Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 29 Giugno 2004

Sentenza 24 febbraio 2000, n.40

Corte di Cassazione. Sezione Unite.
Sentenza 24 febbraio 2000, n. 40: “Gara d’appalto bandita dall’Arcidiocesi: sussite la giurisdizione del giudice amministrativo”.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Manfredo GROSSI
Primo Presidente f.f.
Dott. Giovanni OLLA
Consigliere
Dott. Francesco CRISTARELLA ORESTANO Consigliere
Dott. Giovanni PRESTIPINO
Consigliere
Dott. Francesco SABATINI Consigliere
Dott. Ettore GIANNANTONIO
Consigliere
Dott. Michele VARRONE
Rel. Consigliere
Dott. Federico ROSELLI
Consigliere
Dott. Stefanomaria EVANGELISTA Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ARCIDIOCESI DI MESSINA LIPARI & S. LUCIA DEL MELA, in persona del legale rappresentante pro – tempore, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA CICERONE 44, presso lo studio dell’avvocato BRUNO AGUGLIA, rappresentata e difesa dall’avvocato ARTURO MERLO, giusta delega a margine del ricorso;
ricorrente

contro

FILIPPO RIZZO COSTRUZIONI E IMPIANTI S.A.S., PUGLISI ANTONIO GIOVANNI TITOLARE DELL’OMONIMA IMPRESA;
intimati

per regolamento preventivo di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n. 5389-98 del Tribunale amministrativo regionale di
CATANIA; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16-12-99 dal Consigliere Dott. Michele VARRONE; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Alberto CINQUE che ha concluso per la giurisdizione dell’autorità giudiziaria amministrativa.

Fatto

Con lettera del 26-10-98 l’Impresa ING. FILIPPO RIZZO COSTRUZIONI E IMPIANTI s.a.s. era stata invitata a partecipare alla licitazione privata indetta per il 7-11-98 presso l’Arcidiocesi di Messina per l’appalto dei lavori di ordinaria e straordinaria manutenzione finalizzati al restauro conservativo della Cattedrale di Messina, nonché alla riqualificazione degli edifici annessi destinati a canonica e museo dell’Opera, per un importo a base d’asta di L. 2.596.739.995. Il metodo di aggiudicazione prescelto era quello disciplinato dall’art. 1 lett. A) I. n. 14-1973, rientrando i lavori in questione tra quelli previsti nel Piano del Giubileo e finanziati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri ai sensi della legge n. 270-97. Partecipando alla gara, la suddetta Impresa aveva offerto un ribasso pari al 21,2717%, ma poiché la media sulla quale calcolare la convenienza delle offerte era stata fissata a 22,5146%, era risultata aggiudicataria dell’appalto l’impresa Puglisi, con un ribasso pari al 22,2500%.
Tuttavia, sia l’impresa aggiudicataria, sia altre imprese partecipanti (e precisamente le imprese Buttà, Repin e Contino), erano state ammesse alla gara senza avere corredato la loro offerta con uno dei certificati richiesti a pena di esclusione dal bando di gara, ossia il certificato generale del Casellario giudiziale di cui al n. 6 del bando. Qualora la stazione appaltante avesse legittimamente provveduto all’esclusione delle imprese menzionate, la media delle offerte (valide) sarebbe stata pari a 21,8817%, con la conseguenza che l’offerta della ricorrente, pari a 21,2717%, si sarebbe qualificata come la più conveniente, con conseguente aggiudicazione della gara a favore dell’Impresa Rizzo.
Premesso quanto innanzi, la s.a.s. ING. FILIPPO RIZZO COSTRUZIONI E IMPIANTI (d’ora innanzi indicata, per brevità, come IMPRESA RIZZO) proponeva ricorso al TAR Sicilia – Sez. staccata di Catania, con atto notificato il 4-12-98, chiedendo, previa sospensiva, l’annullamento dei provvedimenti di ammissione alla gara nonché di aggiudicazione dell’appalto a favore dell’Impresa Puglisi.
Nel giudizio si costituiva l’Ente appaltante Arcidiocesi di Messina, eccependo preliminarmente il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo a favore del giudice ordinario; istanza ribadita con ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, al quale l’IMPRESA RIZZO non ha replicato.

