Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 12 febbraio 2013, n.29617/07

_L’affaire concerne la suppression totale du droit de visite
accordé à un père au motif que ses convictions religieuses étaient
préjudiciables à l’éducation de son fils. La Cour juge que les
tribunaux hongrois n’ont pas prouvé qu’il était dans
l’intérêt supérieur de l’enfant de voir supprimer tous ses
liens avec son père, lequel a dès lors subi une discrimination dans
l’exercice de son droit au respect de sa vie familiale._

Legge regionale 23 gennaio 2013, n.2

Legge regionale Toscana 23 gennaio 2013 n 2: "Modifiche alla legge regionale 26 luglio 2002, n. 32 (Testo unico della normativa della Regione Toscana in materia di educazione, istruzione, orientamento, formazione professionale e lavoro), in materia di sistema regionale dei servizi educativi per la prima infanzia e di tirocini".     Art. 1 Sostituzione dell’articolo […]

Sentenza 19 febbraio 2013, n.19010/07

L’impossibilité d’accès à
l’adoption coparentale pour les couples homosexuels en Autriche
est discriminatoire en comparaison avec la situation des couples
hétérosexuels non maries. La Cour européenne des
droits de l’homme conclut: à la majorité, à
la violation de l’article 14 (interdiction de la discrimination)
combiné avec l’article 8 (droit au respect de la vie
privée et familiale) de la Convention européenne des
droits de l’homme en raison de la différence de
traitement subie par les requérants pour autant que l’on
compare leur situation avec celle d’un couple
hétérosexuel non marié dont l’un des
membres aurait souhaité adopter l’enfant de
l’autre. Elle a jugé que le Gouvernement n’avait
pas fourni de raisons convaincantes propres à établir
que la différence de traitement litigieuse était
nécessaire à la préservation de la famille ou
à la protection de l’intérêt de
l’enfant.

Sentenza 11 gennaio 2013, n.6

E’ inammissibile il ricorso del padre che, in sede di impugnazione
della sentenza di affidamento esclusivo del minore alla madre, affermi
il mancato approfondimento – da parte del Tribunale di merito – in
ordine al fatto se la famiglia affidataria del minore, composta da due
donne legate da una relazione omosessuale, fosse idonea sotto il
profilo educativo a garantire l’equilibrato sviluppo del figlio
“in relazione ai diritti della famiglia come società naturale
fondata sul matrimonio ai sensi dell’art. 29 della Costituzione” e
al diritto del minore ad essere educato “secondo i principi
religiosi di entrambi i genitori” (essendo il padre musulmano). Nel
caso di specie, infatti, il ricorrente si è limitato – a giudizio
della Corte adita – a fornire una sintesi del motivo di gravame in
questione, dalla quale non risulta tuttavia alcuna specificazione
circa le concrete ripercussioni negative per la crescita del minore
derivanti da tale ambiente familiare. In tale modo, dunque, si dà per
scontato – afferma la Suprema Corte – ciò che invece è da
dimostrare, ossia la dannosità di quel particolare contesto per la
crescita e lo sviluppo del bambino.

