Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 21 Gennaio 2007

Sentenza 10 gennaio 2007, n.39

TAR Abruzzo. Sentenza 10 gennaio 2007, n. 39: "Chiese aperte al culto pubblico appartenenti a privati".

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo – Sezione staccata di Pescara

ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

sul ricorso n. 683/2001 proposto dal signor E. B.,
rappresentato e difeso dall’Avv. Prof. Stefano Civitarese Matteucci, con domicilio eletto in Pescara, presso il suo studio, via G. D’Annunzio, 24

c o n t r o

il Comune di …, in persona del Sindaco p.t.,
rappresentato e difeso, in virtù di deliberazione di G.M. n.203/2001, dall’Avv. Marcello Russo, con domicilio eletto in Pescara, nel suo studio, via V. Colonna, n.31, nonché

nei confronti

della Provincia di Chieti, n. c.

per l’annullamento

parziale o totale del Piano Regolatore generale del Comune, approvato con deliberazione del C.C. n.36 del 3.8.2001, pubblicata sul BURA n.18 del 19.9.2001;

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del 21 dicembre 2006 il magistrato, Consigliere Luciano Rasola;

Uditi, altresì, i difensori delle parti costituite come da verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

F A T T O

Espone il ricorrente di essere proprietario nel Comune di … di un compendio immobiliare, costituito da un palazzo di pregio storico con annessa area pertinenziale di circa mq. 1000, nonché dalla adiacente chiesa di San …, anch’essa di valore storico.

In base al previgente Programma di fabbricazione i suddetti immobili avevano la destinazione residenziale di completamento con un indice edificatorio pari a 1,5 mc/mq.

Con deliberazione consiliare n.50 del 18.10.2000 il Comune ha adottato un nuovo PRG che destina gli immobili del ricorrente ad attrezzature pubbliche, destinazione mantenuta, nonostante le osservazioni prodotte dall’interessato, in sede di approvazione definitiva intervenuta con l’atto n.36 del 3.8.2001.

In particolare, secondo le cartografie di Piano, il terreno e la chiesa sono classificati come “attrezzature esistenti” ed “attrezzature di progetto” F ed F1 e contraddistinti dal simbolo “CH” che sta per chiese.

All’art. 28 delle NTA tali lettere sono riferite ad una “zona per attrezzature e servizi pubblici (F) e (F1)”.

Secondo tale norma “tali zone sono destinate a servizi ed attrezzature di uso pubblico quali scuole, chiese, centri culturali, sanità e assistenza. Il piano si attua attraverso intervento diretto con i seguenti indici…”.

Si consentono inoltre le destinazioni d’uso di cui alle categorie G, I ed R individuate dall’art.14 delle stesse norme tecniche e cioè “servizi pubblici di interesse urbano locale (ENEL, NU, autotrasporti, ecc.): “servizi privati d’interesse pubblico (scuole, case di cura, impianti sportivi, ecc.) “esercizi commerciali all’ingrosso”.

L’atto impugnato viene ritenuto lesivo degli interessi del ricorrente, che con il primo motivo di gravame denuncia la perplessità delle previsioni relative al terreno di sua proprietà, in quanto non si comprende se le attrezzature elencate possano essere realizzate da privati o meno, non essendo chiaro se si sia inteso con la previsione delle attrezzature di cui alla zona F – F1 apporre vincoli destinati all’espropriazione.

Nel primo caso verrebbe meno l’interesse del ricorrente, che potrebbe ritenersi soddisfatto, per cui il ricorso potrebbe essere dichiarato inammissibile per difetto d’interesse, stante l’inesistenza di vincoli preordinati all’esproprio.

Con un secondo motivo si deduce la violazione dell’art.41 quinquies, penultimo e ultimo comma, della L.1150/1942, perché, se l’art. 28 citato è da intendere nel senso che non prevede un vincolo preordinato all’esproprio, l’intero PRG sarebbe illegittimo, in quanto la dotazione minima degli standards urbanistici, che, secondo l’art. 10, lett.f) delle NTA avviene essenzialmente nelle zone F-F1, sarebbe rimessa tutta all’iniziativa dei privati e costituita esclusivamente da attrezzature private.

Si deduce poi il vizio di eccesso di potere per errore nei presupposti e travisamento dei fatti, in quanto, se la previsione di PRG comporta un vincolo espropriativo, detta previsione, con cui si vorrebbe ampliare la chiesa su parte del giardino, è illegittima perché non considera che la chiesa non è una parrocchia, ma solo un luogo di culto di proprietà del ricorrente, aperto al pubblico. Con tale previsione si priverebbe il palazzo dell’area pertinenziale costituita dal giardino, che costituisce una sua parte essenziale e caratterizzante.

