Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 2 Febbraio 2007

Sentenza 23 novembre 2006

TAR Campania. Sentenza 23 novembre 2006 (reg.sent. n. 286/2007: “Immobili di proprietà di enti ecclesiastici ed abusi edilizi commessi da terzi comproprietari”.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania – Terza Sezione

composto dai Magistrati
dr. UGO DE MAIO Presidente
dr. VINCENZO CERNESE Consigliere Estensore
dott. ssa MARIA LAURA MADDALENA Referendario

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 14016/2003 R.G. proposto da:

– “AUGUSTISSIMA ARCICONFRATERNITA …”, Ente di Culto, in persona del Primicerio o legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli Avv. ti Alessandro Marotta e Marco Scala ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Napoli, al Viale Colascione, n. 7;

contro

– il COMUNE DI P. T., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Giovanni Leone ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Napoli, al Viale Gramsci, n. 14;

per l’annullamento:

– dell’ordinanza n. 23/03/E.P. del 15 ottobre 2003, emessa dal Capo Servizio Urbanistico del Comune di P. T. e notificata in data 24 ottobre 2003;
– di ogni altro atto precedente, connesso e consequenziale.

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’intimata Amministrazione;
Visti gli atti tutti della causa;
Vista l’ordinanza n. 43 dell’8 gennaio 2004 di questa Sezione;
Uditi – Relatore alla pubblica udienza del 23 novembre 2006 il dr. Vincenzo Cernese – i difensori delle parti come da verbale d’udienza;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto:

FATTO

Con ricorso notificato il 16.12.2003 e depositato il giorno 23 successivo l’Ente di Culto denominato ”Augustissima Arciconfraternita SS. …”, in persona del Primicerio e legale rappresentante pro-tempore, ha impugnato, innanzi a questo Tribunale, l’ordinanza in epigrafe con cui il Capo Servizio Urbanistico del Comune di P. T. (NA) gli ordinava, in qualità di proprietaria, unitamente al sig. V. G., altro comproprietario, di << sospendere subito l’esecuzione di lavori in corso e di provvedere alla demolizione delle opere abusivamente realizzate >> nella sua proprietà in Via G., (…) del predetto Comune dal sig. V. D., in qualità di (com) proprietario e responsabile dell’abuso in parola, deducendo le seguenti censure:
1) Eccesso di potere per illogicità manifesta, travisamento dei fatti, mancanza assoluta d’istruttoria, contraddittorietà con precedenti provvedimenti della stessa Amministrazione comunale. In proposito la ricorrente evidenzia non essere il manufatto oggetto dell’attività repressiva comunale nella sua disponibilità, atteso che, con decreto del 24 settembre 1981, il Sindaco del Comune di P. T., per la realizzazione di insediamenti produttivi di cui al programma approvato con decreto del presidente della Giunta regionale della Campania n. 885 del 28.1.1981, avrebbe disposto l’occupazione di una vasta area di terreno di proprietà della ricorrente, in essa compresa l’area di mq. 152 relativa alle particelle 62, 63 e 69 del foglio 2, ove insisterebbe l’immobile oggetto del provvedimento impugnato. Divenuta illegittima l’occupazione e non avendo il Comune provveduto alla restituzione dell’immobile la ricorrente avrebbe proposto un giudizio per la restituzione medesima e per i danni, ottenendo dal Tribunale di Nola sentenza in data 30 ottobre 2001, depositata il 30 novembre con la quale il Comune sarebbe stato condannato al risarcimento dei danni ed alla restituzione dell’immobile stesso precisamente identificato nel dispositivo della decisione. Il Comune avrebbe colpevolmente ignorato tutti i fatti ed avrebbe agito in contrasto con il suo precedente provvedimento di occupazione dei beni in oggetto, occupazione tuttora perdurante, nonostante la decisione del Tribunale di Nola.
2) Eccesso di potere per illogicità manifesta e violazione di tutte le norme poste dal Comune a sostegno del suo provvedimento ed, in particolare, della legge n. 47 del 28.2.1985. In particolare la ricorrente si duole per la circostanza che l’art. 7 di tale ultima legge consentirebbe l’adozione dell’ordine di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi unicamente nei confronti dell’autore delle opere abusive (peraltro, nella specie, identificato, nello stesso provvedimento, nella persona di uno dei comproprietari, V. D., indicato, appunto, come “proprietario e responsabile dell’abuso in parola”), per modo che non si comprenderebbe la ragione per la quale l’ordine sarebbe stato rivolto anche contro di lei, quale soggetto completamente estraneo all’abuso edilizio commesso. Sul punto riferisce di quella giurisprudenza secondo la quale, in materia di abusi edilizi, l’art. 7, comma 3°, della legge 28.2.1985, n. 47, al fine di individuare il destinatari delle misure repressive ivi previste, farebbe riferimento esclusivamente al “responsabile dell’abuso” e non al proprietario dell’immobile, anche in vista del sollecito ripristino dello stato originario dei luoghi ed il rispetto delle norme di legge in materia.
L’Amministrazione comunale intimata si costituiva in giudizio sostenendo l’infondatezza del gravame, all’uopo, analiticamente controdeduendo alle avverse censure.
L’istanza cautelare era respinta con l’ordinanza in epigrafe.
Alla pubblica udienza del 23 novembre 2006 il ricorso era ritenuto in decisione.

