Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 23 Settembre 2005

Sentenza 25 maggio 2005, n.6634

TAR Lazio. Sentenza 25 maggio 2005, n. 6634: “Diveto di accesso ai documenti della Commissione paritetica, di cui all’art. 49 della Legge n. 222/1985”.

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, Sezione I

composto dai signori:
Antonino Savo Amodio
Presidente
Nicola Gaviano
Componente
Mario Alberto di Nezza
Componente, rel.

ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso n. 3564/2005 R.g. proposto da

Associazione “Anticlericale.net”, in persona del segretario p. t., on. Maurizio Turco, rappresentata e difesa dall’avv. Alessandro Oddi, presso il cui studio in Roma, Via Giorgio Scalia n. 12, ha eletto domicilio

contro

la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio in carica, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, è domiciliata

per l’annullamento

– della nota in data. 24 febbraio 2005, prot. n. USG/USRI/1320/05/1.6.9, della Presidenza del Consiglio dei ministri (Ufficio del Segretario generale – Ufficio studi e rapporti istituzionali), con la quale è stato opposto diniego alla richiesta – formulata dall’odierna ricorrente il 15 marzo 2004 – di accesso ai documenti della Commissione di cui all’art. 49. della 1. 20 maggio 1985, n, 222;
– di ogni atto presupposto, connesso e conseguente, ed in particolare – per quanto di ragione – del parere espresso in data 17 febbraio 2005 dalla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi;
– e per l’accertamento del diritto dell’odierna ricorrente di prendere visione ed estrarre copia degli anzidetti documenti.

Visto il ricorso con i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio della parte intimata;
sentiti nella camera di consiglio del 25 maggio 2005, relatore il dott. Mario Alberto di Nezza, l’avv. Oddi e l’avv. dello Stato Bacosi;
ritenuto e considerato quanto segue in

FATTO E DIRITTO

1. Con ricorso ritualmente instaurato l’associazione Anticlericale.net ha impugnato la nota, meglio specificata in epigrafe, con cui la Presidenza del Consiglio dei ministri ha disatteso l’istanza volta a conoscere i documenti prodotti dalla Commissione paritetica Stato – Conferenza episcopale italiana prevista dall’art. 49 1. 20 maggio 1985, n. 222, contestando in particolare la motivazione del diniego di ostensione (basata su un parere, reso il 17 febbraio 2005 dalla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi, nel quale veniva esclusa la natura di atti amministrativi dei documenti oggetto della richiesta; segnatamente, essi venivano qualificati alla stregua di “atti di natura bilaterale finalizzati alla promozione di eventuali patti o accordi bilaterali tra Stato e confessioni religiose, e – solo successivamente – alla predisposizione di disegni di legge modificativi del regime vigente”).
A sostegno del gravame la ricorrente, esposti alcuni argomenti tesi a comprovare la propria legittimazione all’accesso, ha criticato l’opinione ministeriale, sostenendo che la particolare composizione della Commissione ed i compiti ad essa demandati (consistenti nella raccolta e nell’analisi dei dati necessari ai fini della revisione dell’importo deducibile delle erogazioni liberali a favore delle confessioni religiose e della valutazione del gettito della quota Irpef alle medesime destinata; c.d. otto per mille) non permetteva di escludere la natura amministrativa degli atti da essa prodotti (con conseguente impossibilità di ricondurli al novero degli “atti politici”, ossia a quella particolare categoria di atti espressivi della fondamentale funzione di direzione ed indirizzo politico del Paese).
Ulteriori argomenti a sostegno della tesi dell’istante si potevano poi desumere tanto dalle modalità di nomina dei rappresentanti dello Stato italiano (a mezzo D.P.C.M.) quanto dall’organico inserimento della Commissione all’interno della Presidenza del Consiglio dei ministri (elementi che ne renderebbero evidente la natura di commissione del Governo italiano avente “carattere tecnico ed elevata specializzazione”, come precisato dal d.P.C.M. 30.11.2001, ultimo decreto istitutivo).
Si è costituita in giudizio la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica, la quale, eccepita nella memoria difensiva l’omessa integrazione del contraddittorio nei confronti delle “Confessioni religiose controinteressate” e la carenza di legittimazione attiva dell’istante (sia per quanto previsto dallo statuto associativo, dal quale non si desumerebbe l’attuale titolarità del potere rappresentativo in capo all’on. Turco, dichiaratosi rappresentante dell’ente), sia per il difetto di un interesse personale e concreto rispetto alla “crescita del gettito complessivo ripartito tra i soggetti aventi diritto in questi anni”), ha dedotto l’infondatezza del gravame nel merito.
All’esito della discussione, svoltasi nella camera di consiglio del 25 maggio 2005, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

