Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

Olir

Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 30 Settembre 2003

Sentenza 09 dicembre 1992, n.421

Tar Umbria. Sentenza 9 dicembre 1992, n. 421.

Rosa; Mollica)

Diritto

La Congregazione cristiana dei Testimoni di Geova impugna il provvedimento con cui è stata denegata l’ammissione al beneficio previsto dal D.P.G.R. 24 dicembre 1986 n. 719 relativamente alla destinazione di una quota dei proventi di cui alla L. 28 gennaio 1977 n. 10 per Chiese ed altri edifici per servizi religiosi.
Rileva il Collegio che il precitato D.P.G.R. prevede la destinazione dei detti proventi previa intesa con gli Enti religiosi istituzionalmente competenti; con tale espressione la Regione dichiaratamente intende riferirsi, ai detti fini, agli enti di culto cattolico e non, riconosciuti dall’ordinamento italiano, a condizione, peraltro, che abbiano stipulato intese con lo Stato italiano ex art. 8, terzo comma Cost.: donde la necessitata esclusione dai benefici della Congregazione odierna ricorrente, in quanto – sia pure riconosciuta dallo Stato con D.P.R. 31 ottobre 1986 n. 783 – tuttora in attesa della definizione delle “intese” ex art. 8 cit.
Va osservato in proposito che l’avvenuto riconoscimento della Congregazione di cui trattasi qualifica certamente la posizione della stessa rispetto ad altre Confessioni acattoliche, stante l’attribuzione della personalità giuridica nell’ordinamento italiano; ma tale prerogativa non costituisce condizione sufficiente ai fini della instaurazione di rapporti anche con lo Stato italiano che, ai sensi della richiamata norma costituzionale, sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze. In assenza di tali “intese”, quindi, non è configurabile, nel vigente sistema, possibilità alcuna di relazione giuridica con lo Stato né, a maggior ragione, una “previa intesa” con il Comune di cui al D.P.G.R. precitato.
In tal senso, l’interpretazione regionale si palesa corretta, riferendosi a quei soli enti religiosi che sono abilitati per legge ad entrare in relazione con lo Stato.
Ma l’interpretazione regionale appare altresì conforme al testo del decreto di cui trattasi, essendo implicita nel disposto stesso – in quanto normativamente prescritta – la condizione della rispondenza dell’ente religioso acattolico ai requisiti di cui all’art. 8, terzo comma, Cost.
E che nella specie si verta nell’ipotesi di “rapporti” con l’ordinamento statuale, nel senso indicato dalla disposizione costituzionale, trattandosi di devoluzione di somme introitate da un Ente pubblico nel medesimo incardinato, non sembra revocabile in dubbio.
Né sussiste la dedotta violazione delle norme costituzionali richiamate in ricorso: è infatti la disposizione di pari rango dell’art. 8 che, per lo specifico profilo dell’instaurazione di rapporti tra lo Stato e le confessioni acattoliche, reca il limite della previa intesa.
Nulla per le spese, non essendosi costituite le Amministrazioni intimate.