Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

Olir

Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 15 luglio 2005, n.279

In materia di istruzione le norme generali, di cui all’art. 117.
comma II, lett. n), Cost., sono quelle sorrette, in relazione al loro
contenuto, da esigenze unitarie e, quindi, applicabili indistintamente
al di là dell’ambito propriamente regionale. Tali norme – così
intese – si differenziano, nell’ambito della stessa materia, dai
principi fondamentali (ex art. 117, comma III, Cost.) i quali, pur
sorretti da esigenze unitarie, non esauriscono in se stessi la loro
operatività, ma informano, diversamente dalle prime, altre norme,
più o meno numerose. Ciò premesso, si deve pertanto ritenere
infondata la questione di legittimità sollevata in relazione
all’art. 7, commi 1, 2, primo periodo, e 4, primo periodo, ed
all’art. 10, commi 1, 2, primo periodo, e 4, primo periodo, del
decreto legislativo n. 59 del 2004, i quali stabiliscono –
rispettivamente per la scuola primaria e la scuola secondaria –
l’orario annuale delle lezioni, l’orario annuale delle ulteriori
attività educative e didattiche rimesse all’organizzazione delle
istituzioni scolastiche e l’orario relativo alla mensa ed al dopo
mensa, posto che dette norme devono essere intese come espressive di
livelli minimi di monte-ore di insegnamento validi per l’intero
territorio nazionale, ferma restando la possibilità per ciascuna
regione (e per le singole istituzioni scolastiche) di incrementare,
senza oneri per lo Stato, le quote di rispettiva competenza.
Analogamente deve ritenersi infondata la questione di legittimità
sollevata, con riferimento all’art. 117, comma terzo, della
Costituzione ed al principio di leale collaborazione, degli artt. 7,
comma 4, secondo periodo, e 10, comma 4, secondo periodo, del decreto
legislativo in esame, le cui disposizioni, di identico contenuto,
prevedono – rispettivamente per la scuola primaria e per quella
secondaria – che le istituzioni scolastiche, per lo svolgimento
delle attività e degli insegnamenti opzionali che richiedano una
specifica professionalità non riconducibile al profilo professionale
dei docenti della scuola primaria o secondaria, stipulino contratti di
prestazione d’opera con esperti in possesso di titoli definiti con
decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della
ricerca, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica. Al
riguardo, infatti, è assorbente il rilievo che la scelta della
tipologia contrattuale da utilizzare per gli incarichi di insegnamento
facoltativo da affidare agli esperti e l’individuazione dei titoli
richiesti ai medesimi esperti sono funzioni sorrette da evidenti
esigenze di unitarietà di disciplina sull’intero territorio
nazionale, cosicché le disposizioni impugnate vanno senz’altro
qualificate come norme generali sull’istruzione, in quanto tali
appartenenti alla competenza esclusiva dello Stato. Devono inoltre
ritenersi infondate le censure di illegittimità relative alle
previsioni istitutive la figura del cosiddetto tutor,considerato che
la definizione dei compiti e dell’impegno orario del personale
docente, dipendente dallo Stato, rientra sicuramente nella competenza
statale esclusiva di cui all’art. 117, comma secondo, lettera g),
della Costituzione, trattandosi di materia attinente al rapporto di
lavoro del personale statale. Da ultimo, gli artt. 2, comma 1, 12,
comma 1, ultimo periodo, e 13, comma 1, secondo periodo, del decreto
in questione fissano i limiti minimi di età per l’iscrizione alla
scuola dell’infanzia ed alla scuola primaria; in particolare,
l’art. 2 disciplina l’accesso – a regime – alla scuola
dell’infanzia; l’art. 12 regola l’accesso alla medesima scuola
dell’infanzia nella fase transitoria di sperimentazione, prevista
dalla legge delega, avente inizio con l’anno scolastico 2003-2004 e
destinata a proseguire fino all’anno 2006, prevedendo la
possibilità di una graduale anticipazione dell’età minima per
l’iscrizione fino a giungere al limite temporale indicato all’art.
2. L’ultimo periodo del primo comma affida infine al Ministro
dell’istruzione, dell’università e della ricerca il compito di
modulare le anticipazioni, «sentita l’Associazione nazionale dei
comuni d’Italia (ANCI)» ed analogamente dispone il secondo periodo
del comma 1 del successivo art. 13, con riferimento alla scuola
primaria. Al riguardo, deve tuttavia ritenersi violato il principio di
leale collaborazione, in quanto in materia di istruzione il naturale
interlocutore dello Stato deve considerarsi essenzialmente la Regione,
posto che gli altri enti locali sono privi di competenza legislativa.
La norma suddette appaiono pertanto non rispettose, sotto tale
profilo, del principio di leale collaborazione e vanno dunque
ricondotte a legittimità costituzionale, sostituendo alla prevista
partecipazione consultiva dell’ANCI quella della Conferenza
unificata Stato-Regioni. Deve invece ritenersi infondata la questione
di legittimità costituzionale relativa agli artt. 12, comma 2, 13,
comma 3, e 14, commi 2 e 4, i quali dettano disposizioni transitorie,
relativamente all’assetto pedagogico, didattico ed organizzativo
della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e della scuola
secondaria di secondo grado, fino all’emanazione del regolamento
governativo previsto dall’art. 7, comma 1, della legge di delega. I
regolamenti previsti dall’art. 7, comma 1, della legge n. 53 del
2003 riguardano infatti la determinazione di livelli essenziali della
prestazione statale in materia di assetto pedagogico, didattico e
organizzativo e sono perciò riconducibili alla competenza statale
esclusiva di cui all’art. 117, comma secondo, lettera m), della
Costituzione. Le norme impugnate, che a tali regolamenti fanno
riferimento, non ledono pertanto alcuna competenza regionale né
contrastano con il principio di leale collaborazione. Analogamente
deve concludersi per quanto concerne il comma 5, dell’art. 14, il
quale dispone che «ai fini dell’espletamento dell’orario di
servizio obbligatorio, il personale docente interessato ad una
diminuzione del suo attuale orario di cattedra viene utilizzato per le
finalità e per le attività educative e didattiche individuate,
rispettivamente, dall’articolo 9 e dall’articolo 10». Al riguardo
è infatti decisivo nel merito il rilievo che la norma concerne in via
diretta l’utilizzazione di personale docente statale, la cui
disciplina rientra senza alcun dubbio nella competenza esclusiva dello
Stato di cui all’art. 117, comma secondo, lettera g), della
Costituzione (organizzazione amministrativa dello Stato). Da ultimo,
deve invece ritenersi fondata la questione sollevata con riferimento
all’art. 15, comma 1, secondo periodo, che, al fine di realizzare le
attività educative di cui agli artt. 7, commi 1, 2 e 3, e 10, commi
1, 2 e 3, del medesimo decreto legislativo, affida la possibilità di
attivare incrementi di posti per le attività di tempo pieno e di
tempo prolungato nell’ambito dell’organico del personale docente,
al decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della
ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze,
di cui all’art. 22, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448.
Il rispetto del principio di leale collaborazione impone infatti che
nell’adozione delle scelte relative vengano coinvolte anche le
regioni, quanto meno nella forma – già ben nota all’ordinamento
– della consultazione dei competenti organi statali con la
Conferenza unificata Stato-Regioni. La norma impugnata va perciò
dichiarata illegittima nella parte in cui non prevede che il decreto
ex art. 22, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, sia
adottato dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della
ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze,
sentita la Conferenza unificata Stato-Regioni.