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    Sentenza 12 gennaio 2006, n.288

    Domanda di cittadinanza: il mantenimento delle tradizioni religiose del Paese d'origine non è un ostacolo all'integrazione

    Data: 12 gennaio 2006
    Autore:
    Tribunale Amministrativo
    Argomento:
    Immigrazione
    Nazione:
    Italia
    Parole chiave:
    Interesse pubblico, Cittadinanza, Integrazione, Tradizioni religiose, Tradizioni culturali, Tradizioni sociali, Valori fondamentali
    Il mantenimento delle tradizioni sociali, religiose e culturali del Paese di origine non può costituire, di per sé soltanto, un ostacolo all’integrazione nella comunità italiana ed un sicuro indice di mancata accettazione dei valori fondamentali del nostro Stato

    TAR Lazio. Sezione Prima Ter. Sentenza n. 288/2006.

    sul ricorso n. 5058/2004, proposto da F. M., rappresentato e difeso dagli avv.ti Alberto Ravazzoni e Fabrizio Nunè, presso il secondo elettivamente domiciliato in Roma, Lungotevere Flaminio n. 34;

    contro

    il Ministero dell’Interno, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato;

    per l’annullamento

    del decreto 11 dicembre 2000, di rigetto di richiesta di concessione della cittadinanza italiana;

    Visto il ricorso con i relativi allegati;

    Viste le memorie difensive delle parti di causa;

    Visti tutti gli atti della causa;

    Udito alla pubblica udienza del 27 ottobre 2005 il relatore Luigi Tosti e uditi altresì per le parti l’avv. Nunè e l’avvocato dello Stato Maddalo;

    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

    FATTO

    Con ricorso depositato il 17 maggio 2004 il ricorrente, cittadino siriano, ha chiesto l’annullamento del decreto 2 febbraio 2004 del Sottosegretario di Stato del Ministero dell’Interno, di rigetto della domanda di cittadinanza italiana formulata ai sensi dell’articolo 9 comma 1 lettera f della legge 5 febbraio 1992 n. 91 (straniero residente da oltre dieci anni in Italia). Il diniego è motivato da ragioni di opportunità e di tutela dell’interesse pubblico, in relazione al contenuto di una nota riservata del Dipartimento della P.S., dalla quale emergerebbero elementi ostativi all’accoglimento della richiesta di cittadinanza.

    In fatto il ricorrente espone di vivere in Italia dal 1978, unitamente al suo nucleo familiare, di avere chiesto l’ammissione alla cittadinanza nel luglio 1997 e di avere ricevuto provvedimento di diniego 8 gennaio 1999. Presentava quindi ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, in ordine al quale il Consiglio di Stato emetteva parere favorevole n. 47/2000; il ricorrente, tuttavia, non ha conoscenza dell’ulteriore iter del procedimento contenzioso né dell’adozione dell’eventuale decreto decisorio.

    Il Ministero ha invece notificato il provvedimento impugnato in questa sede, adducendo nuovi motivi di diniego, avverso i quali sono dedotti i seguenti motivi di diritto:

    Eccesso di potere, in particolare sotto la forma dello sviamento di potere, per non avere adeguatamente considerato la situazione familiare del F..

    Violazione di legge ex art. 3 L. n. 241/1990.

    Eccesso di potere per carenza di motivazione per violazione e falsa applicazione della legge n. 91 del 5 marzo 1992 e del D.P.R. n. 572 del 12 ottobre 1993.

    In esito ad ordinanze istruttorie pronunciate nella sede cautelare sono stati acquisiti al fascicolo di causa gli atti rilevanti per la decisione,

    Con breve memoria l’Amministrazione chiede il rigetto del ricorso.

    Nella memoria illustrativa depositata il 14 ottobre 2005 l’interessato insiste per l’accoglimento del ricorso, anche con riguardo agli atti acquisiti ed in particolare al parere del Consiglio di Stato.

    All’udienza del 27 ottobre 2005 il ricorso è stato posto in decisione.

    DIRITTO

    Non spetta a questo Collegio accertare quale iter abbia distinto la procedura attivata dal ricorso straordinario proposto dal F. avverso il precedente diniego di cittadinanza né le ragioni per le quali il Ministero abbia omesso di predisporre il conseguente decreto decisorio, a seguito del parere favorevole all’accoglimento espresso dal Consiglio di Stato (vertendosi in quella sede in un’ipotesi di diniego per ragioni di sicurezza della Repubblica, ai sensidell’articolo 8 della legge 5 febbraio 1992 n. 91.

    Accertato che il nuovo diniego trae origine dalla medesima domanda di cittadinanza presentata nell’anno 1999, le pregresse vicende vengono in rilievo in questa sede (anche in relazione al taglio delle censure proposte dal ricorrente) esclusivamente per confortare il denunciato vizio di sviamento di potere, avendo in sostanza l’Amministrazione reiterato il rigetto adducendo nuove ragioni, che tuttavia non comportavano l’obbligo di acquisire il parere del Consiglio di Stato.

    Il ricorso è infatti pienamente fondato, valutate le dedotte censure di eccesso di potere per sviamento e carenza di motivazione.

    L’essenziale ragione di rigetto della domanda del F. (abbandonate le questioni di tutela della sicurezza dello Stato, ritenute insussistenti nel parere del Consiglio di Stato) poggia sul contenuto della nota riservata 29 ottobre 2003 del Dipartimento della pubblica sicurezza.

    In tale rapporto sono esposti presunti, ulteriori elementi ostativi all’accoglimento dell’istanza “oltre a quanto riferito in precedenza”, espressione questa che (in mancanza di dati più puntuali) deve intendersi quale richiamo alle ragioni già ritenuto inadeguate dal Consiglio di Stato.

    In definitiva i nuovi “elementi ostativi” sarebbero rappresentati esclusivamente dall’attiva partecipazione dello straniero (laureato in economia e titolare di un’avviata attività commerciale) alle iniziative di un’associazione culturale italo-siriana di Milano, in seno alla quale avrebbe sempre ricoperto incarichi, nonché dai “buoni rapporti” mantenuti con la legazione siriana a Roma, con le autorità del paese di origine e con i vertici del partito Baath.

    Siffatte osservazioni, neppure confortate da specifici e concreti riferimenti a dati documentali, risultano all’evidenza insufficienti per sorreggere un giudizio, sicuramente grave, di inopportunità di ammissione dello straniero alla cittadinanza italiana (pur considerando l’ampia discrezionalità riservata in materia all’Amministrazione).

    Come già è stato affermato da questa Sezione con le sentenze n. 5548 del 2004 e n. 2344 del 2005, il mantenimento delle tradizioni sociali, religiose e culturali del Paese di origine non può costituire, di per sé soltanto, un ostacolo all’integrazione nella comunità italiana ed un sicuro indice di mancata accettazione dei valori fondamentali del nostro Stato.

    In mancanza di altre e più incisive ragioni di diniego il provvedimento impugnato risulta illegittimo e deve essere annullato.

    Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

    P. Q.M.

    Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio – Sezione Prima Ter- accoglie il ricorso proposto come in epigrafe da F. M. e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.

    Condanna il Ministero dell’Interno al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese di giudizio, che liquida in complessivi € 2500 (duemilacinquecento).

    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

    Così deciso a Roma, nella Camera di Consiglio del 27 ottobre 2005, con l’intervento dei Magistrati:

    Luigi TOSTI Presidente Estensore

    Franco DE BERNARDI Consigliere

    Giampiero LO PRESTI Consigliere

    Depositata in Segreteria il 12 gennaio 2006

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