Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 12 Ottobre 2005

Sentenza 09 giugno 2000, n.5397

Consiglio di Stato. Sezione Sesta. Sentenza 9 giugno 2000, n. 5397: “Equiparazione giuridica tra insegnanti di religione con incarico annuale e docenti assunti con contratto a tempo indeterminato”.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello proposto dal Comune di Milano, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti M. R. S., E. S. e F. P., ed elettivamente domiciliato presso quest’ultimo in Roma, …,

contro

F. M., P. S. e D. R., rappresentate e difese dall’avv. N. C., con elezione di domicilio presso la Segreteria del Consiglio di Stato in Roma,…;

per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sez. II, n. 2184 del 17.6.1999, resa inter partes.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio delle appellate;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del 9 giugno 2000, relatore il Consigliere Giuseppe Romeo, uditi l’avv. P. e l’avv. R. per delega dell’avv. C.;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

FATTO

Con l’appellata sentenza, il TAR Lombardia ha statuito l’illegittimità della disposizione di cui alla deliberazione della Giunta Comunale di Milano n. 3423 del 30.7.1996 (“Provvedimenti per l’avvio dell’attività delle civiche scuole secondarie 1996/1997”), che illegittimamente nega ai docenti di religione la vigenza dei contratti annuali sino al 31 agosto dell’anno scolastico di riferimento, e, di conseguenza, ha affermato il diritto delle ricorrenti, insegnanti di religione presso il Civico Liceo Linguistico … da diversi anni, alla ricostruzione economica e giuridica delle posizioni lavorative (con gli accessori di legge) in relazione al termine di scadenza contrattuale (31 agosto).
Di questa sentenza, il Comune di Milano chiede la riforma con l’odierno appello.
Resistono le appellate, contestando la fondatezza del ricorso.
All’udienza del 9 giugno 2000, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Il TAR Lombardia, su impugnativa delle ricorrenti, insegnanti di religione presso il Civico Liceo Linguistico … , ha statuito l’illegittimità della deliberazione n. 3423 del 30.7.1996 (“Provvedimenti per l’avvio delle attività delle civiche scuole secondarie per l’anno 1996/1997”), nella parte in cui stabilisce la vigenza dei contratti annuali dei docenti di religione al 30 giugno 1997, piuttosto che al 31 agosto 1997, affermando, al contempo, il diritto alla ricostruzione economica e giuridica delle posizioni lavorative delle interessate (con gli accessori di legge), in relazione al citato termine contrattuale (31 agosto).
Il primo giudice, dopo aver premesso che non è in discussione la peculiarità dell’insegnamento della religione cattolica, disciplinato dall’accordo tra lo Stato italiano e la Santa Sede (l’incarico annuale per l’insegnamento della religione cattolica avviene a seguito d’intesa tra il capo d’istituto e la competente autorità ecclesiastica, titolare di un potere fiduciario sul nominativo prescelto), ha individuato nella normazione di settore (legge n. 824/1930 e CCNL del Comparto Scuola) una linea di tendenza, ispirata all’esigenza di offrire agli insegnanti di religione le medesime garanzie, proprie degli altri docenti, assunti con contratto a tempo indeterminato. Il previsto rinnovo automatico, in assenza di cause ostative, della nomina sui posti disponibili, con ogni conseguenza in termini di status, comporta, infatti, una sostanziale equiparazione giuridica tra insegnanti di religione con incarico annuale e docenti assunti con contratto a tempo indeterminato (in questo senso depone la mancanza di un ruolo separato e speciale per i docenti di religione cattolica, ved. parere C.C., sez.II 1931/96 del 16.10.1996).
Da questa considerazione, il TAR ha tratto la conseguenza che la determinazione del Comune di Milano di modificare il termine di scadenza dell’incarico annuale per l’insegnamento della religione, da sempre individuato al 31 agosto, riducendolo al 30 giugno, appare “illegittima e priva di razionale sostegno”, venendo in tal modo realizzata “una discriminazione restrittiva e peggiorativa” rispetto agli altri docenti (anche non di ruolo), la quale, piuttosto che tendere ad una sostanziale parità di trattamento tra insegnanti, accentua le differenze, operando peraltro una reformatio in pejus, che non può essere giustificata dalla temporaneità e revocabilità dell’incarico di insegnamento della religione, le quali non incidono sulla scadenza annuale dell’incarico (12° mese ovvero 10° mese).
