Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 09 ottobre 2015, n.195

Il legislatore ha introdotto (con legge 1° aprile 1999, n. 91,
recante «Disposizioni in materia di prelievi e di trapianti di
organi e di tessuti»), ai fini della dichiarazione di
volontà in tema di donazione di organi e tessuti post mortem,
la procedura della notificazione e del cosiddetto silenzio-assenso,
che prevede la notificazione, a tutti i cittadini, della richiesta di
manifestare la propria volontà, con il contestuale avviso che
la mancata risposta sarà intesa come assenso. Al fine di
favorire la promozione della cultura della donazione degli organi, il
legislatore statale ha poi introdotto – a fianco di quella
appena descritta – una procedura semplificata, da svolgersi
dinanzi all’ufficiale dell’anagrafe, al momento del
rilascio o del rinnovo del documento d’identità (decreto
del Ministro della salute dell’11 marzo 2008, recante
«Integrazione del decreto 8 aprile 2000 sulla ricezione delle
dichiarazioni di volontà dei cittadini circa la donazione di
organi a scopo di trapianto»). L’impugnata legge reg.
Calabria, prevedendo la competenza dell’ufficiale
dell’anagrafe a ricevere e trasmettere le dichiarazioni di
volontà in tema di donazione di organi e tessuti post mortem,
riproduce nella sostanza una disciplina già prevista a livello
statale, invadendo la competenza legislativa esclusiva dello Stato in
materia di «anagrafi» (art. 117, secondo comma, lettera i,
Cost.) e di «ordinamento e organizzazione amministrativa dello
Stato e degli enti pubblici nazionali» (art. 117, secondo comma,
lettera g, Cost.). A prescindere infatti dalla conformità o
difformità della legge regionale alla legge statale, «la
novazione della fonte con intrusione negli ambiti di competenza
esclusiva statale costituisce causa di illegittimità della
norma» regionale (ex plurimis, sentenze n. 35 del 2011 e n. 26
del 2005). La legge regionale che pur si limiti sostanzialmente a
ripetere il contenuto della disciplina statale determina la violazione
dei parametri invocati, derivando la sua illegittimità
costituzionale non dal modo in cui ha disciplinato, ma dal fatto
stesso di aver disciplinato una materia di competenza legislativa
esclusiva dello Stato.