DIRITTO

Con il presente ricorso è stata impugnata, chiedendone l’annullamento, un’ordinanza con cui il Comune di P. T., sul presupposto della loro abusività secondo quanto previsto dall’art. 33 del D.P.R. n. 380/2001, in assenza dell’autorizzazione paesaggistica di cui all’art. 131 del D.L. vo n. 490/99 ed in violazione della legge 2/2774, n. 64, ordinava al responsabile dell’abuso ed ai comproprietari di sospendere subito l’esecuzione dei lavori in corso e di provvedere alla demolizione delle opere abusivamente realizzate, così come di seguito descritte:
<< Realizzazione di solai intermedi, spostamenti di vani esterni, n. 2 rampe scale esterne per l’accesso ai piani ammezzati, ricavando volumi nella zona sottostante e modifiche dei prospetti esterni >>.
Il ricorso è infondato.
E così infondato è il primo motivo con il quale è dedotto eccesso di potere per illogicità manifesta, travisamento dei fatti, contraddittorietà con precedenti provvedimenti della stessa Amministrazione comunale ponendosi l’avversata ordinanza, per la circostanza di avere tra i suoi destinatari (anche) l’Arciconfraternita ricorrente, in contrasto con un precedente decreto sindacale del Comune di P. T. del 24 settembre 1981, con il quale, allo scopo di attuare un piano per insediamenti produttivi, di cui al programma approvato con decreto del Presidente della Giunta Regionale Campania n. 885 del 28.1.1981, sarebbe stata disposta l’occupazione di una vasta area di terreno di proprietà della ricorrente, in essa compresa l’area di mq. 152, relativa alle particelle nn. 62, 63 e 69 del foglio 2 dove insisterebbe l’immobile oggetto del provvedimento impugnato.
Al riguardo ad avviso della ricorrente, a seguito della proposta azione per danni e per restituzione per illegittima occupazione il Tribunale di Nola, con sentenza n. 2135/2001 del 30 ottobre 2001, nel dichiarare illegittima la prosecuzione dell’occupazione dei suoli privati, di proprietà dell’Arciconfraternita …, a far data dal 6.11.1986, condannava il Comune di P. T., in persona del legale rappresentante p.t., in favore della predetta Arciconfraternita, in persona del Primicerio, << alla restituzione di mq. 28.631, come individuati nel verbale di immissione in possesso del 6.11.1981 (di cui mq. 152 in part. lle 62-63-69), nonché al pagamento di lire 535.220.150 per danni da “occupazione illegittima” dei suoli, oltre interessi legali (…….) >>.
Sennonché l’argomento prova troppo, atteso che, proprio la richiamata sentenza (che ad avviso della ricorrente proverebbe la mancanza in lei della disponibilità di fatto o giuridica dell’immobile), dimostra che quest’ultimo è rientrato nella sua disponibilità di fatto e giuridica dell’immobile.
Infatti, l’ordinanza del 15 ottobre 2003, in questa sede avversata risulta notificata il successivo giorno 24, mentre la citata sentenza con si ordinava la restituzione del fondo risulta depositata in data 30 novembre 2001, ossia quasi due anni prima dell’emanazione del provvedimento repressivo, mentre, a tal punto l’assunto relativo all’attuale perduranza dell’occupazione nonostante la decisione del Tribunale di Nola rimane del tutto apodittico ed indimostrato.
Nella seconda censura la ricorrente assume che l’art. 7 della legge n. 47 del 28.2.1985 prevederebbe l’adozione dell’ordine di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi unicamente nei confronti dell’autore delle opera abusive (peraltro identificato nello stesso provvedimento, nella persona del proprietario, V. D., indicato appunto come “proprietario e responsabile dell’abuso”) e non anche del proprietario.
