere per motivazione insufficiente, irrazionalità, difetto di motivazione, illogicità e difetto di presupposto, atteso che, in sede di riesame ed in spregio all’ordine impartito dal T.a.r. di motivare circa le censure dedotte dal ricorrente, la Commissione si sarebbe ritenuta autorizzata a rivedere d’ufficio in pejus il giudizio largamente positivo già espresso nei confronti di quest’ ultimo, pur in assenza di ricorso incidentale da parte della F. e procedendo in autotutela, senza aver previamente garantito al ricorrente stesso la possibilità di partecipare al procedimento a difesa delle proprie ragioni;
o) violazione della citata ordinanza T.a.r. Puglia, dell’art. 97, Cost., del d.P.R. n. 117/2000 e della lex specialis; eccesso di potere per difetto di presupposto, travisamento di fatto, ingiustizia manifesta, irragionevolezza e sviamento, atteso che: relativamente alla docenza sarebbe palese l’arbitrarietà della comparazione effettuata dalla Commissione in sede di riesame, continuando a valutare la docenza della F., benché assunta in base ad atti palesemente illegittimi e, al contrario, sminuendo con palese ostilità le attività espletate dal ricorrente, ancorché ritenute più che soddisfacenti in occasione della prima valutazione; relativamente al dottorato di ricerca la Commissione avrebbe assurdamente ritenuto equiparabili i titoli posseduti dai due concorrenti, nonostante la F. avesse dichiarato solo nel corso della prova orale di aver vinto il relativo concorso, ma non anche di aver ottenuto la connessa borsa di studio, e la palese estraneità delle materie in questione (“Ambiente, medicina e salute”) rispetto a quelle afferenti alla disciplina (Diritto dell’Unione europea: settore disciplinare IUS/14) attinente al posto di ricercatore messo a concorso; relativamente all’attività di formazione, la Commissione avrebbe irragionevolmente riservato lo stesso trattamento ai corsi e seminari di formazione in materia di diritto dell’Unione europea, svolti dal ricorrente, ed alla mera partecipazione della controinteressata a convegni di una o due giornate, aperti a tutti, come a gruppi di lavoro operanti presso la Facoltà di psicologia e svolgenti attività estranee alle materie giuridiche; relativamente ai servizi prestati presso Atenei, la Commissione avrebbe persistito nell’errore di considerare i titoli e le attività della F. più significativi di quelli del ricorrente;
p) violazione della citata ordinanza T.a.r. Puglia, dell’art. 97, Cost., dei principii di legalità, trasparenza e buon andamento, del d.P.R. n. 117/2000, del bando del concorso (art. 3, n. 10, lett. c) e dell’art. 3, penultimo comma, d.r. n. 200/2004; violazione dei criteri di massima predeterminati dalla Commissione (criterio ”d”); eccesso di potere per irrazionalità, illogicità, disparità di trattamento, ingiustizia manifesta, difetto di presupposto, travisamento di fatto; difetto di istruttoria e sviamento, atteso che: in rapporto all’unica pubblicazione del ricorrente in sede di riesame ritenuta valutabile, il malanimo della Commissione sarebbe comprovato dalla ricerca di argomenti assolutamente pretestuosi (come la mancanza di note in calce); quanto agli altri due contributi del ricorrente ritenuti non valutabili, sarebbe documentato che essi sarebbero stati pubblicati, rispettivamente, sui fascicoli di gennaio 2003 di due note riviste giuridiche, cioè un anno prima della scadenza del termine per la presentazione della domanda di partecipazione alla selezione; quanto alle critiche di merito formulate solo in sede di riesame nei riguardi dei due scritti, le stesse sarebbero totalmente infondate, ad ulteriore riprova dell’intento persecutorio coltivato nei confronti di un candidato reo di aver denunciato un modus procedendi palesemente preordinato ad assicurarne un certo esito;
