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Notizie • 15 Dicembre 2008

Citt del Vaticano: discorso del Papa in occasione della visita allAmbasciata dItalia presso la Santa Sede (13 dicembre 2008)


Nella mattinata di sabato 13 dicembre 2008, il Santo Padre Benedetto XVI si è recato in Visita all’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede. Nella Cappella dell’Ambasciata, recentemente restaurata, alla presenza dei dipendenti dell’Ambasciata e dei loro familiari, dopo un breve momento di adorazione del Santissimo Sacramento, il Papa ha pronunciato un discorso di saluto nel quale ha ricordato la figura di San Carlo Borromeo, cui è dedicata la cappella.
Nella tarda mattinata, nel Salone dell’Ambasciata, ha avuto luogo l’incontro ufficiale, dopo le parole di benvenuto del Sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri italiano, Gianni Letta e l’indirizzo di omaggio del Ministro degli Esteri, Franco Frattini, Benedetto XVI ha pronunciato un discorso.

A seguiri tutti gli interventi.


Le parole di saluto pronunciate da Benedetto XVI, in occasione della visita all’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede, prima di entrare nella Cappella dell’Ambasciata.

Signor Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio,
cari amici!

In questa mia breve visita all’Ambasciata d’Italia, il primo appuntamento si tiene in questa bella Cappella appena restaurata e rinnovata. E sono contento di incontrare, proprio qui, voi che costituite la comunità di vita e di lavoro di questa Ambasciata. Vi saluto tutti con affetto insieme ai vostri familiari. Un saluto speciale dirigo al Signor Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, che mi ha recato il saluto del Presidente del Consiglio e mi ha rivolto un caloroso benvenuto, facendosi interprete dei vostri sentimenti. Egli ha ricordato che questa Cappella, benedetta qualche giorno fa dal Signor Cardinale Segretario di Stato, è dedicata ad un santo, il cui nome è indissolubilmente legato a questo palazzo: san Carlo Borromeo. Egli, insieme al fratello Federico, ricevette in dono questa dimora dallo zio, il Pontefice Pio IV, con il quale, nominato Cardinale giovanissimo, collaborò nel governo della Chiesa universale. Fu proprio dopo la morte del fratello maggiore, che il giovane nipote del Pontefice iniziò un processo di maturazione spirituale fino a pervenire a una profonda conversione segnata da una decisa scelta di vita evangelica. Divenuto Vescovo dedicò ogni sua cura all’Arcidiocesi di Milano. Dalla sua biografia emerge con chiarezza lo zelo con cui espletò il suo ministero episcopale, promovendo la riforma della Chiesa secondo lo spirito del Concilio di Trento, alle cui direttive dette esemplare attuazione, mostrando una vicinanza costante alle popolazioni, specialmente durante gli anni della peste, sì da essere chiamato, proprio per questa sua generosa dedizione, “Angelo degli appestati”. La vicenda umana e spirituale di san Carlo Borromeo mostra come la grazia divina possa trasformare il cuore dell’uomo e renderlo capace di un amore per i fratelli spinto fino al sacrificio di sé.

Cari fratelli e sorelle, alla protezione di san Carlo affido ognuno di voi qui presenti insieme ai vostri familiari, perché possiate anche voi realizzare la missione che Iddio vi affida al servizio del prossimo secondo le vostre diverse mansioni. Colgo infine l’occasione per augurarvi un lieto e santo Natale, mentre di cuore tutti vi benedico.


Parole di benvenuto del Sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri italiano, Gianni Letta, nell’accogliere Benedetto XVI in visita all’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede.

Santità,

in assenza del presidente del Consiglio, impegnato proprio in queste ore in un evento di carattere familiare fissato da ormai molti mesi, spetta a me l’onore, insieme al ministro degli Esteri, agli altri membri del Governo che incontrerà tra poco e all’ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede, di darle il benvenuto più caloroso a palazzo Borromeo, dove non si registrava la visita di un Pontefice dall’ormai lontano 1986.

In questa chiesa dedicata a san Carlo Borromeo, che abitò questa casa 450 anni fa, ella trova il personale dell’ambasciata con i più stretti congiunti, così come al suo arrivo ha incontrato nell’androne i figli, e anche alcuni nipoti, di chi in questa sede vive e lavora. La accolgono qui una piccola comunità e un gruppo di famiglie, persone unite tra loro, talune da vincoli stretti di sangue e tutte dal comune obiettivo di servire al meglio lo sviluppo delle relazioni tra il Governo italiano e la Sede Apostolica.

