Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Legge 19 aprile 2013, n.20

Sul sito del parlamento neozelandese il testo della legge con i link
alle norme modificate o abrogate:
http://www.legislation.govt.nz/act/public/2013/0020/latest/DLM4505003.html

Décision 17 maggio 2013, n.2013-669

_Par sa décision n° 2013-669 DC du 17 mai 2013, le Conseil
constitutionnel s’est prononcé sur la loi ouvrant le mariage aux
couples de personnes de même sexe. D’une part, il a jugé la loi
ouvrant le mariage aux personnes de même sexe conforme à la
Constitution. D’autre part le Conseil a formulé une réserve
relative à l’agrément en vue de l’adoption de l’enfant et
relevé que les règles du code civil mettent en oeuvre cette exigence
pour le jugement d’adoption. Il a jugé que ce choix du législateur
n’était contraire à aucun principe constitutionnel. En
particulier, il a jugé que même si la législation républicaine
antérieure à 1946 et les lois postérieures ont, jusqu’à la loi
déférée, regardé le mariage comme l’union d’un homme et
d’une femme, cette règle n’intéresse ni les droits et libertés
fondamentaux, ni la souveraineté nationale, ni l’organisation des
pouvoirs publics._ _La loi a pour conséquence de permettre
l’adoption par des couples de personnes de même sexe ainsi que
l’adoption au sein de tels couples. Le Conseil a jugé que la loi
contestée n’a ni pour objet, ni pour effet de reconnaître aux
couples de personnes de même sexe un « droit à l’enfant ».
D’autre part, il a jugé que le dixième alinéa du Préambule de la
Constitution de 1946 implique le respect de l’exigence de
conformité de l’adoption à l’intérêt de l’enfant. Le Conseil
a vérifié le respect de cette exigence par les dispositions
applicables tant aux couples de personnes de même sexe qu’à ceux
formés d’un homme et d’une femme. Par ailleurs la loi déférée
ne déroge pas à l’article 353 du code civil qui impose au tribunal
de grande instance de ne prononcer l’adoption que si elle est
conforme à l’intérêt de l’enfant. Cette disposition met en
œuvre l’exigence constitutionnelle selon laquelle l’adoption ne
peut être prononcée que si elle est conforme à l’intérêt de
l’enfant._ _Le Conseil a également estimé que l’ouverture de
l’adoption aux couples de personnes de même sexe et au sein de tels
couples n’avait par pour effet de rendre inintelligibles les autres
dispositions du code civil, notamment celles relatives à la
filiation. Le Conseil a écarté les griefs formulés par les
requérants dirigés contre les dispositions de la loi relatives au
nom de famille, au code du travail, au recours aux ordonnances, à la
validation des mariages antérieurs à la loi et à l’application de
la loi outre-mer. Ces diverses dispositions sont conformes à la
Constitution _[www.conseil-constitutionnel.fr: communiqué de presse].

Legge 17 maggio 2013, n.2013-404

France: Loi n° 2013-404 du 17 mai 2013 ouvrant le mariage aux couples de personnes de même sexe (*). (JORF n°0114 du 18 mai 2013 page 8253) L'Assemblée nationale et le Sénat ont adopté, Vu la décision du Conseil constitutionnel n° 2013-669 DC en date du 17 mai 2013, Le Président de la République promulgue […]

Sentenza 19 febbraio 2013, n.19010/07

L’impossibilité d’accès à
l’adoption coparentale pour les couples homosexuels en Autriche
est discriminatoire en comparaison avec la situation des couples
hétérosexuels non maries. La Cour européenne des
droits de l’homme conclut: à la majorité, à
la violation de l’article 14 (interdiction de la discrimination)
combiné avec l’article 8 (droit au respect de la vie
privée et familiale) de la Convention européenne des
droits de l’homme en raison de la différence de
traitement subie par les requérants pour autant que l’on
compare leur situation avec celle d’un couple
hétérosexuel non marié dont l’un des
membres aurait souhaité adopter l’enfant de
l’autre. Elle a jugé que le Gouvernement n’avait
pas fourni de raisons convaincantes propres à établir
que la différence de traitement litigieuse était
nécessaire à la préservation de la famille ou
à la protection de l’intérêt de
l’enfant.