2. La domanda di accesso é inammissibile.
La l. 20 maggio 1985 n. 222 (recante “disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi”), la cui genesi si comprende alla luce dell’Accordo fra la Repubblica Italiana e la Santa Sede firmato il 18 febbraio 1984 per la revisione del Concordato lateranense (l’art. 7, 6° comma, dell’Accordo stabiliva infatti l’istituzione di una commissione paritetica per definire gli aspetti economici nei rapporti fra Stato italiano e Santa Sede), delinea il nuovo sistema per il “sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi”.
Rilevano, agli odierni fini, gli artt. 46, 47 e 49.
La prima disposizione prevede che (a decorrere dal periodo d’imposta 1989) le persone fisiche possano “dedurre dal proprio reddito complessivo le erogazioni liberali in denaro, fino all’importo di lire due milioni, a favore dell’istituto centrale per il sostentamento del clero della Chiesa cattolica italiana”.
Il successivo art. 47 istituisce il c.d. “otto per mille” (a decorrere dall’anno finanziario 1990), stabilendo “una quota pari all’otto per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica” (2° comma), destinazioni che “vengono stabilite sulla base delle scelte espresse dai contribuenti in sede di dichiarazione annuale dei redditi” (3° comma).
L’art. 49 prevede infine l’istituzione di “una apposita commissione paritetica, nominata dall’autorità governativa e dalla Conferenza episcopale italiana”, con il compito di procedere, “al termine di ogni triennio successivo al 1989”, “alla revisione dell’importo deducibile di cui all’articolo 46 e alla valutazione del gettito della quota IRPEF di cui all’articolo 47, al fine di predisporre eventuali modifiche” (è il caso di dire che disposizioni analoghe sono state in seguito estese anche ad altre confessioni religiose; v. le intese ai sensi dell’art. 8 Cost. firmate fra il 1984 e il 1993).
In attuazione di quest’ultima disposizione, l’art. 24 del d.P.R. 13 febbraio 1987, n. 33 (Regolamento di esecuzione della 1. n. 222 del 1985) stabilisce che la commissione paritetica sia composta “da sei membri nominati per metà dalla Conferenza episcopale italiana e per metà dal Presidente del Consiglio dei ministri”.
La piana lettura delle norme appena. riportate non permette di aderire alla tesi in ordine alla natura amministrativa degli atti cui l’istante ha chiesto di accedere.
Ed invero, la giurisprudenza amministrativa si è ormai pacificamente attestata nel senso della inammissibilità di una domanda di accesso che non abbia “ad oggetto documenti ed attività qualificabili come amministrative, quanto meno in senso oggettivo e funzionale”, negando la proponibilità dell’actio ad exhibendum in relazione ad atti attinenti l’esercizio della funzione giurisdizionale “o di altro potere dello Stato diverso da quello amministrativo” (così Cons. Stato, sez. IV, 22 giugno 2004, n. 4471).
Ora, l’attività che l’art. 49 prescrive di effettuare è finalizzata alla predisposizione di “eventuali modifiche” in relazione sia all’importo deducibile delle erogazioni liberali all’Istituto centrale per il sostentamento del clero sia alla “valutazione del gettito” derivante dall’otto per mille.
Si tratta cioè di un’ attività essenzialmente propositiva, i cui destinatari non possono che essere il Governo o il Parlamento, quali titolari rispettivamente della funzione di indirizzo politico e di quella legislativa, in ragione sia della incidenza degli apprezzamenti di detta Commissione sulle concrete modalità di funzionamento del meccanismo previsto da una legge statale, per giunta costituente sviluppo di un accordo con la Chiesa cattolica stipulato ai sensi dell’art. 7, Cost. (cfr., in materia di accesso ad, atti politici, T.A.R. Lazio, sez. I, 1 agosto 1997, n. 1252), sia della mancata attribuzione a tale Commissione di una funzione amministrativa in senso stretto (non risultando dalla legge che ad essa sia demandata la cura di un interesse pubblico specifico mediante un procedimento destinato a sfociare in un qualche tipo di atto provvedimentale).
La peculiarità dell’organo sta a dimostrare, anche sotto il profilo soggettivo, l’estraneità della Commissione paritetica all’organizzazione amministrativa in senso proprio, alla luce di una serie di convergenti elementi (indicati dalla resistente nella nota del 10 maggio 2005, prot. U.S.G./U.S.R.I./3747/05/1.6.9, depositata dalla difesa erariale nella camera di consiglio del 25 maggio), tra i quali assumono rilievo centrale le particolari modalità di composizione (metà dei componenti sono infatti nominati dalla C.E.I., ossia l’interlocutore dello Stato italiano per le “questioni di carattere nazionale che interessano le relazioni tra la Chiesa e 1o Stato in Italia, anche in vista della stipulazione di intese che si rendessero opportune su determinate materie”; cfr. art. 5 e 7 Statuto C.E.I.).

3. In considerazione di quanto innanzi esposto, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Sembra peraltro equo compensare le spese processuali.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione prima, definitivamente pronunciando, dichiara il ricorso inammissibile. Spese compensate.