Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

Olir

Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 05 febbraio 2013

The federal district court dismissed a Muslim inmate’s complaint that
while being held in the county jail, on two occasions his prayers were
interrupted.  The court also dismissed his complaint that the jail
does not provide Muslim inmates with a place to conduct prayers or
attend Jumuah service, and only provides for church services.

Sentenza 11 dicembre 2012

The court rejected two inmates’ constitutional and statutory
challenges to their temporary suspension of access to the building in
which religious services were held. The step was taken because the one
of the inmates had gotten the Catholic chaplain improperly to mail
letters for them while the other got the chaplain to look up
information in the Inmate Management System.

Sentenza 31 gennaio 2013, n.12-1354

Il 31 gennaio scorso la Corte federale distrettuale degli Stati Uniti
d’America – distretto del Minnesota – ha rigettato un ricorso
collettivo contro una società che distribuisce alimenti confezionati,
ConAgra Foods, accusata dell’etichettatura ingannevole di prodotti
di una sua controllata, Hebrew National. L’indicazione “100%
kosher” faceva seguito alla certificazione rilasciata da Triangle K,
ente di certificazione kosher. I querelanti sostenevano che il
procedimento di macellazione dei bovini da cui proveniva la carne
asserita “100% kosher” non era in realtà conforme allo standard
stabilito dall’ente certificatore. Essi dunque chiedevano al
tribunale un giudizio sulla rispondenza di tale procedimento non tanto
alle regole ebraiche di per sé stesse, quanto ad uno standard
esplicitato da Triangle K e dunque, in un certo qual modo,
“oggettivato” ed estrapolato dal mero contesto dei contenuti
dottrinali della confessione. Il convenuto sosteneva che, anche
qualora fosse sussistita una rappresentazione ingannevole, la
responsabilità doveva ricadere sull’ente di certificazione che
aveva apposto il proprio sigillo. Ad ogni modo, la giustizia civile
non era competente a dirimere la questione, pena la violazione della
clausola separatista del Primo Emendamento alla Costituzione Federale.
È proprio su quest’ultimo argomento che la corte ha fondato la
propria decisione di rigetto. Posta la natura intrinsecamente
religiosa dei contenuti prescrittivi della kasherut, qualsiasi
giudizio sulla veridicità della dicitura ‘kosher’ apposta sui
prodotti in commercio è interdetto agli organi dello stato. (La
Redazione di OLIR.it ringrazia per la stesura dell’Abstract
Mariagrazia Tirabassi, Università Cattolica del Sacro Cuore –
Piacenza)

Risoluzione 01 gennaio 2013, n.134

Risoluzione 1 gennaio 2013, n. 134: "Condemning the Government of Iran for its state-sponsored persecution of its Baha’i minority and its continued violation of the International Covenants on Human Rights". H. Res. 134 In the House of Representatives, U. S., January 1, 2013. Whereas, in 1982, 1984, 1988, 1990, 1992, 1994, 1996, 2000, 2006, 2008, […]

Sentenza 11 gennaio 2012

La Corte Suprema degli Stati Uniti d’America ha esplicitamente
riconosciuto la così detta “eccezione ministeriale”, una clausola,
fondata sul primo emendamento, che esenta le organizzazioni religiose
dall’applicazione delle leggi anti-discriminazione in materia di
lavoro per i propri dipendenti con incarichi di ministri di culto.
Nella fattispecie è stata confermata la legittimità del
licenziamento da parte di una Scuola luterana del Michigan, di una
insegnante assunta nella scuola come “minister”. In base a quanto
stabilito dal primo emendamento, infatti, lo Stato non può ingerirsi
negli affari interni di una confessione religiosa, imponendo ad essa
la reintegra nel posto di un lavoro di un proprio ministro di culto,
che svolge le funzioni di insegnante di religione.
In proposito: Dossier Pew Forum
[http://www.pewforum.org/Church-State-Law/The-Supreme-Court-Takes-Up-Church-Employment-Disputes-and-the-%E2%80%9CMinisterial-Exception%E2%80%9D.aspx]