2. Il Comune di Milano non condivide queste conclusioni, sostenendo che il rapporto di impiego degli insegnanti di religione è un rapporto precario, condizionato dall’assenso diocesano, e che, in virtù di questa precarietà, si giustifica l’apposizione di un termine al rapporto di lavoro delle ricorrenti. Il contratto collettivo di lavoro del comparto scuola, richiamato dal primo giudice, esprime soltanto una linea di tendenza verso una maggiore stabilità della posizione degli insegnanti di religione, e, in ogni caso, questo riferimento al CCNL del Comparto scuola non appare pertinente, dovendosi applicare nella specie il CCNL Enti Locali, che, per quanto riguarda le Scuole Civiche, prevede che i docenti possano essere assunti a tempo determinato ovvero a tempo indeterminato, senza dettare una disciplina specifica per gli insegnanti di religione. Da questo, secondo il Comune di Milano, consegue che la normativa applicabile al contratto di lavoro degli insegnanti di religione non può che essere quella di cui all’art. 16 del CCNL EE.LL., che definisce le modalità dell’assunzione a tempo determinato.
In questo senso, diversamente da quanto sostenuto dal TAR, nessuna “discriminazione restrittiva e peggiorativa” sarebbe stata operata dall’Amministrazione Civica con la prevista scadenza al 30 giugno dell’incarico di docenza religiosa, essendo state le ricorrenti assunte con un contratto a tempo determinato su posto vacante, del tutto simile agli altri docenti assunti con contratto a tempo determinato, secondo quanto previsto dalla deliberazione impugnata (n. 3423/1996), attuativa di precedenti accordi sindacali sul personale precario docente ed educativo delle Civiche istituzioni scolastiche, i quali non hanno distinto la posizione degli insegnanti precari di religione cattolica da quella degli altri insegnanti. Per cui, del tutto correttamente i Piani di Funzionamento degli anni scolastici 1996/97, 97/98, 98/99, 99/2000 hanno stabilito un trattamento uniforme per tutto il personale docente precario – ruolo 281 – pari a 319 unità, senza alcuna distinzione, tra l’altro neppure prevista dal CCNL EE.LL., unica fonte pattizia di riferimento.
Il Comune di Milano conclude, assumendo l’illogicità della motivazione della sentenza impugnata, laddove sottolinea “l’irrazionalità del comportamento del Comune”, il cui operato è giudicato “confuso”, a motivo della modifica del termine del 30 giugno, indicato nella delibera impugnata, che è stato posticipato al 31 luglio in sede di stipula dei contratti individuali. Tale modifica è, infatti, intervenuta a seguito di una nuova deliberazione, assunta con il pieno accordo delle OO.SS..
3. L’appello è infondato.
Va anzitutto osservato che la proposizione finale della sentenza impugnata sulla “irrazionalità del comportamento del Comune di Milano”, che, procrastinando il termine del 30 giugno al 31 luglio in sede di stipula dei singoli contratti, dimostra di operare “in modo confuso, disapplicando parzialmente le sue stesse (illegittime) norme generali” (deliberazione n. 3423/96), non è decisiva al fine della soluzione della questione sottoposta all’esame del Collegio.
Con questa proposizione, infatti, si è solo voluto esprimere ad abundantiam una valutazione sul “comportamento del Comune di Milano”, che, alla luce dei chiarimenti forniti dalla difesa comunale, pare più rispondere ad una logica attenta al rispetto degli accordi sindacali (in attuazione dei quali è stato prima fissato, e poi variato il termine iniziale del 30 giugno), che alla peculiarità dell’insegnamento della religione cattolica, ricondotto, in omaggio ad un’uniformità di trattamento con gli altri docenti assunti a tempo determinato, nell’ambito di una disciplina (art.16 del CCNL EE.LL.), che finisce per eliminare quella peculiarità, anch’essa riconosciuta dall’Amministrazione.
Resta da stabilire se l’assimilazione degli insegnanti di religione agli altri docenti a tempo determinato, per supplenza annuale su posto vacante, che il Comune ha operato con la deliberazione impugnata, possa essere considerata legittima, come lo stesso ritiene, a motivo dell’assenza di una disciplina specifica, rinvenibile nel CCNL EE.LL.. Questo, infatti, non prevedendo distinzioni tra gli insegnanti assunti con contratto a tempo determinato, non consente di affermare che la scadenza del contratto degli insegnanti di religione prima al 30 giugno (e poi al 30 luglio) abbia realizzato una disparità di trattamento, o meglio “una discriminazione restrittiva e peggiorativa degli insegnanti di religione rispetto alle posizioni di altri insegnanti (anche non di ruolo)”.
La disparità di trattamento, ovvero la discriminazione degli insegnanti di religione non può però essere misurata con riferimento alla posizione degli altri colleghi assunti con contratto a tempo determinato, ma va riguardata in relazione alla peculiarità dell’insegnamento della religione cattolica, la quale, se da una parte, condiziona lo status del docente di questa materia, nel senso che questo non può essere inserito stabilmente nell’organico dei docenti, dall’altra, vale a configurare l’incarico annuale degli insegnanti di religione in modo tale che questo non sia riconducibile al rapporto di lavoro a tempo determinato.