Sentenza 02 novembre 2012

Con questa sentenza di appello (ma non definitiva) l’_Upper
Tribunal_ ha confermato la legittimità del provvedimento con cui la
_Charity Commission_ per l’Inghilterra ed il Galles aveva rifiutato
alla _charity Catholic Care_ il permesso di modificare lo statuto in
modo da poter proseguire nella pratica di non erogare i propri servizi
adottivi a coppie omosessuali.
L’appellante _Catholic Care_ è una _charity_ della Diocesi
cattolica di Leeds che presta diversi servizi sociali, tra i quali
l’individuazione e selezione di potenziali genitori adottivi, il
collocamento di bambini adottivi ed il supporto post-adottivo in
favore dei genitori. Nel passato _Catholic Care_ aveva erogato tali
servizi esclusivamente in favore di genitori eterosessuali, anche se
di religione diversa dalla cattolica, motivando tale pratica con
l’osservanza del magistero della Chiesa cattolica.
Prima gli _Equality Act (Sexual Orientation) Regulations 2007_ e,
successivamente, l’_Equality Act 2010_ hanno introdotto, dopo un
periodo transitorio, un divieto di discriminazione nella prestazione
dei servizi, anche in capo alle _charities_.
In particolare, il vigente _Equality Act 2010_ – su cui si fonda la
sentenza – dispone che qualunque soggetto (pubblico o privato)
erogatore di un servizio pubblico non possa discriminare una persona
che richiede tale servizio (_Section_ 29) e che si ha discriminazione
ogniqualvolta sia accordato un trattamento meno favorevole in ragione
di una “caratteristica protetta” (_Section_ 13), tra le quali
rientra l’orientamento sessuale (_Section_ 4, dove sono indicate
tutte le “categorie protette”).
La _Section_ 193(2)(a) dell’_Equality Act 2010_, con specifico
riferimento alle _charities_, prevede la possibilità di limitare
l’erogazione di servizi a persone che condividono una certa
“caratteristica protetta”, ma solo ove ciò costituisca un mezzo
proporzionato per raggiungere un fine legittimo.
_Catholic Care_ ha, dunque, sostenuto che la modifica statutaria
proposta era finalizzata a garantire proprio l’erogazione dei
servizi adottivi poiché, ove non le fosse stato permesso di limitarli
alle coppie eterosessuali, i suoi sostenitori (motivati da determinate
convinzioni religiose) non l’avrebbero finanziata e, pertanto, essa
ne avrebbe cessato l’erogazione. Ad avviso della medesima appellante
il requisito della proporzionalità sarebbe stato, poi, assicurato
dalla possibilità per le coppie omosessuali di rivolgersi ad altri
operatori.
La sentenza ha, però, negato che nel caso specifico vi sarebbe un
danno per l’erogazione dei servizi adottivi nel caso di cessazione
dell’attività di _Catholic Care_ poiché gli altri operatori
sarebbero comunque in grado di soddisfare la domanda di servizi
adottivi.
Inoltre, richiamando alcune pronunce della Corte di Strasburgo
relative all’art. 14 della CEDU, l’_Upper Tribunal_ ha evidenziato
come un trattamento differenziato sulla base dell’orientamento
sessuale sia legittimo ove discenda da una decisione del legislatore
nazionale mentre in presenza di una legislazione che lo vieta
difficilmente può essere giustificato, quantunque motivato dal
perseguimento di un fine legittimo.
 
[La Redazione di OLIR.it ringrazia per la segnalazione del documento
e per la stesura del relativo Abstract il dr. Mattia F. Ferrero –
Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano]

Regolamento 17 aprile 2007, n.1263

Regolamento attuativo dell’Equality Act 2006
[https://www.olir.it/ricerca/index.php?Form_Document=3547] in materia
di discriminazione fondata sull’orientamento sessuale. Le
organizzazioni di tendenza a carattere religioso, le agenzie per le
adozioni e le “charities” possono, in determinate circostanze, agire
in deroga al divieto di discriminazione.