Questa chiesa, appena restaurata e rinnovata, ha ricevuto nei giorni scorsi la visita del suo primo collaboratore, il cardinale segretario di Stato, che vi ha tenuto una celebrazione eucaristica dopo i lavori effettuati, che hanno coinvolto anche altre parti del palazzo. Un importante e accurato restauro che è segno esteriore della volontà di dare un nuovo impulso e una nuova profondità al rapporto con la Sede Apostolica e con la Chiesa in Italia; l’attenzione con cui da parte di tutti si è cercato di fare il meglio riflette non solo l’intensità del rapporto bilaterale, ma anche e soprattutto la qualità che allo stesso si vuole attribuire.

È una circostanza del tutto eccezionale quella che vede un Pontefice visitare una sede diplomatica a Roma. Siamo ben consapevoli di questo privilegio e della sua eccezionalità e per questo molto onorati e commossi. Vogliamo considerare questa visita, come «L’Osservatore Romano» scrisse nel giugno del 1951 nel riportare la notizia del passaggio a palazzo Borromeo di Sua Santità Pio xii, come un gesto «in forma familiare» in cui la presenza di alcuni membri del Governo sta a significare non ufficialità, ma genuino e personale interesse per le relazioni con la Santa Sede, nonché altissimo rispetto e grande considerazione per la sua persona.

La sua presenza qui, Santità, ci conferma che la strada percorsa assieme in questi ottant’anni di vita del Trattato Lateranense e di venticinque del nuovo Concordato è contrassegnata da una più che soddisfacente evoluzione del rapporto bilaterale, che conferma l’attualità e la validità dello strumento concordatario. Tutto ciò è stato reso anche possibile dall’impegno profuso nel tempo dai capi missione che si sono succeduti a palazzo Borromeo, che sono oggi qui con noi, e dai loro collaboratori che, a ogni livello, hanno prestato servizio in quest’ambasciata e che vorrei tutti, in questa occasione, ringraziare.


Saluto del Ministro degli Esteri Franco Frattini a sua Santità Benedetto XVI, nella sala delle Bandiere, a nome dei presenti, del Presidente della Repubblica e del Governo italiano

Santità,

eminenze reverendissime, eccellenze reverendissime, reverendissimi monsignori, signori ministri e sottosegretari, rappresentanti del corpo diplomatico presso la Santa Sede, signore e signori, è con una certa emozione che diamo alla Santità vostra, oggi, il benvenuto nell’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede. Sono passati ormai più di 22 anni dall’ultima visita di un Pontefice a palazzo Borromeo: il suo predecessore Giovanni Paolo ii fu qui nel 1986, prima di lui, nel 1964, venne a via Flaminia Paolo vi e ancor prima Pio xii, il 2 giugno del 1951.

Queste graditissime visite, che si ripetono nel tempo a distanza periodica, quasi a un quarto di secolo l’una dall’altra, rappresentano una testimonianza importante della profonda consonanza che, negli anni, continua a caratterizzare le relazioni fra lo Stato e la Chiesa in Italia. Fra due mesi, nel febbraio prossimo, celebreremo un doppio anniversario: gli 80 anni della chiusura della questione romana, con la firma del Trattato Lateranense, e i venticinque anni dall’Accordo di modificazione del Concordato. Si tratterà di una occasione, che auspico possa essere utile anche al grande pubblico, per conoscere meglio lo strumento concordatario e sottolineare il suo significato e la sua perdurante attualità.

Santità,

la sua presenza oggi a palazzo Borromeo ci consente di cogliere, nell’ambito di questo armonioso rapporto che lega le due sponde del Tevere, un aspetto cruciale per la vita della Chiesa, e al quale l’Italia assicura il suo convinto contributo. Mi riferisco alla nostra profonda identità di vedute nella costante azione a tutela dei diritti dell’uomo.

Proprio nel corso di questa settimana il presidente Napolitano ha presenziato insieme a lei nell’Aula Paolo vi alla manifestazione che la Santa Sede ha organizzato a ricordo del sessantesimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. La presenza, in tale circostanza, del capo dello Stato ben rappresenta quel comune sentire che accomuna Italia e Santa Sede nella costante difesa dell’essere umano e della sua dignità in tutto il mondo. Siamo convinti che i diritti fondamentali devono rimanere gli stessi per ogni individuo. Non dobbiamo e non possiamo inseguire, soprattutto in Europa, astratti modelli di integrazione multiculturale a scapito del rispetto dei diritti individuali. Deve essere la promozione di questi ultimi, un nuovo umanesimo fondato sui diritti della persona, a forgiare oggi l’identità europea e a porsi come condizione per l’integrazione.

