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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Notizie • 8 Giugno 2006

Libert religiosa, proselitismo e conversioni forzate in alcuni recenti interventi della Santa Sede (maggio 2006)


Libertà religiosa, proselitismo e conversioni forzate in alcuni recenti interventi della Santa Sede.

:: Roma 17/05/2006

Il Vaticano ed il Consiglio ecumenico delle Chiese (WCC) hanno di recente lanciato un progetto di studio triennale (di iniziativa del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso e dell’Ufficio relazioni e dialogo interreligioso del Consiglio ecumenico) che si propone di valutare il tema della conversione religiosa dal punto di vista cristiano e di elaborare un codice di condotta comune. Il codice dovrebbe stabilire una distinzione “tra testimonianza e proselitismo” e ribadire il “rispetto della libertà di pensiero, di coscienza e di religione dell’altro”. E’ quanto è emerso al termine di un incontro, svoltosi a Velletri (Roma) dal 12 al 16 maggio, denominato “Riflessione interreligiosa sulla conversione: dalla controversia a un codice di condotta comune”.

Durante l’incontro si è affermato che “la libertà di religione connota la libertà, senza nessuno ostacolo, della pratica della fede di ciascuno, di diffonderne gli insegnamenti e la libertà di abbracciare un’altra fede senza costrizioni”. Allo stesso modo questo diritto prevede “la responsabilità, non negoziabile, del rispetto delle fedi, di non denigrarle o svilirle con lo scopo di affermare la superiorità della propria sulle altre, violando la sensibilità e i diritti altrui”. Sono emerse anche la forte raccomandazione di “liberarsi dall’ossessione di convertire gli altri” e la necessità di “un onesto esame di coscienza”; tra le proposte per un approccio giusto al tema delle conversioni vi sono state quelle di scoraggiare e rifiutare “sistemi non etici”, evitando di approfittare di persone vulnerabili come bambini e disabili, e portare avanti il lavoro umanitario senza ulteriori scopi.

:: New Delhi 24/05/2006 (Fonte: Agenzia Fides)

Intervento del Card. Ivan Dias, nominato Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, sulla libertà religiosa e le leggi anti-conversioni in India

Ribadire la piena libertà di coscienza di ogni cittadino, a qualunque religione appartenga; affermare che opporsi a ogni genuina conversione costituisce una “indebita interferenza nelle competenze di Dio”: sono alcuni punti nodali dell’intervento del Card. Ivan Dias – nominato il 20 maggio Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli – sulla libertà religiosa e le leggi anti-conversioni in India.

L’intervento del Cardinale Dias giunge dopo le critiche rivolte da alcuni settori del governo indiano, dalla stampa e da alcuni intellettuali indiani alle parole del Santo Padre Benedetto XVI che si era espresso sulla situazione indiana, ricevendo il nuovo Ambasciatore presso la Santa Sede, S. Ecc. Amitava Tripathi(*). Il Papa ha denunciato gli “inquietanti segnali di intolleranza religiosa in alcune regioni della Nazione, incluso il riprovevole tentativo di votare in modo chiaramente discriminatorio restrizioni al diritto fondamentale della libertà religiosa”. Benedetto XVI aveva in particolare sottolineato che i tentativi di introdurre una legislazione per vietare le conversioni “devono essere fermamente rifiutati non solo come incostituzionali, ma anche come contrari ai più alti ideali dei padri fondatori dell’India, che hanno creduto in una Nazione di coesistenza pacifica e tolleranza reciproca tra le varie religioni e i vari gruppi etnici”.

Le parole del Papa sono state considerate un riferimento alle leggi anticonversione, che esistono in alcuni Stati indiani, e ai tentativi di introdurle in altri Stati. Il governo di New Delhi ha convocato il Nunzio apostolico in India, mons. Pedro Lopez Quintana, per esprimere il suo disappunto affermando che “è universalmente riconosciuto che l’India è un Paese secolare e democratico in cui tutti i fedeli delle varie religioni godono di uguali diritti” e “c’è libertà di professare, praticare e diffondere la religione”.