q) violazione della citata ordinanza T.a.r. Puglia, dell’art. 97, Cost., dei principii di legalità, trasparenza e buon andamento, del d.P.R. n. 117/2000; eccesso di potere per irrazionalità, illogicità, disparità di trattamento, ingiustizia manifesta, difetto di presupposto, travisamento di fatto; difetto di istruttoria e sviamento, attesa la palese ipocrisia dei componenti la Commissione che, in rapporto alle prove scritte, da un lato avrebbero dichiarato di non voler modificare i giudizi già espressi e, dall’altro, li avrebbero surrettiziamente alterati in danno del solo ricorrente, trascurando la palese insufficienza di uno degli scritti della controinteressata, di sole due pagine e benevolmente valutata come espressione di capacità di sintesi, nonché la presenza in esso di interi periodi estrapolati da due opere di facile reperibilità, una delle quali addirittura del Presidente della Commissione;
r) violazione della citata ordinanza T.a.r. Puglia, dell’art. 57, Cost., dei principii di legalità, trasparenza e buon andamento, del d.P.R. n. 686/1957; eccesso di potere per irrazionalità, illogicità, disparità di trattamento, ingiustizia manifesta, difetto di presupposto, travisamento di fatto; difetto di istruttoria e sviamento, atteso che la disposta “personalizzazione” dei quesiti da sottoporre ai singoli candidati, motivata con richiamo all’ampia discrezionalità di cui godrebbe ogni Commissione in sede di organizzazione delle prove orali ed alla necessità di evitare la scelta di un argomento del quale un singolo candidato si sia già specificamente occupato, si porrebbe in palese contrasto con la normativa vigente, la quale riconoscerebbe all’organo collegiale ampia discrezionalità nella scelta delle domande da sottoporre a sorteggio, ma non pure la facoltà di predisporre domande per singoli candidati contraddistinte da un dato numerico ben visibile sulle singole buste, metodo questo idoneo a precostituire le condizioni per assicurare ingiustificati favoritismi a vantaggio di alcuni concorrenti e con palese violazione dei principi di trasparenza ed obiettività;
s) violazione dell’art. 97, Cost., dei principii di buon andamento, imparzialità e trasparenza, del d.m. 28 novembre 2000, recante il codice di comportamento dei dipendenti pubblici, e dell’art. 54, d.lgs. n. 165/2001; eccesso di potere per arbitrarietà manifesta e sviamento, atteso che la Commissione, in palese dispregio dell’impegno preso di rivedere solo i giudizi concernenti i titoli, avrebbe immotivatamente riveduto in melius il giudizio sulle prove scritte ed orali della F., prima formulato in termini del tutto identici per ambedue i concorrenti.
Con atto notificato in data 25 luglio 2005 e depositato il successivo 26 luglio 2005, vigilia della camera di consiglio già fissata per il 27 dello stesso mese, la F., costituita in giudizio sin dal 20 maggio 2005, proponeva ricorso incidentale avverso il citato verbale 6 luglio 2005 della Commissione, prospettando i seguenti motivi:
a) violazione dell’art. 1, d.lgs.lgt. 31 agosto 1945 n. 660 e succ. modif. ed integr.; violazione dell’art. 75, d.P.R. n. 445/2000; eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei presupposti, atteso che sarebbe illegittima la determinazione della Commissione di non valutare la monografia “Ambiente e salute nel diritto europeo”, pubblicata nell’aprile 2004, per il ritardato adempimento quanto agli obblighi previsti dalla citata normativa, incombendo sullo stampatore l’obbligo di consegnare quattro esemplari di ogni stampato alla competente Prefettura ed un esemplare alla locale Procura della Repubblica, donde la dichiarazione attestante l’avvenuto relativo adempimento resa dalla F. nel ragionevole convincimento che l’editore avesse già provveduto agli obblighi di legge posti a suo carico;