Diritto

L’Arcidiocesi ricorrente contesta la giurisdizione dell’adito giudice amministrativo affermando, con ampi riferimenti a precedenti giurisprudenziali di questa Corte, che, essendo un ente ecclesiastico, non può rientrare in alcun modo nella nozione di “ente pubblico istituzionale”, dal quale soltanto possono provenire atti amministrativi autoritativi, suscettibili di determinare lesione di interessi legittimi. Aggiunge che tale impostazione non può considerarsi superata dall’entrata in vigore del d.lgs. 31 marzo 1998 n. 80, il cui art. 33, comma 1° e 2° lett. e) – secondo il quale sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie aventi, tra l’altro, “ad oggetto le procedure di affidamento di appalti pubblici di lavori… svolte da soggetti comunque tenuti alla applicazione delle norme di diritto comunitario o della normativa nazionale o regionale” – ove venisse interpretato nel senso di attribuire in subiecta materia alla giurisdizione amministrativa le relative controversie anche nel caso in cui la stazione appaltante sia un soggetto diverso da una pubblica amministrazione, sarebbe sospetto di illegittimità costituzionale per contrasto evidente con l’art. 103, 1° co. Cost. (secondo il quale gli organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela degli interessi legittimi nei confronti della pubblica amministrazione).
Le esposte prospettazioni, che pure involgono problemi di grande delicatezza non sono accoglibili. Il collegio non ignora il contrasto fra la sua stessa giurisprudenza e quella del Consiglio di Stato relativo al riparto della giurisdizione nelle controversie in materia di appalti pubblici assegnati da soggetti privati che siano tenuti all’applicazione della disciplina pubblicistica sugli appalti.
Secondo l’orientamento di queste Sezioni Unite le controversie relative a procedure per l’affidamento di appalti pubblici banditi da s.p.a. costituite o partecipate da ente pubblico (ad es. ente pubblico territoriale) ma non titolari di concessione, sono devolute al giudice ordinario (v. la sentenza 6 maggio 1995 n. 4989, nota come Siena Parcheggi, confermata tra le altre dalla sentenza 9 luglio 1997 n. 6225; secondo tale orientamento, in mancanza di concessione – cioè di un provvedimento formale che conferisce poteri pubblicistici – difetta la devoluzione di poteri autoritativi al soggetto gestore del pubblico servizio). Più recentemente, conformandosi a tale criterio discriminante, in tema di giurisdizione sugli atti posti in essere da aziende istituite dai comuni per lo svolgimento di pubblici servizi, è stata affermata (in base alla natura di ente pubblico economico delle aziende speciali) la giurisdizione del giudice ordinario (Cass. sez. un. 4 agosto 1998 n. 7639) ovvero (facendo leva sulla qualità di concessionaria dell’amministrazione locale) quella del giudice amministrativo (Cass. sez. un. 2 dicembre, 1998 n. 12200).
Diverso è l’orientamento del Consiglio di Stato, esplicitato con particolare efficacia nella decisione della V Sezione 20 dicembre 1996 n. 1577, che, acclarata la riconducibilità alla nozione di “amministrazione aggiudicatrice” (ex art. 1, 3° co. lett. b) T.U. approvato con d. lgs. 24 luglio 1992 n. 358) di un consorzio che, avente forma societaria, aveva affidato una fornitura di materiale informatico secondo le procedure ad evidenza pubblica previste dalla normativa comunitaria, aveva affermato la giurisdizione amministrativa facendo perno sull’art. 13 l. 19 febbraio 1992 n. 142 (attualmente abrogato). E ribadito recentemente dalla VI Sezione, con l’affermazione che i soggetti privati che si aggiudicano gare d’appalto di opere pubbliche – ove presentino le caratteristiche richieste dalla disciplina comunitaria e dalla legislazione interna di adeguamento, limitatamente agli atti della serie procedimentale di evidenza pubblica – sono pubbliche amministrazioni in senso soggettivo, come tali deputate all’esercizio di potestà pubbliche capaci di sortire un effetto di affievolimento nei confronti delle posizioni dei partecipanti alla gara; pertanto, rientrano nella giurisdizione del giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto gli atti di una gara indetta da una società per azioni a partecipazione pubblica per l’aggiudicazione di lavori di costruzione secondo il sistema della licitazione privata ai sensi del d. lgs. 19 dicembre 1991 n. 406 (decisione 28 ottobre 1998 n. 1478). Il massimo giudice amministrativo, escluso sulla base del principio di legalità sancito dall’art. 97 Cost. che un’amministrazione pubblica, fuori dei casi specificamente previsti dalla legge, abbia il potere di trasferire le proprie funzioni istituzionali ad un soggetto privato (così trasformando il privato concessionario in organo indiretto dell’amministrazione), ha articolato il suo convincimento su due strumenti concettuali; l’organismo di diritto pubblico (che sulla scorta della Direttiva 93-36-CEE si configura come un soggetto privato che opera sulla base di finanziamenti pubblici, o che sia sottoposto a poteri di controllo o di nomina degli organi amministrativi da parte di un ente pubblico) e quello già ricordato di amministrazione aggiudicatrice (in virtù del quale un soggetto formalmente privato alla stregua del diritto interno possa annoverarsi tra le amministrazioni aggiudicatrici in base al diritto comunitario degli appalti).
