Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Risoluzione 30 aprile 2015

Risoluzione del Parlamento europeo del 30 aprile 2015 sulla persecuzione dei cristiani nel mondo, in relazione all'uccisione di studenti in Kenya per mano del gruppo terroristico alShabaab. [fonte: www.europarl.europa.eu] Il Parlamento europeo, – viste le sue precedenti risoluzioni sul Kenya, – visto il secondo accordo di partenariato rivisto stipulato tra i membri del gruppo degli Stati dell'Africa, […]

Circolare 11 febbraio 2015, n.123/ISIS

[La Redazione di OLIR.it ringrazia per la segnalazione del documento
Roberto Mazzola, Università degli Studi del Piemonte Orientale
"Amedeo Avogadro"]

Sentenza 14 gennaio 2015, n.[2015] EWFC 3

La presente sentenza, pronunciata in un caso ove era in discussione se
la figlia di coniugi musulmani fosse stata sottoposta – o
rischiasse di essere sottoposta – a mutilazione genitale
femminile, sono state esaminate le differenze tra la circoncisione e
la mutilazione genitale femminile, concludendo per
l’ammissibilità della prima – anche se non
terapeutica – ma non della seconda (par. 59-73).

Accordo 09 maggio 2014

Con questo accordo transattivo (“settlement agreement”) il
Dipartimento della Giustizia statunitense ed il Distretto Scolastico
di Filadelfia hanno risolto il procedimento, avanti alla District
Court for the Eastern District of Pennsylvania, col quale il Governo
aveva contestato la violazione del titolo VII del Civil Rights Act del
1964, lamentando che il Distretto Scolastico non aveva provveduto a
trovare un accomodamento con il credo e le osservanze religiose di
alcuni suoi dipendenti. Nel 2010 il Distretto Scolastico di Filadelfia
ha adottato un regolamento relativo all’igiene personale che
vieta ai funzionari di polizia addetti alla scuola – quali sono
i dipendenti in questione – di portare la barba più lunga
di un quarto di pollice (6,35 millimetri) ed aveva rifiutato di
trovare un accomodamento tra questa prescrizione e le esigenze
religiose espresse dai dipendenti, di fede musulmana, i quali
portavano una barba più lunga di quanto prescritto, senza che
ciò avesse dato luogo ad una diminuzione della prestazione
lavorativa.Con l’accordo transattivo il Distretto Scolastico di
Filadelfia si è impegnato a rivedere il proprio regolamento,
includendo una procedura con la quale sia possibile richiedere un
accomodamento delle esigenze religiose, nonché a comunicare a
tutti i funzionari di polizia addetti alla scuola che le domande di
accomodamento saranno valutate su base individuale e personalizzata e
che in relazione a ciascuna di esse sarà avviato un processo
interattivo. Il Distretto Scolastico, inoltre, sottoporrà tutti
i dirigenti e funzionari addetti alla risorse umane, chiamati a
valutare tali domande di accomodamento, ad una specifica formazione e
si è obbligato a corrispondere un risarcimento ai dipendenti
cui era stato negato l’accomodamento e non considerare la
vicenda ai fini disciplinari [Si ringrazia per la segnalazione del
documento ed il relativo Abstract Mattia F. Ferrero, Università
Cattolica del Sacro Cuore di Milano].

Sentenza 05 febbraio 2013

The federal district court dismissed a Muslim inmate’s complaint that
while being held in the county jail, on two occasions his prayers were
interrupted.  The court also dismissed his complaint that the jail
does not provide Muslim inmates with a place to conduct prayers or
attend Jumuah service, and only provides for church services.

Sentenza 05 settembre 2012

Per individuare in concreto quali siano gli atti che possono essere
considerati una persecuzione nell’accezione dell’articolo 9,
paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del
29 aprile 2004 (recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini
di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona
altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme
minime sul contenuto della protezione riconosciuta; di qui in poi
“direttiva”), non è pertinente distinguere tra gli atti che ledono un
«nucleo essenziale» («forum internum») del diritto fondamentale
alla libertà di religione, che non comprenderebbe le pratiche
religiose in pubblico («forum externum»), e quelli che non incidono
su tale presunto «nucleo essenziale».
Questa distinzione non è compatibile con la definizione estensiva
della nozione di «religione» che la direttiva fornisce
all’articolo 10, paragrafo 1, lettera b), integrandovi il complesso
delle sue componenti, siano esse pubbliche o private, collettive o
individuali. Gli atti che possono costituire una «violazione grave»
ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera a), della direttiva
comprendono atti gravi che colpiscono la libertà del richiedente non
solo di praticare il proprio credo privatamente, ma anche di viverlo
pubblicamente.
Questa interpretazione è idonea ad attribuire all’articolo 9,
paragrafo 1, della direttiva una sfera di applicazione entro la quale
le autorità competenti possono valutare qualsiasi tipo di atto lesivo
del diritto fondamentale alla libertà di religione onde determinare
se, alla luce della sua natura o reiterazione, esso risulti
sufficientemente grave da essere considerato una persecuzione.
Se ne evince che gli atti i quali, a causa della loro intrinseca
gravità unitamente alla gravità della loro conseguenza per la
persona interessata, possono essere considerati persecuzione devono
essere individuati non in funzione dell’elemento della libertà di
religione che viene leso, bensì della natura della repressione
esercitata sull’interessato e delle conseguenze di quest’ultima.
Pertanto, è la gravità delle misure e delle sanzioni adottate, o che
potrebbero essere adottate, nei confronti dell’interessato che
determinerà se una violazione del diritto garantito dall’articolo
10, paragrafo 1, della Carta costituisca una persecuzione ai sensi
dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva.
Di conseguenza, una violazione del diritto alla libertà di religione
può costituire una persecuzione a norma dell’articolo 9, paragrafo
1, lettera a), della direttiva quando il richiedente asilo, a causa
dell’esercizio di tale libertà nel paese d’origine, corre un
rischio effettivo, in particolare, di essere perseguitato, o di essere
sottoposto a trattamenti o a pene disumani o degradanti ad opera di
uno dei soggetti indicati all’articolo 6 della direttiva (nel caso
di specie, due cittadini pachistani, appartenenti alla comunità
Ahmadiyya, movimento riformatore dell’Islam, erano stati oggetto nel
loro Paese di atti di violenza durante lo svolgimento delle pratiche
religiose e denunciati alle autorità per avere insultato il nome di
Maometto. In particolare, il codice penale pakistano dispone che i
membri della comunità Ahmadiyya sono passibili di una pena fino a tre
anni di reclusione o di una pena pecuniaria se affermano di essere
musulmani, qualificano come Islam la loro fede, pregano o propagano la
loro religione o se cercano proseliti. A norma dell’articolo 295 C
di detto codice penale, chiunque oltraggia il nome del profeta
Maometto può essere punito con la pena di morte o l’ergastolo oltre
a una pena pecuniaria).