b) violazione dell’art. 1, d.lgs.lgt. n. 660/1945 e succ. modif. ed integr.; violazione dell’art. 75, d.P.R. n. 445/2000; eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei presupposti, atteso che in relazione all’articolo “Diritti fondamentali, principio di eguaglianza e riforma della normativa in materia di immigrazione”, regolarmente pubblicato, anche il D.M. sarebbe incorso nella medesima dichiarazione mendace che la Commissione avrebbe contestato solo alla ricorrente incidentale, avendo la Procura della Repubblica di Napoli attestato che un esemplare di detta pubblicazione sarebbe stato depositato in ritardo rispetto al termine finale, fissato per la presentazione delle domande di partecipazione alla procedura comparativa;
c) violazione dell’art. 3, lett. b), d.r. 26 marzo 2004; eccesso di potere per violazione del principio di “par condicio”, difetto di motivazione, difetto di istruttoria e travisamento dei presupposti, atteso che illegittimamente la Commissione avrebbe ritenuto valutabile l’attività didattica asseritamene svolta dal ricorrente principale pur in mancanza della richiesta documentazione o, quanto meno, di un’autodichiarazione;
d) violazione dell’art. 7, d.P.R. n. 686/1957; eccesso di potere per difetto di motivazione, difetto di istruttoria e travisamento dei presupposti, atteso che il metodo utilizzato dal D.M. per la cancellatura nei suoi scritti di alcune parole, e cioè la loro iscrizione in piccoli rettangoli, largamente utilizzato in ambito forense, nelle procedure concorsuali costituirebbe chiaro ed inequivoco segno di riconoscimento, che avrebbe dovuto implicare la sua esclusione dalla procedura selettiva.
L’originario ricorrente replicava con memoria 26 luglio 2005.
Con memoria depositata in pari data la F. faceva altrettanto.
I primi giudici accoglievano il ricorso del D.M. con sentenza poi impugnata dal Politecnico soccombente per eccesso di potere giurisdizionale, avendo il T.a.r. adìto preteso di valutare nel merito ciascuno dei titoli didattici vantati dai due candidati, affidandone il riesame personalmente al Rettore sotto la propria responsabilità (fermo restando, comunque, il giudizio già espresso sul D.M.), in tal modo illegittimamente sostituendolo alla competente Commissione esaminatrice.
Con controricorso si costituiva in giudizio e proponeva pure appello incidentale M. F., che deduceva:
a) violazione degli artt. 7 e ss., legge n. 241/1990; dei principii in materia di esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali; eccesso di potere per travisamento dei presupposti in fatto e diritto, difetto di motivazione, non occorrendo ulteriori garanzie partecipative nei procedimenti (pure di secondo grado) avviati ad istanza di parte, tanto più in presenza di un precostituito “favor” del Tribunale per il D.M., malgrado i suoi inadempimenti ex d.lgs.lgt. n. 660/1945;
b) violazione dell’art. 12, d.P.R. n. 487/1994; eccesso di potere per contraddittorietà; carenza di motivazione, essendo intervenuto l’art. 10, d.P.R. 3 ottobre 1996 n. 693, recante l’obbligo di predisporre per le prove orali i quesiti da porre ai “singoli” candidati per ciascuna materia d’esame;
c) violazione dell’art. 111, comma 8, Cost.; dell’art. 21, comma 1, legge n. 1034/1971; dei principii d’imperatività degli atti amministrativi, d’imparzialità e di terzietà, nonché del giusto processo; eccesso di potere giurisdizionale, essendosi esaminate nel merito censure attinenti ad incarichi d’insegnamento della F. (per gli anni 2001/2004) già ritenute irricevibili per tardività, in particolare quanto alla mancata astensione del Preside della Facoltà, con affidamento “extra ordinem” al Rettore di ogni necessaria iniziativa in sede disciplinare e di autotutela;
d) violazione dell’art. 3, d.P.R. n. 117/2000; ancora eccesso di potere giurisdizionale per pronuncia resa “ultra petita partium”; difetto di motivazione, essendosi inopinatamente sostituito il Rettore (organo monocratico di amministrazione attiva) alla Commissione giudicante (organo collegiale formato da esperti delle varie materie).