Sentenza 02 luglio 2008, n.18174

Negli ordinamenti musulmani, il dovere di fratellanza e di
solidarietà, cui esorta il Corano [ivi versetto 5], è assolto, nei
confronti dei minori illegittimi, orfani o comunque abbandonati,
attraverso lo strumento – di tutela e protezione dell’infanzia –
definito “Kafalah”, mediante il quale il minore, per il quale non sia
possibile attribuire la custodia ed assistenza (hadana) nell’ambito
della propria famiglia (legittima), può essere accolto da due coniugi
od anche da un singolo affidatario (kafil), che si impegnano a
mantenerlo, educarlo ed istruirlo, come se fosse un figlio proprio,
fino alla maggiore età, senza però che l’affidato (makful) entri a
far parte, giuridicamente, della famiglia che così lo accoglie. Ciò
premesso, si può dunque rilevare come tra la Kafalah islamica e il
modello dell’affidamento nazionale italiano prevalgano, sulle
differenze, i punti in comune, non avendo entrambi tali istituti, a
differenza dell’adozione, effetti legittimanti, e non incidendo, sia
l’uno che l’altro, sullo stato civile del minore; ed essendo anzi la
Kafalah, più dell’affidamento, vicina all’adozione, in quanto, mentre
l’affidamento ha natura essenzialmente provvisoria, la Kafalah
(ancorché ne sia ammessa la revoca) si prolunga tendenzialmente fino
alla maggiore età dell’affidato.

Convenzione 07 maggio 2008

Explanatory Report I. The European Convention on the Adoption of
Children (revised) was prepared, within the framework of the Council
of Europe, by a Working Party of the Committee of Experts on Family
Law (hereinafter the “CJ FA”), under the authority of the European
Committee on Legal Cooperation (hereinafter the “CDCJ”). Following
its examination and adoption by the Committee of Ministers of the
Council of Europe during its 118th Session (7 May 2008), the
Convention will be opened for signature on [november 2008]. (omissis)

Sentenza 20 marzo 2008, n.7472

Negli ordinamenti musulmani – mediante la “Kafalah” – il minore, per
il quale non sia possibile attribuire la custodia ed l’assistenza
(hadana) nell’ambito della propria famiglia legittima, può essere
accolto da due coniugi od anche da un singolo affidatario (kafil), che
si impegnino a mantenerlo, educarlo ed istruirlo, come se fosse un
figlio proprio, fino alla maggiore età, senza però che l’affidato
(makful) entri a far parte, giuridicamente, della famiglia che così
lo accoglie. Nei Paesi di area islamica (nel caso di specie, il
Marocco) la Kafalah viene generalmente disposta, ai sensi delle
rispettive legislazioni, con procedura giudiziaria o previo accordo,
tra affidanti e affidatari, autorizzato da un Giudice, Non può dunque
escludersi, agli effetti del ricongiungimento familiare,
l’equiparabilità della Kafalah islamica all’affidamento, posto che
tra quest’ultima e il modello dell’affidamento nazionale prevalgono,
sulle differenze, i punti in comune, non avendo entrambi tali istituti
effetti legittimanti e non incidendo, sia l’uno che l’altro, sullo
stato civile del minore; essendo anzi la Kafalah, più
dell’affidamento, vicina all’adozione in quanto, mentre l’affidamento
ha natura essenzialmente provvisoria, la Kafalah, ancorché ne sia
ammessa la revoca, si prolunga tendenzialmente a fino alla maggiore
età dell’affidato.

Sentenza 22 gennaio 2008, n.43546/02

_La Corte europea per i diritti dell’uomo di Strasburgo ha condannato
la Francia per aver rifiutato ad una donna omosessuale
l’autorizzazione ad adottare un bambino. Secondo la Corte la Francia
ha violato l’articolo 14 (divieto di discriminazione) e l’articolo 8
(diritto al rispetto della vita privata e familiare) della Convenzione
europea dei diritti dell’uomo. Il ‘Code Civil’ francese non si
pronuncia sulla necessità della presenza maschile per i procedimenti
di adozione, e pertanto, secondo i giudici di Starsburgo, “il diritto
francese autorizza l’adozione di un bambino da parte di un single,
aprendo così la strada all’adozione da parte di una persona
omosessuale”. Se il richiedente dunque, all’esito degli opportuni
accertamenti, presenta i requisiti idonei, conclude la Corte, è
discriminatorio negare l’adozione per motivi legati
all’orientamento sessuale. _