Sentenza 02 novembre 2012

Con questa sentenza di appello (ma non definitiva) l’_Upper
Tribunal_ ha confermato la legittimità del provvedimento con cui la
_Charity Commission_ per l’Inghilterra ed il Galles aveva rifiutato
alla _charity Catholic Care_ il permesso di modificare lo statuto in
modo da poter proseguire nella pratica di non erogare i propri servizi
adottivi a coppie omosessuali.
L’appellante _Catholic Care_ è una _charity_ della Diocesi
cattolica di Leeds che presta diversi servizi sociali, tra i quali
l’individuazione e selezione di potenziali genitori adottivi, il
collocamento di bambini adottivi ed il supporto post-adottivo in
favore dei genitori. Nel passato _Catholic Care_ aveva erogato tali
servizi esclusivamente in favore di genitori eterosessuali, anche se
di religione diversa dalla cattolica, motivando tale pratica con
l’osservanza del magistero della Chiesa cattolica.
Prima gli _Equality Act (Sexual Orientation) Regulations 2007_ e,
successivamente, l’_Equality Act 2010_ hanno introdotto, dopo un
periodo transitorio, un divieto di discriminazione nella prestazione
dei servizi, anche in capo alle _charities_.
In particolare, il vigente _Equality Act 2010_ – su cui si fonda la
sentenza – dispone che qualunque soggetto (pubblico o privato)
erogatore di un servizio pubblico non possa discriminare una persona
che richiede tale servizio (_Section_ 29) e che si ha discriminazione
ogniqualvolta sia accordato un trattamento meno favorevole in ragione
di una “caratteristica protetta” (_Section_ 13), tra le quali
rientra l’orientamento sessuale (_Section_ 4, dove sono indicate
tutte le “categorie protette”).
La _Section_ 193(2)(a) dell’_Equality Act 2010_, con specifico
riferimento alle _charities_, prevede la possibilità di limitare
l’erogazione di servizi a persone che condividono una certa
“caratteristica protetta”, ma solo ove ciò costituisca un mezzo
proporzionato per raggiungere un fine legittimo.
_Catholic Care_ ha, dunque, sostenuto che la modifica statutaria
proposta era finalizzata a garantire proprio l’erogazione dei
servizi adottivi poiché, ove non le fosse stato permesso di limitarli
alle coppie eterosessuali, i suoi sostenitori (motivati da determinate
convinzioni religiose) non l’avrebbero finanziata e, pertanto, essa
ne avrebbe cessato l’erogazione. Ad avviso della medesima appellante
il requisito della proporzionalità sarebbe stato, poi, assicurato
dalla possibilità per le coppie omosessuali di rivolgersi ad altri
operatori.
La sentenza ha, però, negato che nel caso specifico vi sarebbe un
danno per l’erogazione dei servizi adottivi nel caso di cessazione
dell’attività di _Catholic Care_ poiché gli altri operatori
sarebbero comunque in grado di soddisfare la domanda di servizi
adottivi.
Inoltre, richiamando alcune pronunce della Corte di Strasburgo
relative all’art. 14 della CEDU, l’_Upper Tribunal_ ha evidenziato
come un trattamento differenziato sulla base dell’orientamento
sessuale sia legittimo ove discenda da una decisione del legislatore
nazionale mentre in presenza di una legislazione che lo vieta
difficilmente può essere giustificato, quantunque motivato dal
perseguimento di un fine legittimo.
 
[La Redazione di OLIR.it ringrazia per la segnalazione del documento
e per la stesura del relativo Abstract il dr. Mattia F. Ferrero –
Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano]

Sentenza 12 giugno 2012, n.9546

L’art. 155 c.c., in tema di provvedimenti riguardo ai figli nella
separazione personale dei coniugi, consente al giudice di fissare le
modalità della loro presenza presso ciascun genitore e di adottare
ogni altro provvedimento ad essi relativo, attenendosi al criterio
fondamentale rappresentato dal superiore interesse della prole, che
assume rilievo sistematico centrale nell’ordinamento dei rapporti di
filiazione, fondato sull’art. 30 Cost.. L’esercizio in concreto di
tale potere, dunque, deve costituire espressione di conveniente
protezione (art. 31 Cost., comma 2) del preminente diritto dei figli
alla salute e ad una crescita serena ed equilibrata e può assumere
anche profili contenitivi dei rubricati diritti e libertà
fondamentali individuali (nel caso di specie, il diritto di libertà
religiosa), ove le relative esteriorizzazioni determinino conseguenze
pregiudizievoli per la prole che vi presenzi, compromettendone la
salute psico-fisica e lo sviluppo; tali conseguenze, infatti, oltre a
legittimare le previste limitazioni ai richiamati diritti e libertà
fondamentali contemplati in testi sovranazionali, implicano in ambito
nazionale il non consentito superamento dei limiti di compatibilità
con i pari diritti e libertà altrui e con i concorrenti doveri di
genitore fissati nell’art. 30 Cost., comma 1, e nell’art. 147 c.c.