Anche il D.M. si costituiva in giudizio proponendo appello incidentale improprio (sui motivi assorbiti in primo grado) per:
A. l’omessa condivisione delle censure circa la non valutabilità della terza pubblicazione della F., non definitivamente edita né circolante, in quanto mera bozza di stampa;
B. l’illegittimo conferimento alla F. delle docenze a contratto negli anni 2001/2004, in assenza di pubblicazioni specifiche e di adeguati suoi titoli didattici e professionali;
C. la carenza d’idonea pubblicità ai bandi per docenze a contratto e relative deliberazioni di conferimento, assunte con la partecipazione del patrigno della F., Preside della Facoltà;
D. la presenza di contrassegni sugli elaborati della F. idonei a permettere d’individuarne l’autrice (foglio aggiuntivo; riga in bianco), mentre il D.M. si sarebbe limitato ad alcune parole circondate da piccoli rettangoli (secondo un criterio coonestato pure dalla legge notarile);
E. l’ingiusta svalutazione del primo elaborato del D.M. di fronte all’abnorme sopravvalutazione delle prove scritte della F.;
F. il plagio e la contraffazione ravvisabili nella monografia della F., di cui il Tribunale civile di B. avrebbe addirittura inibito l’ulteriore pubblicazione;
G. l’identificabilità per numero d’ordine (da 1 a 3) delle buste contenenti le domande per la prova orale da sorteggiare tra i candidati.
Con ampia memoria riepilogativa e note d’udienza il D.M. illustrava ulteriormente le sue argomentazioni difensive, mentre la F. depositava note d’udienza e documenti, cui al D.M. non sarebbe stato aseritamente consentito di accedere.
La citata sentenza del T.a.r. Puglia veniva poi impugnata anche dalla F., che riprospettava doglianze analoghe a quelle già dedotte nel suo controricorso (v. supra) all’appello del Politecnico di B., il quale ultimo si costituiva in giudizio con la difesa erariale, che resisteva al gravame, come faceva anche il D.M. con i suoi difensori, che depositavano pure istanze istruttorie.
Lo stesso D.M. proponeva un proprio appello avverso la discussa pronuncia del T.a.r. di B., con successivo controricorso ed appello incidentale della F. (che vi deduceva sempre le medesime censure già in precedenza illustrate), nonché costituzione in giudizio del Politecnico di B. ed istanza cautelare istruttoria dell’appellante.
All’esito della pubblica udienza di discussione le tre vertenze passavano in decisione, dopo l’abbandono del relativo contenzioso cautelare (in camera di consiglio riunito al merito).

DIRITTO

1. – I tre appelli possono essere riuniti e decisi con un’unica sentenza, per la loro evidente connessione oggettiva e soggettiva.
2. – Tanto premesso, l’appello del Politecnico è fondato e va accolto, non potendosi condividere le statuizioni contenute nella pronuncia qui impugnata ed affetta da palese eccesso di potere giurisdizionale, manifestatosi sotto i numerosi profili di seguito posti in evidenza.
I primi giudici hanno, infatti, travalicato ampiamente i propri poteri in rapporto agli atti impugnati, avendo disposto un riesame di tutto quanto effettuato dalla Commissione giudicante, riconvocata per incarico espressamente affidato al Rettore dell’Ateneo, organo amministrativo monocratico investito di funzioni addirittura sostitutive di quelle collegiali valutative di stretta competenza della citata Commissione: il tutto, previe indicazioni cogenti del tutto esorbitanti dai poteri del T.a.r., che in tal modo si è indebitamente addentrato nel merito delle scelte effettuate dall’organo collegiale tecnicamente incaricato di adottare le valutazioni del caso.
In particolare, il nuovo deliberato invalidamente assunto dalla Commissione giudicatrice (illegittimamente investita di poteri esorbitanti), in dichiarata ottemperanza a quanto disposto dal T.a.r. Puglia con l’ordinanza n. 648/2005, non ha comportato l’improcedibilità dell’originario ricorso principale, che ha continuato a sussistere in rapporto al provvedimento rettorale che ha concluso in senso sfavorevole per il D.M. il procedimento selettivo, contro il quale questi era insorto coinvolgendo nell’impugnativa anche i pregressi atti endoprocedimentali, di esso costituenti l’obbligatorio presupposto.
