Alessandro Negri, Il caso Molla Sali: la Corte EDU e il diritto alla free self-identification
La Corte EDU ha reso nel mese di dicembre 2018 un’interessante pronuncia in merito alla situazione della minoranza musulmana in Tracia, cui la Grecia riconosce da circa un secolo la possibilità di continuare a seguire la Sharia in materia di diritto di famiglia e successorio, sotto la giurisdizione di un mufti.
In dettaglio, la sentenza di Strasburgo ha attirato l’attenzione dell’opinione pubblica principalmente per il passaggio in cui ha riconosciuto che la legge sacra islamica potrebbe, in linea teorica, trovare applicazione in un Paese parte della Convenzione nell’ambito del diritto internazionale privato, in quanto alla base di un ordinamento straniero eventualmente richiamato all’esito di un conflitto di leggi.
Più che per simile conclusione, però (per il cui approfondimento si rimanda, su tutte, alla sentenza della Corte di Giustizia UE Sahyouni v. Mamisch del 20 dicembre 2017), la pronuncia della Corte EDU appare di particolare interesse per l’affermazione del diritto di ogni membro di una qualsivoglia minoranza alla libera auto-identificazione. Quello alla free self-identification, infatti, secondo cui a ognuno deve essere garantita la possibilità anche di non ricevere il trattamento differenziato previsto dalla legge a tutela della minoranza cui si appartiene, non è uno specifico diritto garantito dalla Convenzione, ma è, secondo la Corte, la cornerstone, la pietra angolare, dell’intero diritto internazionale in tema di protezione delle minoranze.
In breve, i fatti: Mustafa Molla Sali, membro della comunità musulmana tracia, redasse un regolare testamento ai sensi del Codice civile greco, dichiarando di voler lasciare il proprio intero patrimonio alla moglie.
Alla sua morte, l’atto fu approvato dal Tribunale, ma le sorelle di Molla Sali impugnarono il testamento: il fatto che il fratello fosse appartenuto alla minoranza islamica locale rendeva, a loro parere, ogni questione relativa alla sua eredità soggetta non all’ordinamento ellenico, ma alla Sharia. Tre diversi trattati internazionali risalenti agli anni ’10 e ’20 del Novecento, infatti, quello di Atene, quello di Sèvres e quello di Losanna, impegnano la Grecia ad adottare ogni misura necessaria a permettere ai membri della minoranza musulmana di nazionalità greca di risolvere le loro controversie in materia di diritto di famiglia secondo la propria legge religiosa. Di conseguenza, dal momento che il diritto islamico classico limita fortemente il potere di ognuno di disporre liberamente del proprio patrimonio, così da non poter essere esercitato a danno degli eredi legittimi previsti dal Corano, il testamento redatto da Molla Sali sarebbe stato privo di ogni efficacia.
Dopo diversi gradi di giudizio, il ricorso delle sorelle del defunto fu accolto e confermato dalla Corte di Cassazione, che quindi privò la Sig.ra Molla Sali di tre quarti dell’eredità lasciatale dal marito. Secondo il supremo tribunale ellenico, la legge applicabile nel caso di specie non può che essere la Sharia, che, in virtù dei richiamati trattati, è divenuta parte integrante del diritto greco e costituisce a tutti gli effetti una legge speciale che trova attuazione per specifiche controversie.
Esperito a sua volta senza successo ogni rimedio giurisdizionale interno, dunque, la moglie di Molla Sali ha adito la Corte EDU, che si è occupata della questione valutando la compatibilità delle pronunce dei tribunali greci con l’art. 14 della Convenzione, sul divieto di discriminazione, letto in combinato disposto con l’art. 1 del Protocollo addizionale n. 1, che tutela la proprietà.
Partendo dal presupposto che, senza dubbio, i menzionati trattati hanno impegnato la Grecia a rispettare le specificità della minoranza islamica locale, i giudici di Strasburgo hanno tuttavia ravvisato nel caso di specie una violazione della Convenzione. Il privilegio concesso alla comunità musulmana greca, infatti, non comporta una necessaria e automatica applicazione della Shariain ogni controversia di diritto di famiglia o successorio che ne veda coinvolti i membri.
Uno Stato, a parere della Corte, non può mai farsi garante dell’identità di un gruppo di minoranza a detrimento del diritto di un membro di quel gruppo di scegliere di non appartenervi, anche quando quell’ordinamento abbia apprestato una tutela tale alla minoranza da averle concesso la possibilità di seguire un diverso sistema di leggi. Rifiutare ai componenti di una qualsiasi comunità religiosa che goda di uno speciale status giuridico il diritto di volontariamente sottrarvisi, e quindi di sottostare alle leggi ordinarie, non sarebbe, infatti, solo discriminatorio, ma violerebbe altresì il diritto di ciascuno alla libera auto-identificazione.
Nessun trattato può obbligare un individuo a giovarsi dei vantaggi di un regime giuridico speciale contro la propria volontà. La scelta di usufruirne, in altre parole, deve rimanere completamente libera e al tempo stesso pienamente rispettata tanto dallo Stato quanto dagli altri membri della minoranza cui il soggetto appartiene. Nel caso di specie, invece, la libera scelta del Sig. Molla Sali di rinunciare al regime speciale accordatogli in quanto cittadino greco di fede islamica, esplicitata mediante la stesura di un testamento pienamente conforme al Codice civile ellenico, non è stata rispettata: il trattamento subito dalla moglie, privata di tre quarti dell’eredità, sarebbe stato certamente diverso qualora suo marito non fosse appartenuto alla comunità musulmana locale, ma tale differenza di trattamento non trova alcuna ragionevole giustificazione.
La sentenza della Corte EDU, per come è stata appena illustrata, presenta quindi, a parere di chi scrive, almeno due motivi di apprezzamento: il primo, per aver affermato in modo chiaro e inequivocabile che, anche laddove uno Stato abbia concesso un privilegio a un gruppo di minoranza, ciò non può mai impedire al singolo individuo che ne faccia parte di rifiutare quell’opportunità. Tutelare una minoranza, infatti, significa anche concedere a chi vi appartiene la possibilità di non ricevere alcun trattamento differenziato, anche qualora quest’ultimo sia stato stabilito proprio allo scopo di conservarne le peculiarità.
In secondo luogo, la pronuncia di Strasburgo merita un plauso per aver evidenziato che in un Paese parte della Convenzione la Sharia rischiava, di fatto, di essere applicata anche nei confronti di soggetti che non avevano espresso alcuna volontà a riguardo. L’utilizzo dei verbi al tempo passato è però d’obbligo: la legge 4511/18, entrata in vigore il 15 gennaio 2018, ha infatti capovolto la situazione. Oggi, ai sensi dell’unico articolo della legge, la giurisdizione del mufti nelle materie a lui riservate dai trattati è divenuta l’eccezione, possibile solo previo accordo delle parti. In caso di assenza di tale pattuizione, di regola ogni questione sarà quindi decisa dalle corti secolari greche, secondo il Codice civile ellenico.
Anticipando la sentenza della Corte EDU, dunque, la Grecia oggi garantisce espressamente ai suoi cittadini di fede islamica il diritto di scegliere se avvalersi del regime speciale loro concesso dai trattati o se, invece, rinunciare a quel trattamento differenziato.
Alessandro Negri, Dipartimento di Scienze giuridiche “Cesare Beccaria”, Università degli Studi di Milano
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