Diffusa dalla Conferenza dei Vescovi Cattolici dell’India (CBCI), la dichiarazione del Cardinal Dias ricorda le parole del Papa, sottolineando che “la libertà di coscienza e il diritto di professare, praticare e diffondere liberamente la religione di ciascuno sono stati consacrati nella Costituzione indiana”. Il porporato indiano ha ricordato poi che le conversioni “non devono mai essere indotte con la forza, la frode o mezzi di attrazione”. La Chiesa cattolica considera tali conversioni “non valide”; infatti “qualsiasi opposizione di legge o di fatto ad una conversione genuina, oltre a costituire una grave violazione dei diritti umani e dello spirito della Costituzione indiana, è soprattutto un’ingiustificata interferenza nella competenza unica di Dio nella questione”.

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Pubblichiamo il testo integrale, in lingua inglese, dell’intervento del Card. Ivan Dias

During the audience which His Holiness Pope Benedict XVI recently granted to India’s new Ambassador to the Holy See, he made the following observation on religious freedom in India: “The disturbing signs of religious intolerance which have troubled some regions of the nation, including the reprehensible attempt to legislate clearly discriminatory restrictions on the fundamental right of religious freedom, must be firmly rejected as not only unconstitutional, but also as contrary to the highest ideals of India’s founding fathers, who believed in a nation of peaceful coexistence and mutual tolerance between different religions and ethnic groups”.

In the wake of some criticism to this statement by a tiny politico-religious fraction (unrepresentative) of the religious majority in India, the following points are worth noting:

1. Conversion from one religious belief to another is a strictly personal matter between God and the individual concerned. The freedom of conscience and the right to freely profess, practise and propagate one’s religion have been enshrined in the Constitution of India. This is but an affirmation of the human rights to which every man, woman and child is entitled. Conversions, however, should never be induced by force, fraud or allurement: the Catholic Church considers all such conversions as invalid. But, any opposition by law or de facto to a genuine conversion, besides being a grave violation of the code of human rights and of the spirit of the Indian Constitution, is, above all, an unwarranted interference in God’s unique competence in the matter.

It is, therefore, imperative that the said group be asked to produce factual evidence proving a single forced conversion to the Catholic Church in India as a sign of its bonafide intentions. All allegations made in this regard in the past have proved to be utterly false, like the one made last year by a Government education officer against a Catholic school in Nashik, when he was refused a favour he was demanding very arrogantly. When questioned by his superiors at Mantralaya and asked to produce proof of his complaint, he was quick to retract his accusation and he publicly apologised for his haughty behaviour.

2. The Christians in India number only 2.3% of the total population: of these 1.8% belong to the Catholic Church. Despite being such a tiny minority, the Christians cater to 20% of all the primary education in the country, 10% of the literacy and community health care programmes, 25% of the care of the orphans and widows, and 30% of the care of the handicapped, lepers and AIDS patients. The vast majority of those who avail themselves of these institutions belong to faiths other than Christian. These institutions are much appreciated by Hindus, Muslims and persons of other faiths or of no faith at all, who admire the Christians for their selfless service of the suffering, the marginalised, the illiterate and the downtrodden.

The aforementioned group would do well to examine how much it is doing in favour of the educational, health and social uplift of the Indian people, and should not take it amiss that some members of the religious majority in India (and of other communities as well) feel attracted to follow a religion whose founder, Our Lord Jesus Christ, told His followers that He had come, not to be served, but to serve and who commanded them to love one another as He had loved them. The group can also ask itself why so many persons of other faiths, including even government officials, insist on their children being educated in so-called “convent schools” or on admitting their sick and aged relatives in Catholic hospitals or homes.

3. The same group could also make a survey as to how many of the millions of persons who have passed through the Catholic educational, health or social institutions in India from time immemorial – and these include, interalia, renowned judges and advocates, medical practitioners and nurses, political and religious leaders, and even some prominent members of the group itself! – have been converted or were asked to convert to Christianity. They would thus find the reason why, after two thousand years of Christian presence in India and the zealous activity of its members in favour of the local population, the number of Christians remains exceedingly small in the country.

4. If the said group is unable to answer these points satisfactorily, it would do well to re-consider its profoundly biased attitude towards the Christian community, and be ashamed of the attacks, both verbal and physical, which some of its members make on Christian personalities and institutions in several States in the country. Such a behaviour is indeed unbecoming of civilised persons and seriously endangers the secular and democratic fabric of our beloved Motherland, to which Catholics in India are proud to belong as law-abiding citizens

23 May 2006

+ Cardinal Ivan Dias
appointed Prefect of Vatican’s Congregation for Evangelization of Peoples


(*) Discorso di Benedetto XVI al nuovo Ambasciatore dell’India presso la Santa Sede, S.E. Amitava Tripathi

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