Ciò detto, le prime due doglianze, dedotte dal ricorrente D.M. con l’atto introduttivo del giudizio ed intese a contestare l’avvenuta valutazione della monografia della F., devono ritenersi improponibili, in quanto coinvolgenti valutazioni di merito riservate alla p.a. procedente.
Lo stesso vale per il terzo motivo di ricorso, atteso che pure in riferimento all’articolo “Il diritto all’acqua e la posizione europea per la gestione del patrimonio idrico”, la sua non valutabilità, in quanto ancora in corso di stampa alla scadenza del termine finale fissato dal bando, avrebbe potuto desumersi solo da un’espressa previsione di quest’ultimo in tal senso.
La stessa censura, in quanto diretta ad escludere la valutabilità anche dell’articolo “L’OMS verso un sistema di tutela integrata”, è invece priva di pregio per la stessa ragione che ha indotto il T.a.r. a ritenere valutabile l’articolo del D.M. pubblicato sulla “Rivista critica del diritto privato”, avendo la F. depositato in giudizio un estratto del suo lavoro, che risulta pubblicato nel numero di dicembre 2003 della “Rivista IRRE.net”, organo ufficiale dell’ Istituto regionale di ricerca educativa.
Doppiamente inammissibile è il quarto motivo di doglianza, dedotto con il ricorso originario e ripreso con i motivi aggiunti notificati il 15 -18 luglio 2005: infatti, attiene al merito, in quanto espressiva di discrezionalità tecnica, e soggiace quindi al sindacato del giudice della legittimità solo sotto il limitato profilo della manifesta irragionevolezza, la verifica in ordine alla maggiore coerenza con il profilo professionale del ricercatore universitario dell’attività che il ricorrente principale assume di aver svolto presso le cattedre di diritto dell’Unione europea delle Facoltà di giurisprudenza e di economia dell’ Università degli studi di B., nella qualità di organizzatore di seminari e di tutor degli studenti, rispetto a quella di insegnamento che la F. ha documentato di aver svolto negli anni 2001-2004, dapprima in “Elementi di cultura europea e tecniche di comunicazione scritta” e, successivamente, in “Normativa europea”, presso la II Facoltà di ingegneria, con sede in Taranto, a seguito di incarichi di docenza a contratto di diritto privato a lei affidati dal Consiglio di Facoltà, tenuto conto del ruolo complementare che qualsiasi attività universitaria svolge rispetto a quella di docenza, cui anche il ricercatore risulta attualmente chiamato per effetto della legge 14 gennaio 1999 n. 4.
Irricevibili (più che inammissibili) per tardività sono anche le censure dedotte dal D.M. avverso il modo con il quale il Consiglio della II Facoltà di Ingegneria di Taranto aveva provveduto a conferire gli incarichi di insegnamento alla F., in asserita violazione sia dell’art. 1, regolamento per la disciplina dei professori a contratto (d.r. 7 luglio 1999 n. 332) sia delle norme generali circa il dovere di astensione per conflitto d’interessi.
Conseguentemente, i provvedimenti di conferimento degli incarichi di insegnamento alla F. devono ritenersi divenuti ormai inoppugnabili per omesso gravame nei termini decadenziali fissati dall’art. 21, legge n. 1034/1971, e decorrenti dalla loro pubblicazione, documentalmente avvenuta e comprovata.
Ed invero l’insorgenza dell’ interesse all’impugnazione (in capo al D.M.), a distanza di tempo dalla data di adozione dell’atto asseritamente lesivo, non comporta la reviviscenza del diritto di azione e, quindi, la riapertura dei termini di impugnazione, in palese contrasto con la ratio sottesa alla natura decadenziale ad essi assegnata (garantire la certezza dei rapporti giuridici).
Nella specie la II Facoltà di Ingegneria aveva assicurato alle deliberazioni del suo Consiglio la pubblicità legale prescritta, con la conseguenza che qualsiasi aspirante all’incarico di docenza era stato messo in condizione di partecipare alla procedura comparativa.
