Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 7 Ottobre 2003

Sentenza 28 luglio 1997, n.574

Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia-Romagna (Bologna). Sezione Seconda. Sentenza 28 luglio 1997, n. 574.

(Laurita; Sandulli)

Diritto

Le ricorrenti sollevano eccezione di incostituzionalità della legge regionale n. 52 del 1995, nel suo complesso, a causa dello stretto legame intercorrente tra le norme della stessa, ciascuna inautonoma senza l’altra, per violazione degli articoli 33 e 117, 1º comma, della Costituzione.

Il legislatore regionale, fuoriuscendo dall’ambito della competenza assegnatagli dalla Costituzione, che limita il suo intervento all’assistenza scolastica ed all’istruzione artigiana e tecnica, ha inteso disciplinare la materia dell’istruzione. Di ciò si avrebbe conferma dallo stesso titolo della legge “Diritto allo studio e qualificazione del sistema integrato pubblico-privato delle scuole dell’infanzia”, sostitutivo del precedente titolo della legge regionale n. 6 del 1983, “diritto allo studio” di cui la prima costituisce integrazione.

Il legislatore regionale inoltre, mediante il riconoscimento di contributi di spesa corrente e di investimento avrebbe addirittura superato il legislatore nazionale che nella materia del sostegno a favore della frequenza alla scuola privata, in presenza del comma 4 dell’articolo 33 della Costituzione, si è limitato a proporre un sostegno economico indiretto in favore delle famiglie attraverso la detassazione delle spese scolastiche sostenute o il riconoscimento di agevolazioni fiscali senza mai proporre un sostegno diretto in favore delle scuole private.

Sulla rilevanza delle questioni esposte non vi è molto da aggiungere se non che esse costituiscono elemento dirimente della controversia, favorevolmente decisa in data odierna soltanto in relazione ad un limitato aspetto di illegittimità dell’atto impugnato, che non scalfisce però in alcun modo il sistema integrato introdotto dalla legge regionale.

Sulla non manifesta infondatezza il Collegio ritiene di dover esprimere le seguenti considerazioni.

La scuola materna, di durata pari a tre anni, costituisce il grado preparatorio all’istruzione elementare ed oltre ad un ruolo ricreativo svolge un ruolo formativo della personalità infantile ed educativo così come viene chiarito nelle premesse del Decreto del Ministero della pubblica istruzione del 3 settembre 1991 ove si precisa che la stessa si configura ormai “come il primo grado dell’educazione scolastica” e se ne promuove il diffondersi “senza squilibri e disuguaglianze sul territorio nazionale”.

In ragione di tale ruolo e ritenendo ormai pressoché diffusa la scolarizzazione in tale fascia di età (tre-sei anni), il Consiglio Regionale dell’Emilia-Romagna, in occasione del riordino dell’intero sistema scolastico di istruzione e formazione ha ritenuto di individuare il settore delle scuole dell’infanzia come primo campo di sperimentazione di iniziative e azioni specifiche da assumersi da parte della Giunta Regionale (risoluzione n. 5172/5362), ricomprendendole pertanto, a pieno titolo, nel sistema scolastico.

In armonia con tale risoluzione, la legge regionale n. 52 del 1995, integrativa della precedente legge n. 6 del 1983, in luogo della titolazione “Diritto allo studio” reca il titolo “Diritto allo studio e qualificazione del sistema integrato pubblico-privato delle scuole dell’infanzia” e stabilisce all’articolo 2 (introduttivo di un comma 2 bis, all’articolo 1 della precedente legge n. 6 del 25 gennaio 1983) “il perseguimento dell’obiettivo di realizzare un sistema integrato delle scuole dell’infanzia basato sul progressivo coordinamento e sulla collaborazione fra le diverse offerte educative, in una logica di qualificazione delle stesse che sappia valorizzare competenze, risorse e soggetti pubblici e privati”.