Sennonché v’è da considerare che, in punto di diritto, la fattispecie è disciplinata l’art. 31 del D.P.R. n. 380 del 2001 (peraltro richiamato anche nelle premesse dell’ordinanza avversata), recante il Testo Unico delle disposizioni normative e regolamentari in materia edilizia che all’art. 31, comma 2, prevede che: << Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, accertata l’esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità del medesimo, ovvero con l’art. 7 variazioni essenziali, determinate ai sensi dell’art. 32, ingiunge al proprietario ed al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione, indicando nel provvedimento l’area che viene acquisita di diritto, ai sensi del comma 3 >>.
Un tale disposto normativo ha sostituito il testo dell’art. 7 della legge 28.2.1985, n. 47 che in presenza di “Opere eseguite in assenza di concessione, in totale difformità o con variazioni essenziali”, chiamava a risponderne “il responsabile dell’abuso”, per tale intendendosi – ai sensi del precedente art. 6 – “il titolare della concessione, il committente ed il costruttore”. Invero la testuale aggiunta del proprietario al soggetto ”responsabile dell’abuso”, altro non può voler significare che l’intento legislativo di potenziare la rosa dei soggetti chiamati a rispondere degli illecito edilizio commesso ponendo, in linea di principio, il proprietario sullo stesso piano del “responsabile dell’abuso”, o addirittura, in una posizione prioritaria, implicante una presunzione di responsabilità, qualora non riesca ad individuarsi un “responsabile” ma, in ogni caso, non consentendo al primo di ritenersi esente da responsabilità per la mera circostanza di non aver concorso, neanche materialmente, all’esecuzione delle opere abusive.
Infatti come non può sostenersi che il proprietario sia, in ogni caso, chiamato a rispondere degli abusi edilizi commessi da terzi su immobili di sua proprietà (non essendo configurabile a suo carico un potere di controllo a che ciò non avvenga), analogamente la sua “estraneità” non vale, di per se sola ad esonerarlo da qualsiasi responsabilità. Invero v’è da intendersi sul (problematico) concetto di “estraneità” del proprietario, risultando la prova libertoria da fornirsi al riguardo dal medesimo particolarmente difficile, atteso che non basta che dimostri essere rimasto estraneo alle operazioni materiali ed, ancor prima, di non aver commissionato l’opera, dovendo, invece, dimostrare di essersi attivato con tutti i mezzi previsti dall’ordinamento per impedire l’abuso (potendo, in caso di mera tolleranza, ipotizzarsi un suo coinvolgimento, quantomeno a titolo di responsabilità morale).
<< Poiché l'acquisizione gratuita al patrimonio comunale è una sanzione prevista per l'ipotesi di inottemperanza all'ingiunzione di demolizione, essa si riferisce esclusivamente al responsabile dell'abuso e non può quindi operare nella sfera giuridica di altri soggetti e, in particolare, nei confronti del proprietario dell'area quando risulti, in modo inequivocabile, la sua completa estraneità al compimento dell'opera abusiva o che, essendone egli venuto a conoscenza, si sia adoperato per impedirlo con gli strumenti offerti dall'ordinamento >> ( T.A.R. Campania Napoli, sez. II, 26 maggio 2004, n. 8998).
