Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 11 novembre 2015, n.229

Con la sentenza n. 96
del 2015
, questa Corte ha, infatti, già dichiarato
l’illegittimità costituzionale degli artt. 1, commi 1 e
2, e 4, comma 1, della legge n. 40 del 2004, «nella parte in cui
non consentono il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente
assistita alle coppie fertili portatrici di malattie genetiche
trasmissibili, rispondenti ai criteri di gravità di cui
all’art. 6, comma 1, lettera b), della legge 22 maggio 1978, n.
194 […], accertate da apposite strutture
pubbliche». E «Ciò al fine esclusivo»,
come chiarito in motivazione, «della previa
individuazione», in funzione del successivo impianto
nell’utero della donna, «di embrioni cui non risulti
trasmessa la malattia del genitore comportante il pericolo di
rilevanti anomalie o malformazioni (se non la morte precoce) del
nascituro», alla stregua del suddetto “criterio normativo
di gravità”. Ed è in questi esatti termini e
limiti che l’art. 13, commi 3, lettera b), e 4, della legge n.
40 del 2004 va incontro a declaratoria di illegittimità
costituzionale, nella parte, appunto, in cui vieta, sanzionandola
penalmente, la condotta selettiva del sanitario volta esclusivamente
ad evitare il trasferimento nell’utero della donna di embrioni
che, dalla diagnosi preimpianto, siano risultati affetti da malattie
genetiche trasmissibili rispondenti ai criteri di gravità di
cui all’art. 6, comma 1, lettera b), della legge n. 194 del
1978, accertate da apposite strutture pubbliche.

Ordinanza 04 marzo 2015, n.164

Il Tribunale adito rimette alla Corte costituzionale la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 1 e 2, e
dell'art. 4, comma 1 della legge 19 febbraio 2004, n. 40, per
contrasto con gli articoli 2, 3 e 32 Cost., nonche' con l'art.
117, comma 1 della Costituzione, in relazione agli articoli 8 e 14
della Cedu nella parte in cui dette norme non consentono il ricorso
alla procreazione medicalmente assistita, e dunque anche alla diagnosi
preimpianto, alle coppie fertili, portatrici di malattia geneticamente
trasmissibile.

Ordinanza 09 novembre 2012

L’ammissibilità del trasferimento in utero solo degli embrioni sani
o portatori sani della patologia non è eventualmente funzionale ad un
ipotetico “diritto al figlio sano” ovvero a pratiche eugenetiche.
Queste ultime sono infatti decisamente differenti rispetto alla
fattispecie in esame, in cui sono invece rilevanti la sussistenza di
un grave pericolo per la salute psico-fisica della donna, anche in
relazione ad importanti anomalie del concepito e la decisione della
donna di valutare gli effetti della malattia dell’embrione sulla sua
salute, analogamente a quanto avviene per l’aborto, in cui la
decisione è rimessa, alle condizioni previste, soltanto alla
responsabilità della donna.

Sentenza 28 agosto 2012, n.54270/10

Pur riconoscendo che la questione dell’accesso alla diagnosi
preimpianto suscita delicati interrogativi di ordine morale ed etico,
la Corte osserva che la scelta operata dal legislatore italiano in
materia non sfugge al controllo della Corte. In particolare, è
giocoforza constatare che, in materia, il sistema legislativo italiano
manchi di coerenza. Da un lato, esso vieta l’impianto limitato ai
soli embrioni non affetti dalla malattia di cui i ricorrenti sono
portatori sani; dall’altro, autorizza i ricorrenti ad abortire un
feto affetto da quella stessa patologia. Ciò rilevato, la Corte
ritiene pertanto che l’ingerenza nel diritto dei ricorrenti al
rispetto della loro vita privata e familiare sia stata sproporzionata
e che l’articolo 8 della Convenzione sia stato violato nel caso di
specie.

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In OLIR.it: Traduzione in lingua italiana della sentenza
[/areetematiche/documenti/documents/caseofcostaandpavanv.italyitaliantranslationbytheitalianministryofjustice.pdf]

Decreto ministeriale 11 aprile 2008

Ministero della salute. Decreto ministeriale 11 aprile 2008: “Linee guida in materia di procreazione medicalmente assistita”. (da “Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana” n. 101 del 30 aprile 2008) IL MINISTRO DELLA SALUTE Vista la legge 19 febbraio 2004, n. 40, concernente norme in materia di procreazione medicalmente assistita e, in particolare, l’art. 7, comma 1; […]