Orbene, l’intero quadro normativo e giurisprudenziale ora succintamente delineato deve essere rivisitato e congruamente modificato alla luce delle novità introdotte con il d. lgs. n. 80 del 1998, il cui art. 33, 2° co. lett. e) devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie in materia di pubblici servizi ed, in particolare, quelle “aventi ad oggetto le procedure di affidamento di appalti pubblici di lavori… svolte da soggetti comunque tenuti alla applicazione delle norme comunitarie o della normativa nazionale o regionale” (per gli appalti pubblici di lavori, la legge quadro 11 febbraio 1994 n. 109, modificata dalla legge 2 giugno 1995 n. 216 nonché dalla legge 18 novembre 1998 n. 415).
Il dato letterale della norma (soggetti comunque tenuti….) e l’intenzione del legislatore (concentrare presso uno stesso giudice la cognizione di tutte le controversie relative ad una materia ritenuta unitaria) sembrano non dare adito a soverchi problemi interpretativi, nel senso che la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo si radica in ogni controversia attinente alla procedura di affidamento, quando il soggetto appaltante, pur non avendo natura pubblica, sia tenuto all’osservanza della disciplina pubblicistica degli appalti, restando irrilevante la qualificazione giuridica, pubblica o privata, di tale soggetto.
Tuttavia l’Arcidiocesi ricorrente ha contestato l’inevitabilità di siffatta conclusione assumendo che la pretesa di attribuire la giurisdizione al giudice amministrativo anche nel caso in cui la stazione appaltante sia soggetto diverso da una pubblica amministrazione, confliggerebbe inevitabilmente con l’art. 103, 1° co. Cost. e, cioè, con il principio costituzionale che impone la derivazione soggettiva da una pubblica amministrazione degli atti conoscibili dal giudice amministrativo. E nello stesso ordine di idee – quello cioè di coniugare l’innovazione normativa del d. lgs. n. 80 del 1998 con i parametri costituzionali – si è prospettata in dottrina un’interpretazione riduttiva che riconosce siffatta giurisdizione solo nelle ipotesi di gare svolte da gestori di un pubblico servizio e non da altri soggetti che, pur tenuti all’applicazione delle norme comunitarie, non assumono però tale veste.
Questi essendo i termini attuali del problema, sembra al Collegio, in una prima approssimazione, che il contrasto sopraenunciato tra la Corte regolatrice ed il massimo Giudice amministrativo ne risulti sfumato se non addirittura superato, nel senso che il legislatore del ’98 appare mosso non dall’intenzione di definire meglio i confini della giurisdizione amministrativa in corrispondenza con l’ampliamento della nozione di soggetto – organismo pubblico dettato dalle norme comunitarie, bensì di attribuire ad un unico giudice la cognizione di tutte le controversie insorte in una determinata materia, indipendentemente dalla natura pubblica o privata del soggetto coinvolto (nella specie, stazione appaltante di lavori pubblici) purché tenuto all’osservanza della normativa comunitaria.
Ai fini, quindi, del riparto della giurisdizione, il criterio discriminante si trasferisce dal soggetto all’oggetto, intendendo con quest’ultimo termine la materia controversa e la disciplina applicabile. Così spostata la prospettiva, vengono meno gli affacciati dubbi di costituzionalità, tutti attinenti alla pretesa necessità che il giudice amministrativo sia competente soltanto per gli atti posti in essere da una pubblica amministrazione. Mentre, d’altro canto, l’attribuzione di certe materie alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, non collide con quell’interpretazione dell’art. 103 Cost. non (solo) come deroga al precedente art. 102, ma anche come norma legittimante l’espansione potenzialmente illimitata della giurisdizione amministrativa esclusiva.
Tirando i fili del discorso e concludendolo, nel caso di specie, pur essendo l’Arcidiocesi di Messina un ente ecclesiastico estraneo alla pubblica amministrazione, trattandosi di gara bandita per l’appalto di lavori pubblici ai sensi della legge n. 109 del 1994 con assoggettamento alle regole dell’evidenza pubblica comunitaria, va dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo, correttamente adito dall’Impresa RIZZO.
Nulla per le spese di questo regolamento, in mancanza di costituzione delle parti ritualmente intimate.

P.Q.M

La Corte dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo; nulla per le spese.