Secondo la giurisprudenza penale: << In tema di violazioni edilizie, al fine di configurare la responsabilità del proprietario di un'area per la realizzazione di una costruzione abusiva è necessaria la sussistenza di elementi in base ai quali possa ragionevolmente presumersi che questi abbia concorso, anche solo moralmente, con il committente o l'esecutore dei lavori, tenendo conto della piena disponibilità giuridica e di fatto del suolo e dell'interesse specifico ad effettuare la nuova costruzione, così come dei rapporti di parentela o affinità tra terzo e proprietario, della sua eventuale presenza "in loco", dello svolgimento di attività di vigilanza dell'esecuzione dei lavori, della richiesta di provvedimenti abilitativi in sanatoria, del regime patrimoniale dei coniugi, ovvero di tutte quelle situazioni e comportamenti positivi o negativi dai quali possano trarsi elementi integrativi della colpa >>. (Cass. Penale, sez. III, 12 aprile 2005, n. 26121).
Nella fattispecie – come evidenziato dalla difesa comunale nella memoria depositata in giudizio in data 1° luglio 2006 – da alcune presunzioni grave, precise e concordanti è possibile dedurre la disponibilità giuridica e di fatto da parte dell’”Arciconfraternita” ricorrente del suolo ove insistevano le opere abusivamente realizzate. Invero nella citata sentenza del Tribunale di Nola si dà atto che le particelle interessate (60-55-11-62-63-69) dall’occupazione comunale << si presentano sì alterate e degradate (perché distrutto il patrimonio arboreo, perché assoggettato a profondo sbancamento la porzione di suolo in particella 60) ma tutte ancora inedificate >>, concludendo nel senso della non avvenuta trasformazione irreversibile del fondo per mancata esecuzione dell’opera pubblica.. In tale situazione da collocarsi temporalmente quantomeno al 30 novembre 2001 data di deposito della citata sentenza – unitamente alla considerazione di altri indizi concomitanti, quali il risiedere nel luogo ove si era edificato e l’interesse specifico ad effettuare la nuova costruzione per esigenze comuni, diviene difficile sostenere la tesi dell’Ente ricorrente circa la mancanza in lui della disponibilità del suolo ove insistevano le opere abusive, potendo, in definitiva, ritenersi integrate tutte quelle situazioni e quei comportamenti, positivi o negativi, da cui possono trarsi elementi integrativi della colpa circa una sua compartecipazione, anche solo “morale”, alla esecuzione della costruzione.
Conclusivamente, preso atto della piena legittimazione della ricorrente a divenire, anche soltanto in qualità di proprietario, destinatario dell’avversato provvedimento repressivo per un illecito edilizio pur da un terzo commesso (quest’ultimo, pure pienamente legittimato, anche se a diverso titolo) su un suolo che non poteva ritenersi completamente estraneo alla sua sfera di disposizione, la sua pretesa è infondata e, pertanto, il proposto gravame va respinto.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Terza Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe (n. 14016/2003 R.G.), proposto dall’”Augustissima Arciconfraternita S.S. …”, così dispone:

a) lo respinge.
b) condanna la parte ricorrente in favore della resistente Amministrazione al pagamento delle spese giudiziali complessivamente quantificate in euro 2000 (duemila).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli, nella Camera di Consiglio del 23 novembre 2006.

UGO DE MAIO Presidente
VINCENZO CERNESE Consigliere Estensore