Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Parere 20 dicembre 2006

Consiglio Superiore di Sanità. Parere 20 dicembre 2006: “Trattamenti sanitari ed accanimento terapeutico”. CONSIGLIO SUPERIORE DI SANITA’ – SESSIONE XLVI IL CONSIGLIO SUPERIORE DI SANITA’ Assemblea Generale Vista la richiesta del Ministro della Salute relativa al quesito: ”se nel trattamento cui è sottoposto attualmente il Signor W. non possa ravvisarsi la fattispecie del c.d. accanimento […]

Sentenza 16 ottobre 2007, n.21748

In una situazione cronica di oggettiva irreversibilità del quadro
clinico, può essere dato corso, come estremo gesto di rispetto
dell’autonomia del malato in stato vegetativo permanente, alla
richiesta – proveniente dal tutore che lo rappresenta – di
interruzione del trattamento medico che lo tiene artificialmente in
vita, allorché quella condizione – proprio muovendo dalla volontà
espressa prima di cadere in tale stato e tenendo conto dei valori e
delle convinzioni propri della persona in stato di incapacità – si
appalesi, in mancanza di qualsivoglia prospettiva di regressione della
patologia, lesiva del suo modo di intendere la dignità della vita e
la sofferenza nella vita. Sulla base di tali considerazioni, la
decisione del giudice, dato il coinvolgimento nella vicenda del
diritto alla vita come bene supremo, può essere nel senso
dell’autorizzazione soltanto (a) quando la condizione di stato
vegetativo sia, in base ad un rigoroso apprezzamento clinico,
irreversibile e non vi sia alcun fondamento medico, secondo gli
standard scientifici riconosciuti a livello internazionale, che lasci
supporre che la persona abbia la benché minima possibilità di un
qualche, sia pure flebile, recupero della coscienza e di ritorno ad
una percezione del mondo esterno; e (b) sempre che tale istanza sia
realmente espressiva, in base ad elementi di prova chiari, concordanti
e convincenti, della voce del rappresentato, tratta dalla sua
personalità, dal suo stile di vita e dai suoi convincimenti,
corrispondendo al suo modo di concepire, prima di cadere in stato di
incoscienza, l’idea stessa di dignità della persona.

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– CORTE DI CASSAZIONE. SEZIONE I CIVILE, Ordinanza 20 aprile 2005, n.
8291 [https://www.olir.it/ricerca/index.php?Form_Document=2305],
Rigettata l’istanza diretta ad ottenere l’autorizzazione
all’interruzione dell’alimentazione artificiale richiesta dal tutore;
– TRIBUNALE CIVILE,Parere 11 dicembre 2006
[https://www.olir.it/ricerca/index.php?Form_Document=3996], Diritto del
paziente ad interrompere il trattamento terapeutico;
– TRIBUNALE CIVILE,Ordinanza 16 dicembre 2006
[https://www.olir.it/ricerca/index.php?Form_Document=3997], Accanimento
terapeutico e diritto del paziente ad interrompere il trattamento
sanitario;
– CONSIGLIO SUPERIORE DI SANITÀ, Parere 20 dicembre 2006
[https://www.olir.it/ricerca/index.php?Form_Document=4417], Trattamenti
sanitari ed accanimento terapeutico;
– COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA.Parere 30 settembre 2005
[https://www.olir.it/ricerca/index.php?Form_Document=3413],
Interruzione dell’alimentazione ed idratazione di pazienti in stato
vegetativo persistente;
– CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO.Sentenza 29 aprile 2002
[https://www.olir.it/ricerca/index.php?Form_Document=885])

Ordinanza 16 dicembre 2006

Nel caso di paziente affetto da un gravissimo stato morboso incurabile
è inammissibile la richiesa, ex art. 700 c.p.c., di un provvedimento
finalizzato all’interruzione della respirazione artificiale. Se da un
lato, esiste infatti il diritto di autodeterminarminazione del
paziente, dall’altro, sussiste invece il dovere giuridico, etico e
deontologico del medico di mantenere in vita il malato; dovere che si
arresta solo di fronte all’incurabilità della malattia e alla
futilità del trattamento (cd. accanimento terapeutico). Ciò
rilevato, in assenza di una determinazione normativa degli elementi
concreti, di natura fattuale e scientifica, di una delimitazione
giuridica di ciò che può essere considerato accanimento terapeutico,
va esclusa la sussistenza di una forma di tutela tipica dell’azione da
far valere nel giudizio di merito, con conseguente inmmissibilità
della relativa azione cautelare, attesa la sua finalità strumentale
ed anticipatoria degli effetti del successivo giudizio.

Parere 11 dicembre 2006

Nel caso di paziente affetto da un gravissimo stato morboso
degenerativo, per il quale non esistano trattamenti sanitari in grado
di arrestarne l’evoluzione, la richiesa di interrompere il trattamento
terapeutico non voluto è ammissibile e va accolta. Per quanto
riguarda, invece, la possibilità di ordinare ai medici di non
ripristinare la terapia, il ricorso è inammissibile, perché trattasi
di una scelta discrezionale affidata al medico, anche se tecnicamente
vincolata, in merito all’utilità e alla necessità di ripristinare in
un momento successivo la terapia, secondo quanto indicato
nell’articolo 37 del codice deontologico il quale prevede: “In caso di
malattia a prognosi sicuramente infausta o pervenute alla fase
terminale, il medico deve limitare la sua opera all’assistenza morale
e alla terapia atta a risparmiare inutili sofferenze, fornendo al
malato i trattamenti appropriati a tutela, per quanto possibile, della
qualità di vita”.

Parere 30 settembre 2005

Per giustificare bioeticamente il fondamento e i limiti del diritto
alla cura e all’accudimento nei confronti delle persone in stato
vegetativo permanente, va ricordato che ciò che va loro garantito è
il sostentamento ordinario di base: la nutrizione e l’idratazione,
sia che siano fornite per vie naturali che per vie non naturali o
artificiali. Nutrizione e idratazione vanno dunque considerati atti
dovuti eticamente – oltre che deontologicamente e giuridicamente – in
quanto indispensabili per garantire le condizioni fisiologiche di base
per vivere. Anche quando l’alimentazione e l’idratazione devono
essere forniti da altre persone ai pazienti in SVP per via
artificiale, sussistono pertanto ragionevoli dubbi sul considerare
tali atti come “atti medici” o “trattamenti medici” in senso proprio,
e non quali forme di assistenza ordinaria di base. Dunque, la
sospensione di tali pratiche va valutata non come la doverosa
interruzione di un accanimento terapeutico, ma piuttosto come una
forma da un punto di vista umano e simbolico particolarmente crudele
di “abbandono” del malato. Tuttavia, qualora l’alimentazione e
l’idratazione assumano “carattere straordinario” e la loro sospensione
sia stata validamente richiesta dal paziente nelle proprie
Dichiarazioni anticipate di trattamento, non pare in dubbio che il
medico possa accedere a tale richiesta, sebbene a questa soluzione
sembra che osti la grande difficoltà psicologica ed umana di lasciar
morire il paziente per inedia. Diversa è invece l’ipotesi tipica
sopra descritta, in cui alimentazione ed idratazione più che il
carattere di un atto medico, abbiano quello di una ordinaria
assistenza di base. In tale fattispecie, la richiesta nelle
Dichiarazioni anticipate di una sospensione di detto trattamento si
configura infatti come istanza di una vera e propria eutanasia
omissiva, omologabile sia eticamente che giuridicamente ad un
intervento eutanasico attivo, illecito sotto ogni profilo.