Desidero poi confermare — Santità — come il Governo italiano ritenga centrale, nell’ambito dei diritti umani, la tutela della libertà di culto, che non significa solamente possibilità di vivere il proprio credo in privato, ma soprattutto libertà di espressione pubblica delle convinzioni religiose di ciascun individuo e gruppo. Per questo l’Italia, il Governo italiano, ha sempre mostrato profonda sensibilità per la sorte delle minoranze cristiane in ogni parte del mondo esercitando una costante azione a loro supporto. Penso, in particolare, alla minoranza presente in India per la quale, di fronte ai recenti luttuosi avvenimenti, siamo intervenuti sia bilateralmente con il Governo indiano che nell’ambito dell’Unione europea. Siamo inoltre fortemente convinti che la stabilizzazione del Medio Oriente passi anche attraverso la salvaguardia delle diverse comunità cristiane che sono storicamente presenti nella regione alle quali, in particolare in Libano e in Iraq, forniamo il nostro costante supporto e aiuto.

Mi consenta infine di toccare un aspetto al quale ci richiama il luogo nel quale ci troviamo. L’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede è l’organo del ministero degli Esteri che collabora giornalmente con la Segreteria di Stato di vostra Santità per rendere concretamente possibile quel diritto di legazione attivo e passivo che la Santa Sede possiede per antica consuetudine, codificata anche nei Patti Lateranensi. Si tratta di un servizio talvolta di poca visibilità, ma che crediamo ugualmente importante affinché gli organi centrali della Chiesa possano godere di quella piena libertà che è necessaria all’esercizio del proprio alto magistero.

Santità,

è con questi sentimenti che le do il benvenuto a palazzo Borromeo, formulando fervidi auguri per la sua persona e la sua altissima missione.


Parole del Santo pronunciate durante la visita all’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede nel Salone dell’Ambasciata, Sabato, 13 dicembre 2008

Signor Ministro degli Affari Esteri,
Signor Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio,
Signor Ambasciatore presso la Santa Sede,
Rappresentanti del Corpo Diplomatico presso la Santa Sede,
illustri Autorità,
Signori e Signore!

Sono veramente lieto di poter oggi accogliere l’amabile invito rivoltomi a visitare questo storico edificio, sede dell’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede. Saluto cordialmente tutti, ad iniziare dal Signor Ministro degli Affari Esteri, che ringrazio per le espressioni deferenti che mi ha appena rivolto. Saluto gli altri Ministri, le Autorità presenti e in modo speciale l’Ambasciatore Antonio Zanardi Landi. Grazie di cuore per la cortese accoglienza, accompagnata da un gradito intermezzo musicale.

Come è stato già ricordato, questo storico Palazzo ha ricevuto la visita di tre miei Predecessori: i Servi di Dio Pio XII, il 2 giugno 1951, Paolo VI, il 2 ottobre del 1964 e Giovanni Paolo II, il 2 marzo 1986. Nell’odierna solenne ed al tempo stesso familiare circostanza, mi tornano alla mente pure i recenti incontri con il Presidente della Repubblica: quello del 24 aprile scorso in occasione del concerto da lui offertomi per l’anniversario del solenne inizio del mio servizio sulla Cattedra di Pietro; quello, poi, del 4 ottobre, al Quirinale, e quello di mercoledì scorso nell’Aula Paolo VI in Vaticano, in occasione del concerto per il 60° anniversario della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, a cui Ella, Signor Ministro degli Affari Esteri, ha fatto riferimento. Mentre indirizzo un deferente e grato saluto al Presidente della Repubblica, mi piace riprendere quanto proprio nel corso della visita al Quirinale ebbi ad affermare, che cioè “nella città di Roma convivono pacificamente e collaborano fruttuosamente lo Stato Italiano e la Sede Apostolica” (L’Oss. Rom., 5 ottobre 2008, p. 8).