Il D.M. non si è preoccupato di assumere le necessarie informazioni sui posti di docente vacanti e disponibili ovvero, benchè a conoscenza delle iniziative della Facoltà, ha ritenuto di non prendere parte alla selezione sulla base di una personale valutazione: la circostanza che successivamente detto calcolo si sia dimostrato errato non basta a legittimarlo a proporre censure che avrebbero dovuto esser dedotte tempestivamente.
Per analoghe ragioni è infondata la censura (proposta dal D.M. nella prima parte del secondo motivo aggiunto e) vòlta a denunciare il persistente abuso commesso dalla Commissione nel valutare la docenza svolta dalla F. in base ad atti palesemente illegittimi, risultando corretta l’affermazione della Commissione di “non essere titolata sotto alcun profilo a valutare la legittimità di atti amministrativi adottati dai competenti organi accademici”, e tanto meno di essere autorizzata “a non prenderli in considerazione” prima della loro eventuale rimozione nelle competenti sedi amministrativa o giurisdizionale, non spettando comunque al giudice della legittimità stigmatizzare d’ufficio comportamenti asseritamente illegittimi affinché vengano opportunamente sanzionati nelle competenti sedi disciplinari.
Analogamente, l’errore imputato ex officio alla Commissione per avere la stessa ritenuto valutabile anche il primo incarico di insegnamento svolto dalla F. ed avente ad oggetto “Tecniche di comunicazione scritta ed elementi di cultura europea”, raffrontato con la materia oggetto della procedura selettiva (“Diritto dell’ Unione europea”), alla luce del criterio della congruenza fissato dall’art. 7, co. 3, lett. c) del bando, si rivela ininfluente, non essendo stato fatto oggetto di specifica censura.
La disamina del quinto motivo di doglianza dedotto dal D.M. con l’atto introduttivo del giudizio e con il primo dei suoi motivi aggiunti, esaminabili congiuntamente per lo stretto collegamento esistente fra le relative censure, non può che dipendere dalla circostanza che nel caso in esame sei dei sette motivi di doglianza dal medesimo prospettati miravano a contestare, sotto vari profili, la posizione privilegiata asseritamente ritenuta illegittimamente precostituita dalla Commissione in favore della F., per garantirle il posto messo a concorso.
Solo con il quinto motivo il D.M. deduceva l’inadeguata valutazione dei titoli da lui presentati, onde ottenere dal giudice adìto il riconoscimento del suo diritto ad una revisione in melius del giudizio, ancorché largamente positivo, espresso dalla Commissione sui suoi titoli scientifici e didattici: giudizio favorevole che, in quanto fondato su valutazioni di stretto merito amministrativo, sfugge per definizione al controllo giurisdizionale, spettando alla esclusiva competenza della Commissione esaminatrice, il che rende infondata pure la censura dell’ ingiustificata disparità di trattamento.
Dunque, destituito di ogni fondamento appare anche il quinto dei motivi proposti con il gravame introduttivo, specie nella parte intesa a denunciare il giudizio di equivalenza reso ai fini valutativi dalla Commissione fra il dottorato di ricerca in “Diritto internazionale e dell’Unione europea”, svolto dal D.M. e ritenuto dalla stessa Commissione “pienamente coerente con il Settore scientifico disciplinare di diritto dell’ Unione europea (SSD IUS 14)”, e quello interfacoltà svolto dalla F. in “Medicina, ambiente, salute”, ritenuto “più generico” ma posto sullo stesso piano del primo, sul rilievo per cui nella Facoltà di ingegneria di Taranto l’insegnamento del diritto dell’Unione europea risulterebbe tenuto presso il corso di laurea in “ingegneria dell’ambiente e del territorio”: circostanza di mero fatto palesemente ininfluente a fini valutativi, non risultante nè dal bando relativo alla procedura selettiva in esame né dai documenti versati in causa dal Politecnico.
Infondate sono pure le censure dedotte con i motivi sesto e settimo dell’atto introduttivo, esaminabili congiuntamente per l’intrinseca interdipendenza e vòlte a contestare la c.d. “personalizzazione”, da parte della Commissione, dei quesiti oggetto della prova orale, con la predisposizione per ogni candidato di una rosa di domande, entro cui sorteggiare quella oggetto della prova d’esame.