Sentenza 21 gennaio 2008, n.398

Fermo il generale divieto di sperimentazione su ciascun embrione
umano, la legge n. 40 del 2004 consente la ricerca, la sperimentazione
e gli interventi necessari per finalità terapeutiche e diagnostiche,
se volte alla tutela della salute e allo sviluppo dell’embrione,
ladddove le Linee Guida riducono invece questa possibilità alla sola
osservazione (“E’ proibita ogni diagnosi preimpianto a finalità
eugenetica. Ogni indagine relativo allo stato di salute degli embrioni
creati in vitro, ai sensi dell’articolo 14, comma 5, dovrà essere
di tipo osservazionale”). Tale ultima previsione si rivela
illegittima, posto che le previsioni suddette sono contenute in un
atto amministrativo di natura regolamentare, di provenienza
ministeriale, le cui finalità consistono nel potere di dettare la
disciplina delle procedure e delle tecniche di procreazione
medicalmente assistita e non in quello di intervenire, positivamente,
sull’oggetto della procreazione medicalmente assistita, che rimane
consegnata alla legge. La previsione si rivela, pertanto, illegittima
incorrendo nel vizio di eccesso di potere con il conseguente suo
annullamento.

Ordinanza 16 luglio 2007, n.574

Appare non manifestamente infondata la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 13 n. 2 della legge 19 febbraio 2004 n. 40,
nella parte in cui non consente di accertare, mediante la diagnosi
preimpianto, se gli embrioni da trasferire nell’utero della donna
ammessa alla procedura di procreazione medicalmente assistita siano
affetti da malattie genetiche, di cui i potenziali genitori siano
portatori, quando l’omissione di detta diagnosi implichi un accertato
pericolo grave ed attuale per la salute psico-fisica della donna.

Sentenza 24 settembre 2007

L’art. 6 della legge n. 40/2004 stabilisce che prima del ricorso
“e altresì in ogni fase di applicazione delle tecniche di
procreazione medicalmente assistita” il medico debba informare in
maniera dettagliata i soggetti che alle tecniche medesime abbiano
avuto legittimo accesso “sui possibili effetti collaterali sanitari
e psicologici conseguenti all’applicazione delle tecniche stesse,
sulle probabilità di successo e sui rischi dalle stesse derivanti”.
Il successivo art. 14 della legge precisa ed integra la disposizione
di cui all’art. 6 prevedendo, in capo ai soggetti che abbiano avuto
accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, il
diritto di essere informati sul numero e, su loro esplicita richiesta,
“sullo stato di salute degli embrioni prodotti e da trasferire
nell’utero” (art. 14, 5° comma). Nell’ottica del consenso
informato, dunque, non può seriamente dubitarsi che l’impianto in
utero dell’embrione prodotto in vitro integri un trattamento
sanitario e che pertanto debba essere preceduto da una adeguata
informazione su tutti gli aspetti rilevanti, compreso il numero e lo
stato di salute degli embrioni destinati all’impianto. Negare
l’ammissibilità della diagnosi preimpianto anche quando sia stata
richiesta ai sensi dell’art. 14 della legge significherebbe dunque
rendere impossibile una adeguata informazione sul trattamento
sanitario da eseguirsi, indispensabile invece sia nella prospettiva di
una gravidanza pienamente consapevole, consentendo ai futuri genitori
di prepararsi psicologicamente ad affrontare eventuali problemi di
salute del nascituro, sia in funzione della tutela della salute
gestazionale della donna. Deve dunque ritenersi possibile la
praticabilità della diagnosi preimpianto quando la stessa risponda
alle seguenti caratteristiche: sia stata richiesta dai soggetti
indicati nell’art. 14, 5° comma, della l. n. 40/2004; abbia ad
oggetto gli embrioni destinati all’impianto nel grembo materno
(destinazione che, ad esempio, deve invece ritenersi esclusa per gli
embrioni che si trovino in stato di crioconservazione in attesa di
estinzione); sia strumentale all’accertamento di eventuali malattie
dell’embrione e finalizzata a garantire a coloro che abbiano avuto
legittimo accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita
una adeguata informazione sullo stato di salute degli embrioni da
impiantare.

Sentenza 28 marzo 2007, n.1437

Gli interventi non motivati ed irrispettosi dei termini, di cui alla
legge n. 1034 del 1971, ledono il diritto al contraddittorio e violano
il principio dell’equo processo, determinando così, inevitabilmente,
il rinvio della causa al giudice di primo grado.

Ordinanza 24 ottobre 2006, n.369

Poichè il divieto della diagnosi preimpianto discende non soltanto
dalla norma censurata (art. 13), ma si desume dalla interpretazione
della legge stessa alla luce dei criteri cui si ispira e dalla
disciplina complessiva della procedura di procreazione medicalmente
assistita “è evidente la contraddizione in cui il Tribunale incorre
nel sollevare una questione volta alla dichiarazione di illegittimità
costituzionale di una specifica disposizione (…) che, secondo
l’impostazione della (…) ordinanza di rimessione, sarebbe (…)
desumibile anche da altri articoli della stessa legge, non impugnati,
nonché dall’interpretazione dell’intero testo legislativo «alla luce
dei suoi criteri ispiratori»”.