Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 27 agosto 2007, n.2786

La famiglia anagrafica è nozione ben distinta da quella di famiglia
c.d. “nucleare” o “civile”, ossia composta da persone unite in
matrimonio con effetti civili riconosciuti, con la conseguenza che la
famiglia anagrafica e la famiglia nucleare o civile possono anche non
coincidere. Secondo l’art. 4 del D.P.R. 223 del 1989, infatti,
“agli effetti anagrafici per famiglia si intende un insieme di
persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità,
adozione, tutela o da vincoli affettivi, coabitanti ed aventi dimora
abituale nello stesso comune”. La distinzione concettuale tra
famiglia nucleare e famiglia anagrafica è stata in particolare
ribadita dal Consiglio di Stato, Sez. V, (sentenza 13 luglio 1994 n.
770), che evidenziato come mentre la famiglia anagrafica è istituto
giuridico esclusivamente finalizzato alla “raccolta sistematica
dell’insieme delle posizioni” relative alle persone che hanno
fissato nel Comune la propria residenza (cfr. art. 1 D.P.R. 223 del
1989 cit.), la nozione giuridica di famiglia “nucleare” , ossia
componibile da genitori e da figli, risulta presupposta e tutelata nel
nostro ordinamento interno dagli artt. 29, 30 e 31 Cost., dagli artt.
144 e 146 c.c. e dall’art. 570 c.p., e – sotto il profilo della
necessaria conformazione dell’ordinamento medesimo “alle norme del
diritto internazionale generalmente riconosciute” (lo ius gentium
richiamato dall’art. 10, primo comma, Cost.) – anche dall’art. 12
della predetta Convenzione europea dei diritti dell’uomo,
dall’art. 16 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo
approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre
1948, nonché dall’art. 10 del Patto internazionale sui diritti
economici, sociali e culturali reso a sua volta esecutivo
nell’ordinamento italiano con L. 25 ottobre 1977 n. 881. Ciò
rilevato, occorre sottolineare che se – da un lato – l’art. 33,
comma 1, del D.P.R. 223 del 30 maggio 1989 dispone che
“l’Ufficiale dell’anagrafe rilascia a chiunque ne faccia
richiesta, fatte salve le limitazioni di legge, i certificati
concernenti la residenza e lo stato di famiglia”, dall’altro, il
comma 2 dello stesso articolo dispone che “ogni altra posizione
desumibile dagli atti anagrafici, […] può essere attestata o
certificata, qualora non vi ostino gravi o particolari esigenze di
pubblico interesse, dall’ufficiale di anagrafe d’ordine del
Sindaco”. In questo senso, l’Amministrazione Comunale può,
mediante propri provvedimenti di carattere generale conseguenti ad una
valutazione degli spazi di discrezionalità ad essa lasciati liberi
dalla sovrastante disciplina di fonte statuale, impiantare nel proprio
ambito territoriale un “sistema” finalizzato ad attestare,
integrando con propri modelli la modulistica anagrafica standard
predisposta dall’Amministrazione Statale, la sussistenza di una
famiglia anagrafica costituita da persone legate da vincoli affettivi,
così come liberamente dichiarata dai medesimi interessati all’atto
della costituzione ovvero della variazione della famiglia medesima.
Tuttavia, la dichiarazione resa in ordine alla sussistenza di vincoli
affettivi quale presupposto per la formazione di una famiglia
anagrafica non può essere oggettivamente riscontrata dall’Ufficiale
d’anagrafe e non può – quindi – che essere rimessa alla
dichiarazione resa dall’interessato all’Ufficiale medesimo al
momento della costituzione ovvero del subentro della famiglia
anagrafica. Di qui, la conseguenza che la sussistenza dei vincoli in
questione non può, di per sé, formare oggetto di certificazione
anagrafica da parte della Pubblica Amministrazione, ai sensi
dell’art. 33, comma 1, e dell’art. 35 del D.P.R. 223 del 1989, ma
può soltanto essere attestata dalla Pubblica Amministrazione, ai
sensi dell’art. 33, comma 2, del medesimo D.P.R., sulla scorta della
stessa dichiarazione di colui che l’ha resa e che l’ha poi
confermata al momento della richiesta della relativa attestazione (Nel
caso di specie, la Corte adita ha ritenuto illegittimi i moduli
anagrafici predisposti dal Comune resistente, in quanto generanti il
possibile rischio di confusione tra il concetto di famiglia
“anagrafica” e di famiglia “nucleare”, nonchè in particolare il
modello recante l’attestazione di iscrizione nell’anagrafe della
popolazione, quale famiglia anagrafica costituita da persone
coabitanti legate da vincoli affettivi, formulato in via del tutto
generica, inducendo così a scambiare tale attestazione per un vero e
proprio certificato anagrafico)