Indubbiamente, la relativa discrezionalità non si estende fino a consentire alla Commissione di articolare le singole domande su misura di ciascun candidato, con palese violazione della regola fondamentale della par condicio; deve peraltro ricordarsi che l’art. 12 d.P.R. 9 maggio 1994 n. 487, risulta essere stato successivamente modificato dall’art. 10, d.P.R. 3 ottobre 1996 n. 693, recante l’obbligo di predisporre per le prove orali i quesiti da porre ai “singoli” candidati per ciascuna materia d’esame, il che esclude ogni ipotizzata illegittimità nel correlativo operato della Commissione.
Privo di pregio si configura poi anche il secondo motivo aggiunto dedotto dal D.M., attinente alla borsa di studio ottenuta dalla F. a seguito dell’ammissione al dottorato di ricerca e che, ai sensi dell’art. 4, comma 5, legge 3 luglio 1998 n. 210, recante norme per il reclutamento dei ricercatori e dei professori universitari di ruolo, pur non ricollegandosi automaticamente all’ammissione al dottorato di ricerca (presupponendo una previa valutazione comparativa di merito), può ritenervisi implicitamente ricompresa ove, di fatto, risulti comunque ottenuta, sia pure quale titolo autonomo e distinto rispetto all’ammissione al corso di dottorato (suscettibile di valutazione aggiuntiva), il suo possesso potendosi ritenere tempestivamente incluso nel curriculum della F., in quanto titolo distinto ma inscindibilmente riconducibile al dottorato e non conseguibile aliunde, in base ad un’interpretazione del bando intesa a privilegiare il valore sostanziale dei vari candidati.
Va poi disattesa anche la settima censura, dedotta nell’atto introduttivo e ripresa con ulteriori argomentazioni con il quarto motivo aggiunto, avverso la valutazione comparativa delle prove scritte dei due concorrenti che, resa in termini sostanzialmente identici in occasione del primo esame, sarebbe stata illegittimamente differenziata in sede di riesame, sempre al fine di difendere ad ogni costo la posizione poziore già riconosciuta alla F., mediante la esasperata ricerca di aggettivazioni che, presenti nell’originario giudizio, avrebbero dovuto costituire la riprova delle superiori qualità degli elaborati di quest’ultima rispetto a quelli del ricorrente principale: la riscontrata illegittimità del disposto riesame toglie, infatti, ogni pregio pure a tale doglianza, rammentandosi che già in prima battuta la Commissione aveva all’unanimità riconosciuto che l’argomento, oggetto della seconda prova, era stato trattato dal D.M. “in maniera chiara e ricca di osservazioni approfondite e pertinenti” e, dalla F., “in maniera puntuale e completa, con l’arricchimento di interessanti spunti critici” (dunque, in termini obiettivamente e sostanzialmente equivalenti).
3. – A questo punto, la riscontrata fondatezza dell’appello del Politecnico implica (per analoghe ragioni e fermo restando che le medesime valgono a far disattendere ogni ulteriore censura dedotta dal D.M. e non espressamente fin qui considerata) il rigetto dei controricorsi e degli appelli incidentali dell’originario ricorrente e della F., con correlativa improcedibilità dei rispettivi appelli principali (fondati su analoghe argomentazioni, disattese proprio per avere il collegio già accolto quello dell’Ateneo, basato su contrapposte ragioni).
In proposito (e riassuntivamente) deve solo osservarsi (per i vari aspetti ivi posti in luce) che, nelle procedure concorsuali indette per la copertura di posti di pubblico impiego, la regola dell’anonimato degli elaborati scritti non può essere intesa in modo tassativo ed assoluto, tale da comportare l’invalidità delle prove ogni volta che sussista un’astratta possibilità di riconoscimento, perché, se così fosse, sarebbe impossibile svolgere concorsi per esami scritti, giacchè non si potrebbe mai escludere a priori che un commissario sia in condizione di riconoscere una particolare modalità di stesura (il numero di pagine; il colore dell’inchiostro; la grafia in corsivo; la divisione in colonne o paragrafi; un’eventuale sottolineatura; ecc.); occorre, invece, l’esistenza di elementi atti a comprovare in modo inequivoco l’intenzione del concorrente di rendere riconoscibile il proprio elaborato (C.d.S., V, 26 settembre 2000 n. 5098).