Sentenza 28 giugno 2010, n.08–1371

Una scuola pubblica può negare il riconoscimento a un gruppo di
studenti che esclude gli omosessuali. La Corte Suprema degli Stati
Uniti ha dichiarato che la scuola può imporre alle organizzazioni
studentesche di carattere ufficiale l’obbligo di accettare tutti gli
studenti che vogliano aderire.
Nel caso di specie, una organizzazione di carattere religioso
(“Christian Legal Society”) impediva l’adesione agli studenti non
cristiani e omosessuali. L’organizzazione, avendo carattere ufficiale
e svolgendo la sua attività in una scuola pubblica, beneficiava di
alcuni privilegi (tra cui la possibilità di ricevere finanziamenti
pubblici) e doveva, secondo la Corte, applicare una politica di
apertura e di rispetto verso tutti gli studenti, anche nei confronti
di quelli che esprimevano idee diverse.

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Un commento alla sentenza in pewforum.org
[http://pewforum.org/High-Court-Rules-Against-Campus-Christian-Group.aspx] (June
28, 2010)

Sentenza 05 marzo 2008

E’ possibile intentare una causa civile contro la Santa Sede per i
fatti commessi da un sacerdote, dovendosi considerare la Santa Sede
quale datore di lavoro del prete, come tale sottratta, secondo quanto
disposto dal _Foreign Sovereign Immunity Act_, alle immunità previste
dal diritto internazionale. In riforma della sentenza impugnata, si
stabilisce al contrario che la Santa Sede non può essere citata in
giudizio per rispondere dei medesimi comportamenti in ragione di una
sua eventuale omessa vigilanza e nemmeno in quanto persona giuridica
sovraordinata all’Arcidiocesi o all’Ordine religioso di
appartenenza del reo.
La parte lesa, J.V.D., afferma di aver subito abusi sessuali
all’età di 15-16 anni, quando frequentava la Chiesa Cattolica di
Sant’Alberto a Portland, Oregon. Afferma inoltre che le istituzioni
religiose erano a conoscenza dei comportamenti del prete, tanto che
questi fu trasferito da una parrocchia irlandese alla Chiesa di
Sant’Alberto. Poiché nel frattempo il prete responsabile è
deceduto, il ricorrente cita in giudizio, affinché ne sia affermata
la responsabilità civile, la Santa Sede, l’Arcidiocesi di Portland,
il Vescovo di Chicago e l’Ordine di appartenenza del reo.
La Corte di Appello, preso atto che i fatti non sono contestati,
afferma la propria giurisdizione su Arcidiocesi, Vescovo e Ordine
religioso in quanto enti costituite sulla base delle leggi nazionali
americane. Poiché non è stato sufficientemente dimostrata
l’esistenza di un potere di controllo continuato sull’attività di
tali enti, viene esclusa la giurisdizione sulla Santa Sede per
l’attività dei predetti enti, che restano per la legge americana
persone giuridiche del tutto autonome. Allo stesso modo l’eventuale
accertamento di un omesso controllo sugli atti del sacerdote o
dell’esistenza di un dovere di informare le famiglie che
frequentavano la parrocchia è sottratto al giudice americano,
trattandosi di attività discrezionali come tali ricadenti
nell’ambito delle immunità disposte in favore degli Stati esteri.
La giurisdizione delle Corti statali viene riconosciuta invece nei
confronti della Santa Sede per la sua responsabilità quale datore di
lavoro del ministro di culto, per tutti i comportamenti da questi
tenuti “nell’ambito dell’attività lavorativa”. La Corte,
evidenza come il sacerdote avesse utilizzato la sua posizione di
pastore dei giovani, guida spirituale e confessore del ricorrente e
della sua famiglia per guadagnare la loro fiducia e confidenza,
creando così i presupposti le condizioni favorevoli per la
realizzazioni della condotta criminosa. Ai sensi del _Foreign
Sovereign Immunity Act _le immunità previste dal diritto
internazionale non si applicano al datore di lavoro, e quindi alla
Santa Sede nel caso in oggetto, per i fatti commessi dai propri
dipendenti durante lo svolgimento dell’attività lavorativa.
(Stesura dell’Abstract a cura del Prof. Nicola Fiorita – Università
degli Studi della Calabria)