Prevede poi, con l’articolo 3 (introduttivo di un quinto alinea all’articolo 2, lettera B della citata legge n. 6 del 25.1.1983), il sostegno finanziario ai Comuni che attivino convenzioni finalizzate alla qualificazione ed al sostegno della scuola dell’infanzia gestite da enti, associazioni, fondazioni, cooperative, senza fini di lucro; introduce, di conseguenza (art. 4 con il quale si aggiunge all’art. 10, primo comma della legge n. 6 del 25.1.1983 la lettera e bis) il “fondo per la promozione delle convenzioni fra Comuni e scuole dell’infanzia private e prevede, infine (art. 5 con il quale si aggiunge un penultimo comma all’art. 10 della legge n. 6 più volte riferita) la ripartizione del fondo fra i Comuni che abbiano stipulato le convenzioni con scuole dell’infanzia private nelle quali siano previsti oneri a carico dei Comuni per contributi di spesa corrente e di investimento.

L’obiettivo perseguito con la legge censurata, vale a dire quello di realizzare un sistema integrato delle scuole dell’infanzia basato sul progressivo coordinamento e collaborazione fra le diverse offerte educative, ad avviso del Collegio, proprio in quanto espressamente rivolto all’offerta educativa considerata quale parte di un sistema integrato sembra in effetti rivolto alla parte formativa ed educativa del bambino.

Appare cioè riferita alla istruzione, intesa come coordinato agire del programma educativo e formativo.

Tale compito, nel disegno costituzionale esistente è di competenza dello Stato cui spetta dettare le norme generali (articolo 33, 1º comma) sull’istruzione e non delle Regioni alle quali invece l’articolo 117, 1º comma, attribuisce, alla luce dei criteri enunciati dall’articolo 34, 3º e 4º comma, il diverso compito di legiferare nella materia dell’assistenza scolastica, come attività preordinata alla rimozione degli ostacoli che si frappongono al raggiungimento dei più elevati gradi dell’istruzione.

Soltanto nelle materie dell’istruzione artigiana e professionale, al di fuori cioè dell’ambito in esame, l’articolo 117, 1º comma, prevede una competenza delle Regioni in materia legislativa.

Ma ad avviso del Collegio, anche il principio sancito dall’articolo 33, 3º comma, della Costituzione risulta nella specie violato.

A tenore di tale principio infatti gli enti e i privati possono istituire scuole ed istituti di educazione (libertà di istituzione e gestione delle scuole) purché ciò non comporti oneri finanziari a carico del bilancio pubblico. Ed invero non soltanto la circostanza di non distogliere risorse economi che contribuisce all’affermazione, in senso ampio, di tale principio che non risulta violato nell’ipotesi di provvidenze destinate direttamente agli studenti e alle famiglie, ma anche la stessa libertà d’insegnamento sancita dall’articolo 33, 1º comma della Costituzione.

Ogni contribuzione pubblica ove rivolta direttamente al funzionamento ed alla gestione della scuola contiene il rischio, elevato, di un’ingerenza sull’organizzazione della scuola stessa.

E più la contribuzione concessa è significativa, più il rischio in questione aumenta nel senso che l’inevitabile controllo sull’utilizzo delle risorse pubbliche ancorché formalmente rivolto a profili estranei all’insegnamento può, nella sostanza condizionare, ove particolarmente penetrante, anche quest’ultimo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale dell’Emilia-Romagna – Sede di Bologna – Sezione Seconda dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli articoli 33, 2º e 3º comma, e 117, 1º comma, della Costituzione la questione di legittimità costituzionale della legge regionale dell’Emilia-Romagna n. 52 del 24 aprile 1995 che ha introdotto il “sistema integrato pubblico privato delle scuole dell’infanzia” attribuendosi compiti d’istruzione riservati invece allo Stato.

Spese al definitivo.

Sospende, pertanto, il giudizio e dispone l’invio degli atti alla Corte Costituzionale.

(omissis)