Altra censura riguarda la violazione dell’art. 10 della L.R. n.18/1983 e l’eccesso di potere per contraddittorietà e perplessità, ove si consideri che in sede di controdeduzione alla osservazione del ricorrente, si riconosce, con la deliberazione consiliare n.16 del 9.4.2001, la necessità di “conservazione dello stato di fatto limitatamente alla pertinenza del fabbricato e alla viabilità interna, fermo restante la destinazione di progetto”. Si rileva che, se la destinazione di progetto è quella rilevabile dalle previsioni relative alle attrezzature di uso pubblico, essa è incompatibile con il mantenimento dello stato di fatto.

Si denuncia poi, con il quinto motivo dedotto, la mancata acquisizione dell’intesa con l’Amministrazione preposta alla tutela dei beni culturali, in violazione dell’art. 10.4, L.R. 18/1983.

Con il sesto e ultimo motivo infine si rileva l’illegittimità dell’atto di approvazione del PRG per il mancato recepimento della prescrizione imposta dalla Sopraintendenza archeologica di Chieti, secondo cui qualsiasi intervento interessante il sottosuolo deve essere assoggettato alla preventiva autorizzazione di detta Amministrazione.

Si è costituito in giudizio il Comune intimato che eccepisce la tardività del ricorso, il difetto di interesse a ricorrere e, nel merito, la sua infondatezza.

La causa è stata trattenuta in decisione nell’udienza pubblica del 21 dicembre 2006.

D I R I T T O

Preliminarmente va esaminata l’eccezione di tardività del ricorso mossa dalla difesa del Comune.

L’eccezione è infondata.

La deliberazione impugnata n.38 del 3.8.2001, di approvazione definitiva del Piano regolatore generale del Comune, è stata pubblicata all’albo pretorio fino al 24.8.2001 e sul BURA n.18 del 19.9.2001.

Il ricorso, notificato il 16.11.2001 al Comune e alla Provincia di Chieti, risulta tempestivamente notificato, posto che la data da considerare ai fini della decorrenza del termine per l’impugnativa è quella della pubblicazione del Piano sul BURA e non quella, anteriore, della scadenza della pubblicazione all’Albo pretorio del Comune (TAR Marche, 6.12.2001, n.1241).

In tal senso è anche la costante giurisprudenza di questo TAR, secondo cui il termine per impugnare decorre dalla data di pubblicazione del Piano all’Albo Pretorio del Comune solo nel caso in cui tale pubblicazione sia posteriore a quella sul BURA.

D’altro canto, l’art. 11 della L.R. n.18/1983, disponendo che il PRG approvato sia pubblicato esclusivamente sul BURA, sembra riconnettere a siffatto adempimento sia l’effetto della sua efficacia, sia la condizione di conoscibilità del Piano ai fini della sua impugnabilità.

La pubblicazione del Piano sul BURA, quale esclusiva condizione della sua efficacia (TAR Abruzzo, L’Aquila, 17.12.2003, n.1082), è confermata espressamente dall’art.43 della L.R. 3.3.1999, n.11 e tale elemento non può non incidere sulla decorrenza del termine per impugnare (TAR Abruzzo, Pescara, n.453/2004).

Correlare pertanto l’onere di impugnativa del Piano alla scadenza della sua pubblicazione all’Albo Pretorio del Comune prima della pubblicazione sul BURA equivarrebbe a imporre l’onere di impugnativa di un atto non ancora divenuto efficace e quindi non ancora lesivo, con la conseguenza della declaratoria di inammissibilità dell’impugnativa stessa.

Infondata è anche la successiva eccezione, genericamente invero formulata, di difetto d’interesse a ricorrere del ricorrente che non avrebbe provato di essere proprietario della chiesa di San ….

La prova, al riguardo, è stato fornita con la produzione in giudizio dell’atto di donazione per Notar Angelo Ciampoli con numero di repertorio 81402 del 27.12.1994, con cui la madre del ricorrente ha a questi donato, tra l’altro, l’edificio adibito a chiesa, aperta al pubblico.

Da detto documento risulta che alla donante i cespiti donati sono pervenuti per atto di donazione in data 28.9.1974; in tale atto si legge che “le donazioni di cui sopra sono state effettuate con ogni garanzia e sotto gli obblighi di legge, per libere da ipoteche, con tutti i diritti, i pesi, le accessioni e le pertinenze relative, con le eventuali servitù attive e passive connesse, nella situazione giuridica e di fatto in cui quanto donato attualmente si trova, con gli ingressi e regressi sin qui praticati, con tutte le ulteriori ragioni correlate”.

Ciò viene contestato dalla difesa del Comune che si limita ad affermare, in modo del tutto generico, senza alcun riscontro o verifica dei registri della Conservatoria degli immobili, che detto edificio di culto risulterebbe “in fatto” da tempo immemorabile gestito dalla Parrocchia, il che non costituisce controprova valida, idonea a smentire quanto risulta dal citato atto di donazione, anche perché in più punti della memoria si riconosce che la chiesa è privata, anche se aperta al pubblico.

Nel merito, il ricorso è fondato in parte e va pertanto accolto in parte nei limiti dell’interesse del ricorrente.

