Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Notizie • 12 Giugno 2008

Osservatorio Gran Bretagna: approvato il “Criminal Justice and Immigration Bill”, che ha abrogato i reati di “blasphemy” (8 maggio 2008)

Nella sessione finale dell’iter di approvazione del Criminal Justice and Immigration Bill – promulgato l’8 maggio scorso -, sono state apportate due significative novità sul fronte della disciplina delle “religious offences” nel Regno Unito.

La prima è rappresentata dalla clausola 79 che abroga le fattispecie di blasphemy e blasphemous libel ancora vigenti nella common law ed in alcuni statutes in Inghilterra e in Galles. L’approvazione di tale clausola è il risultato di un vivace dibattito parlamentare, nel quale sono emerse posizioni eterogenee sull’opportunità di abrogare le fattispecie in questione, che rappresentavano uno dei più tradizionali “simboli storici” dell’alleanza tra Stato britannico e Church of England.

La clausola approvata rappresenta un compromesso tra la proposta originariamente presentata nella House of Commons (che prevedeva solo l’abrogazione delle common law offences di blasphemy e blasphemous libel) e quella avanzata il 4 febbraio 2008 (che includeva anche l’abrogazione delle fattispecie di turbamento di funzione religiosa, di aggressione a persone in chiesa o in cimitero e delle condotte “blasfeme” previste in alcune leggi del XIX secolo). Infatti nella versione approvata, l’abrogazione è circoscritta alle “offese di common law” di blasphemy e blasphemous libel ed ai riferimenti al blasphemous libel contenuti nella sezione 1 del Criminal Libel Act 1819, che assegnava ai giudici la facoltà di sequestrare le opere in circolazione dell’autore della pubblicazione blasfema, e nella sezione 4 del Law of Libel Amendment Act 1888, che annoverando come materie escluse dalla punibilità, i rapporti giornalistici su notizie o persone di pubblico interesse, escludeva le ipotesi di pubblicazione blasfema, che rimanevano così perseguibili. La clausola approvata non contiene quindi alcun riferimento alle condotte di turbamento nei luoghi di culto e di aggressione o violenza perpetrate nei cimiteri. Nel dibattito parlamentare, la scelta è stata giustificata dal fatto che gli aspetti più vistosamente anacronistici e problematici delle condotte di blasphemy e blasphemous libel non sono presenti nelle fattispecie che, a diverso titolo, proteggono i luoghi di culto. Innanzitutto non sarebbe ravvisabile in tali ipotesi un contrasto con la libertà di espressione, dal momento che le condotte perseguibili si sostanziano per lo più in comportamenti materiali ed esterni che denotano indecenza, disprezzo e violenza. In secondo luogo, l’aspetto discriminatorio della esclusiva tutela del cristianesimo (e della Church of England) sarebbe notevolmente attenuato, in quanto le medesime condotte sono penalmente rilevanti anche se commesse in luoghi di culto diversi da quelli cristiani, purché registrati secondo le procedure previste dal Places of Worship Registration Act 1855. La maggiore “afferrabilità” della condotta e la compatibilità con il principio di uguaglianza rendono le fattispecie di “making a disturbance in churches, chapels, churchyards, or burial grounds” meno conflittuali e più attuali in vista della tutela dei molteplici aspetti delle manifestazioni esterne, pubbliche del fenomeno religioso.

Per ciò che concerne, la disposizione che limita l’ambito di applicazione della legge, all’Inghilterra ed al Galles (par. (1) e par. (4) della clausola), essa si spiega con il fatto che sia in Scozia che in Irlanda del Nord la blasphemy non era più considerata vigente. In particolare, in Scozia l’ultimo processo per blasphemy risale al 1843 e le condizioni di procedibilità previste dal diritto penale scozzese per le private prosecutions rendono difficile l’instaurazione di un processo per blasphemy, dal momento che occorre provare la sussistenza di un concreto e personale interesse alla condanna del soggetto “denunciato”. La non esistenza della blasphemy è, poi, un dato largamente condiviso in Irlanda del Nord, dove nel 1999 la Suprema Corte ha a chiare lettere escluso la vigenza della fattispecie, sostenendo, tra le altre argomentazioni, che il disestablishment della Chiesa di Inghilterra nel 1871 ha fatto venir meno l’oggetto giuridico tipicamente tutelato dalla blasphemy. L’estensione al Galles dell’abrogazione della common law di blasphemy, al contrario, chiarisce definitivamente il dubbio sulla vigenza o meno della fattispecie in questo ordinamento. Nonostante la sua specificità costituzionale e storica, infatti, in Galles si applica comunque la common law di Inghilterra e quindi, la fattispecie di common law di blasphemy sarebbe astrattamente vigente; ciò creava tuttavia dei problemi di coerenza con riferimento all’oggetto tutelato, la Established Church of England, che avrebbe perso la sua ragion d’essere in Galles dove la Chiesa anglicana, dal 1914, non è più riconosciuta quale Established Church. La clausola in esame, quindi, elimina i dubbi sulla vigenza della blasphemy offence in Galles espungendo la fattispecie non solo dal sistema di common law britannico, dove essa è stata più spesso invocata ed applicata, ma anche da quello gallese.

Il secondo ordine di novità è costituito dalla modifica di alcuni aspetti del Public Order Act 1986, così come emendato dal Racial and Religious Hatred Act 2006. Oltre alla realizzazione di una omogeneità di disciplina per il Galles, l’Inghilterra e la Scozia, tre appaiono gli interventi maggiormente rilevanti. In primo luogo, la legge del 2008 estende la punibilità penale delle condotte di incitamento all’odio religioso alle medesime condotte se perpetrate in ragione dell’orientamento sessuale. In secondo luogo, la nuova normativa estende la causa di esclusione della punibilità, a tutela della libertà di pensiero nell’esercizio della funzione legislativa, anche ai “chiari e accurati rapporti” presentati nell’Assemblea del Galles, correggendo la problematica scelta contenuta nel Religious Hatred Act 2006 di limitare tale “clausola di salvaguardia” solo all’attività posta in essere dal Parlamento britannico o scozzese. In terzo luogo, innalza da sei a dodici mesi la pena edittale massima in caso di condanne pronunciate su fatti commessi dopo la promulgazione della s. 154(1) del Criminal Justice Act 2003, all’esito di un procedimento sommario (summary conviction) dinanzi ad una Magistrates’ Court.
(Anna Gianfreda)

Dal sito web del Parlamento:
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