Secondo la Corte Costituzionale (ved. sentenza n. 390 del 22.10.1999), infatti, la precarietà degli insegnanti di religione (su cui tanto insiste il Comune di Milano) non può dirsi assoluta, dal momento che l’attuale disciplina (art. 309 del D.Lgs. 16 aprile 1994 n. 297; art. 47 del contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto scuola) “prevede che l’incarico annuale degli insegnanti di religione si intende confermato qualora permangano le condizioni e i requisiti prescritti, assimilando questo incarico, con le specificità ad esso proprie, al rapporto di lavoro a tempo indeterminato, anche quanto alla progressione economica (art. 53 della legge 11 luglio 1980, n. 312)”.
Anche per questo, tra le possibili soluzioni, la scelta dell’incarico annuale, quale strumento di provvista del personale docente di materia religiosa, non presenta aspetti di manifesta arbitrarietà né di palese irragionevolezza, in relazione alla peculiarità dell’insegnamento.
La comune disciplina scolastica riserva, dunque, al docente di religione, pur incaricato annualmente, un trattamento diverso rispetto a quello degli altri docenti assunti a tempo determinato, dal momento che – come detto – è prevista la conferma dell’incarico “qualora permangano le condizioni ed i requisiti prescritti dalle vigenti disposizioni” (art.47, comma 6, cit.).
Il Comune di Milano ritiene errato il riferimento a questa disciplina, perché nella specie andrebbe applicato l’art. 16 (“Assunzioni a tempo determinato”) del CCNL EE.LL.. In questo articolo vengono, infatti, specificati i casi in cui l’Amministrazione, “in applicazione e ad integrazione di quanto previsto dalla legge 18 aprile1962 n. 230 e successive modificazioni e dall’art. 23, comma 1, della legge 28 febbraio 1987 n. 56”, può stipulare contratti individuali di lavoro per l’assunzione a tempo determinato.
La tesi non convince.
In verità, il CCNL EE.LL., come riconosce lo stesso Comune di Milano, non prescrive che nelle scuole civiche il docente di materia religiosa debba essere assunto con contratto di lavoro a tempo determinato, secondo lo schema di cui al citato art. 16, e neppure esclude che l’Amministrazione possa stipulare un tale contratto.
Ma, la scelta di assumere gli insegnanti di religione con un contratto a tempo determinato, con una decorrenza iniziale e con un termine finale, del tutto identico a quello stipulato con altri docenti, anch’essi assunti con contratto a tempo determinato, non appare congrua con la configurazione che l’incarico annuale per l’insegnamento della religione cattolica, previsto dall’art. 309 del D.Lgs. n. 297/1994, è venuta ad assumere nella comune disciplina scolastica (art. 47, comma 6 del CCNL del Comparto scuola), la quale configurazione ha indotto la Corte Costituzionale ad escludere che la condizione degli insegnanti di religione sia di assoluta precarietà.
In questa normazione, pur propria dei docenti di religione cattolica nelle scuole statali, è delineata una forma (l’unica possibile, al momento, in assenza di interventi legislativi) di stabilità dell’insegnante di religione cattolica mediante la conferma automatica dell’incarico annuale, che configura lo status di quest’ultimo in modo diverso da quello degli altri insegnanti, assunti con contratto a tempo determinato.
Tale particolare configurazione dello status del docente di religione cattolica è connessa alla peculiarità dell’insegnamento, e non alla scuola (statale ovvero civica) presso la quale questo insegnamento viene svolto.
In questo senso, appare priva di una giustificazione valida la scelta del Comune di Milano di avvalersi della normativa, di cui al menzionato art. 16 CCNL EE.LL., che disciplina ipotesi (del tutto estranee alla vicenda in esame) in cui è possibile stipulare contratti individuali per l’assunzione di personale a tempo determinato: sostituzione del personale assente; sostituzione di personale assente per gravidanze e puerperio; assunzioni stagionali; temporanea copertura di posti vacanti.
Peraltro, come esattamente rilevato dal primo giudice, una tale scelta ha indubbi riflessi negativi sullo status degli insegnanti di religione, che, accomunati nel medesimo regime degli altri docenti assunti a tempo determinato, non vedono attenuare la diversità tra la loro posizione e quella degli altri colleghi con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, quanto piuttosto aumentare le differenze, in assenza di ragioni connesse alle specificità proprie dell’insegnamento della religione cattolica.
L’appello va, pertanto, respinto.
Sussistono motivi per disporre la compensazione delle spese.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge l’appello in epigrafe. Compensa le spese.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.