Basterebbe da sola la singolare attenzione mostrata dai Pontefici a questa Sede diplomatica per segnalare il riconoscimento dell’importante ruolo che ha svolto e svolge l’Ambasciata d’Italia negli intensi e particolari rapporti che intercorrono fra la Santa Sede e la Repubblica Italiana, come pure nelle relazioni di mutua collaborazione fra la Chiesa e lo Stato in Italia. Avremo di sicuro modo di evidenziare quest’importante duplice ordine di vincoli diplomatici, sociali e religiosi nel mese di febbraio del prossimo anno nella ricorrenza dell’80° della firma dei Patti Lateranensi e del 25° dell’Accordo di modifica del Concordato. A questo anniversario è stato fatto già riferimento per sottolineare giustamente il fruttuoso rapporto che esiste tra l’Italia e la Santa Sede. Si tratta di un’intesa quanto mai importante e significativa nell’attuale situazione mondiale, nella quale il perdurare di conflitti e di tensioni tra popoli rende sempre più necessaria una collaborazione tra tutti coloro che condividono gli stessi ideali di giustizia, di solidarietà e di pace. Non posso inoltre, riprendendo quanto Ella, Signor Ministro degli Affari Esteri, ha detto, non far cenno con sensi di viva gratitudine alla collaborazione che quotidianamente si svolge tra l’Ambasciata d’Italia e la mia Segreteria di Stato, ed a questo proposito saluto cordialmente i Capi Missione che in questi anni si sono succeduti a Palazzo Borromeo e che oggi hanno gentilmente voluto essere con noi.

Questa breve visita mi è propizia per ribadire come la Chiesa sia ben consapevole che “alla struttura fondamentale del cristianesimo appartiene la distinzione tra ciò che è di Cesare e ciò che è di Dio (cfr Mt 22,21), cioè la distinzione tra Stato e Chiesa” (Enc. Deus caritas est, 28). Tale distinzione e tale autonomia non solo la Chiesa le riconosce e rispetta, ma di esse si rallegra, come di un grande progresso dell’umanità e di una condizione fondamentale per la sua stessa libertà e l’adempimento della sua universale missione di salvezza tra tutti i popoli. In pari tempo, però, la Chiesa sente come suo compito, seguendo i dettami della propria dottrina sociale, argomentata “a partire da ciò che è conforme alla natura di ogni essere umano” (ibid.), di risvegliare nella società le forze morali e spirituali, contribuendo ad aprire le volontà alle autentiche esigenze del bene. Perciò, richiamando il valore che hanno per la vita non solo privata ma anche e soprattutto pubblica alcuni fondamentali principi etici, di fatto la Chiesa contribuisce a garantire e promuovere la dignità della persona e il bene comune della società, ed in questo senso si realizza l’auspicata vera e propria cooperazione tra Stato e Chiesa.

Mi sia ora consentito di menzionare con gratitudine anche il prezioso contributo che, sia questa Rappresentanza diplomatica, sia in generale le Autorità italiane offrono generosamente affinché la Santa Sede possa liberamente svolgere la sua missione universale e, quindi, anche intrattenere rapporti diplomatici con tanti Paesi del mondo. A questo proposito, saluto e ringrazio il Decano e alcuni rappresentanti del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, che prendono parte a questo nostro incontro, e sono certo che essi condividono questo apprezzamento per i preziosi servizi che l’Italia rende alla loro delicata e qualificata missione.

Signore e Signori, è davvero significativo che la Rappresentanza diplomatica italiana presso la Santa Sede abbia dal 1929 la sua sede dove visse da giovane san Carlo Borromeo, che allora esercitava l’ufficio di collaboratore del Romano Pontefice nella Curia Romana, guidando quella che si definisce normalmente la diplomazia della Santa Sede. Coloro che qui operano possono quindi trovare in questo santo un costante protettore, ed al tempo stesso, un modello a cui ispirarsi nello svolgimento dei loro quotidiani compiti. Affido alla sua intercessione quanti qui oggi sono convenuti, e formulo a ciascuno un sincero augurio di ogni bene. Mentre si avvicina la festa del Natale del Signore Gesù, questo augurio si estende alle Autorità italiane, a cominciare dal Presidente della Repubblica, e all’intero diletto popolo di questa amata Penisola. Il mio augurio di pace abbraccia poi tutti i Paesi della terra, che siano o meno ufficialmente rappresentati presso la Santa Sede. E’ un augurio di luce e di autentico progresso umano, di prosperità e di concordia, realtà tutte alle quali possiamo aspirare con fiduciosa speranza, perché sono doni che Gesù ha recato nel mondo nascendo a Betlemme. La Vergine Maria, che qualche giorno fa abbiamo venerato come Immacolata Concezione, ottenga questi doni, ed ogni altro desiderato vero bene all’Italia e al mondo intero, dal suo Figlio, il Principe della pace, la cui benedizione invoco di cuore su tutti voi e sulle persone a voi care.


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