Con il quarto motivo dedotto, al cui esame va data priorità logica e con cui si rileva il vizio di eccesso di potere per contraddittorietà, perplessità e illogicità manifesta, si osserva che con la deliberazione di C.C. n.16 del 9.4.2001, in sede di esame della osservazione presentata dal ricorrente, il Comune riconosce la necessità di “conservazione dello stato di fatto limitatamente alla pertinenza del fabbricato e alla viabilità interna, fermo restante la destinazione di progetto”.

Orbene, detta statuizione appare all’evidenza perplessa e contraddittoria, in quanto la destinazione di progetto, che comporta la destinazione del giardino ad attrezzature di uso pubblico, risulta incompatibile con il mantenimento dello stato di fatto dell’area pertinenziale al fabbricato e della viabilità interna a detta area.

Il progetto era quello dell’ampliamento e ristrutturazione della chiesa, che prevedeva l’acquisto dell’area adiacente, per cui se si prevede di non alterare la situazione esistente, conservando la destinazione pertinenziale dell’area al fabbricato, non si comprende la coerenza di detta determinazione con la destinazione del progetto, salvo che il progetto non venga ridimensionato, limitandolo alla sola ristrutturazione o che il progettato ampliamento non interessi area diversa o solo parte dell’area pertinenziale, il che non pare se si considera la lettera del 31.5.1995 con cui il ricorrente, nella sua non contestata qualità di proprietario, si opponeva alla deliberazione n.25 del 18.5.1995 di concessione di un contributo di £. 30.000.000 al parroco per l’acquisto del terreno e per l’ampliamento e ristrutturazione della chiesa di San ….

Delle due l’una: o si lascia inalterato lo stato dell’area di pertinenza del fabbricato o si amplia la chiesa, incidendo quindi su detta area, a meno che non si desista dall’ampliare la chiesa, limitando l’intervento alla sola ristrutturazione.

Detta perplessità si riflette sulla destinazione ad attrezzature pubbliche degli immobili di proprietà del ricorrente, comportante un vincolo preordinato all’esproprio, in quanto, se viene conservato lo stato di fatto limitatamente alla pertinenza del fabbricato e alla viabilità interna, contraddittoria è la determinazione dell’apposizione di detto vincolo, la cui scadenza nel settembre 2006, affermata dalla difesa del Comune, non fa venir meno comunque l’interesse del ricorrente alla pronuncia di illegittimità della previsione contenuta nel PRG, anche in vista della possibile futura reiterazione del vincolo.

In ogni caso detta previsione di PRG, comportante l’ ampliamento della chiesa, previo esproprio del giardino pertinenziale al fabbricato di proprietà del ricorrente, è illegittima per eccesso di potere sotto il profilo dell’errore nei presupposti (3° motivo dedotto), in quanto non è stato tenuto presente che la chiesa è di proprietà del ricorrente, per cui il suo ampliamento non è possibile senza l’assenso del proprietario.

Per quanto concerne il primo motivo dedotto, si deve convenire con il ricorrente circa il suo difetto d’interesse ad impugnare l’art.28 delle NTA del PRG, per il quale si chiede che il TAR ne chiarisca la portata in sede esegetica.

Di tale adempimento non v’è bisogno, posto che la difesa del Comune ha chiarito, in via autentica, nella memoria del 7.12.2006, che la previsione di cui alle zone F.F1 comporta un vincolo preordinato all’esproprio per la realizzazione di opere tese al rispetto degli standards di legge, opere che – si aggiunge – “possono essere realizzate anche dai privati”, precisandosi ancora che “nulla vieta che servizi e attrezzature di uso pubblico possono essere realizzati mediante intervento diretto pubblico o privato”.

Se così stanno le cose, è lo stesso ricorrente ad affermare che viene meno il suo interesse. Si afferma infatti che “qualora…la disposizione in parola vada senz’altro interpretata secondo la prima delle due alternative proposte – e cioè come destinazione che non incide sulla titolarità del proprietà del bene e che lascia alla libera iniziativa del proprietario l’eventuale attuazione delle previsioni urbanistiche – l’interesse materiale del ricorrente potrebbe, almeno in parte, ritenersi soddisfatto”.

La fondatezza dei motivi esaminati porta all’accoglimento del ricorso per quanto di interesse del ricorrente, che ha chiesto infatti alternativamente l’annullamento parziale (per il quale ha ovviamente un interesse prevalente) o totale dell’atto impugnato, il che rende superfluo l’esame delle ulteriori censure prospettate, per alcune delle quali (la seconda) non avrebbe interesse, mentre per le altre (la quinta e la sesta) occorrerebbe disporre istruttoria.

Le spese di causa seguono la soccombenza.

P. Q. M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo – Sezione staccata di Pescara – accoglie in parte il ricorso e per l’effetto annulla l’atto impugnato nei limiti dell’interesse del ricorrente. Condanna il Comune al pagamento delle spese di causa che si liquidano in € 3.000,00. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Pescara, dal Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo – Sezione staccata di Pescara – nella Camera di Consiglio del 21 dicembre 2006.