Al che deve solo aggiungersi, in relazione alle problematiche connesse alla riscontrata partecipazione del Preside della Facoltà, patrigno della F., alle sedute dedicate al conferimento degli incarichi di docenza a contratto, come le stesse potessero risolversi mediante un accorto uso degli strumenti dell’astensione e della ricusazione (artt. 47 e 48, r.d. n. 642/1907, ed art. 51, c.p.c.), pacificamente applicabili pure ai procedimenti amministrativi, per cui, ove se ne sia omessa l’utilizzazione, il tutto non può formare più oggetto neppure di specifici motivi di censura in ulteriori gradi di giudizio: nella specie, non avendo il D.M. ricusato il professor L. a tempo debito, lo stesso non risulta successivamente legittimato (per acquiescenza) a dolersi del suo operato relativo agli incarichi di docenza contrattuale de quibus, affidati nelle discusse occasioni alla F. .
D’altra parte, quanto alle pubblicazioni asseritamente plagiate, la relativa argomentazione prova troppo, dato che in circolazione non esiste probabilmente alcun testo in cui nessun periodo, frase, parola o locuzione possa ricondursi ad altro scritto, alla quale difficoltà solo in piccola parte può rimediarsi con il sistema della c.d. virgolettatura, la cui omissione potrebbe tutt’al più implicare eventuali conseguenze di ordine disciplinare, con ogni evidenza esulanti dalle competenze della Commissione esaminatrice, le cui valutazioni di merito circa l’originalità di uno scritto non sono sindacabili in sede giurisdizionale amministrativa, salvo che si tratti di un caso di conclamata fotocopiatura più o meno integrale da altra opera.
Infine, non vi è motivo per non ritenere valutabile ai fini concorsuali il testo sottoposto all’esame della Commissione.
Invero, può ritenersi di regola condivisibile la premessa da cui parte la Commissione e, cioè, che “sarebbe arduo ed improbo il lavoro dei commissari, se si dovesse richiedere loro di procedere all’acquisizione ed al controllo al setaccio della letteratura italiana e straniera esistente nella materia dei titoli scientifici dei candidati”, a nulla rilevando il fatto che nel caso in esame tale verifica risultasse asseritamente facilitata, atteso che il D.M., più che riportare e raffrontare le pagine della monografia definitiva della F. (quella, cioè, finita di stampare nel settembre 2004) con le pagine degli scritti di autori diversi (che egli assumeva essere state addirittura scannerizzate nella suddetta monografia), avrebbe magari potuto evidenziare, al riguardo, le concrete ragioni della prospettata valenza negativa dell’accaduto (per non avere la F. virgolettato i brani tratti da scritti altrui e non averne citato i rispettivi autori) nella valutazione di merito del citato testo: il che non è avvenuto in termini apprezzabili.
Conclusivamente, l’appello principale del Politecnico dev’essere accolto, con annullamento dell’impugnata sentenza e rigetto del gravame di prima istanza del D.M., nonché dei controricorsi e degli appelli incidentali della F. e del D.M. stesso (divenendo così correlativamente improcedibili i loro appelli principali), mentre le spese del doppio grado di giudizio possono integralmente compensarsi per giusti motivi tra le parti costituite, tenuto anche conto delle peculiarità della fattispecie e delle alterne vicende processuali.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione sesta,
– accoglie l’appello principale del Politecnico di B.;
– respinge gli appelli incidentali e dichiara improcedibili quelli principali di M. F. ed A. D.M.;
– riforma l’impugnata sentenza;
– respinge il ricorso di primo grado di A. D.M.;
– compensa tutte le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

(omissis)