Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Codice penale 15 maggio 1871

Codice penale della Germania, 15 maggio 1971. Strafgesetzbuch (Omissis) Elfter Abschnitt Straftaten, welche sich auf Religion und Weltanschauung beziehen § 166. (Beschimpfung von Bekenntnissen, Religionsgesellschaften und Weltanschauungsvereinigungen) (1) Wer öffentlich oder durch Verbreiten von Schriften (§ 11 Abs. 3) den Inhalt des religiösen oder weltanschaulichen Bekenntnisses anderer in einer Weise beschimpft, die geeignet ist, den […]

Codice penale 23 gennaio 1974

Codice penale austriaco. Approvato con legge federale 23 gennaio 1974. Strafgesetzbuch (StGB) Bundesgesetz 23. Jänner 1974 über die mit gerichtlicher Strafe bedrohten Handlungen (Strafgesetzbuch-StGB) BGBl 1974/60 idF BGBl I 15/2004 Besonderer Teil (Omissis) Achter Abschnitt Strafbare Handlungen gegen den religiösen Frieden und die Ruhe der Toten § 188 (Herabwürdigung religiöser Lehren) Wer öffentlich eine Person […]

Sentenza 23 giugno 2000

Conseil d'État. Section du contentieux, sur le rapport de la 8ème sous-section N° 215109. Séance du 31 mai 2000, lecture du 23 juin 2000. (Omissis) Vu le recours présenté par le MINISTRE DE L'ECONOMIE, DES FINANCES ET DE L'INDUSTRIE demandant au Conseil d'État d'annuler l'arrêt du 6 octobre 1999 par lequel la cour administrative d'appel […]

Parere 09 dicembre 2004, n.29866

Corte suprema. Parere n. 29866 del 9 dicembre 2004. DANS L’AFFAIRE DE l’article 53 de la Loi sur la cour suprême, L.R.C. 1985, ch. S-26; ET DANS L’AFFAIRE D’UN renvoi par le Gouverneur en conseil au sujet de la Proposition de loi concernant certaines conditions de fond du mariage civil formulée dans le décret C.P. […]

Sentenza 01 luglio 1997, n.61/1996/680/870

SOMMAIRE

I. OBJET DU LITIGE
Devant la Cour, outre l’article 9 de la Convention, le requérant
invoque l’article 6. Ce dernier grief sort du cadre de l’affaire tel
que l’a délimité la décision de la Commission sur la recevabilité.

II. ARTICLE 9 DE LA CONVENTION

A. Exception préliminaire du Gouvernement: Moyen déduit de
l’incompétence ratione materiae non formulé et motivé par écrit
devant la Cour (article 48 § 1 du règlement A) – non-lieu à examen.
Moyen tiré du non-épuisement des voies de recours internes –
maintenu dans le mémoire à la Cour – décision litigieuse échappait
à un contrôle judiciaire.
Conclusion : rejet (unanimité).

B. Bien-fondé du grief:
L’article 9 énumère diverses formes que peut prendre la
manifestation d’une religion ou d’une conviction, à savoir le culte,
l’enseignement, les pratiques et l’accomplissement de rites –
néanmoins, il ne protège pas n’importe quel acte motivé ou inspiré
par une religion ou une conviction – du reste, un individu peut, dans
l’exercice de sa liberté de manifester sa religion, avoir à tenir
compte de sa situation particulière. Le système de discipline
militaire implique, par nature, la possibilité d’apporter à certains
droits et libertés des membres des forces armées des limitations
pouvant être imposées aux civils. En l’espèce, le requérant a pu
s’acquitter des obligations qui constituent les formes habituelles par
lesquelles un musulman pratique sa religion – l’arrêté du Conseil
supérieur militaire décidant de la mise à la retraite d’office du
requérant ne se fonde pas sur ses opinions et convictions
religieuses, mais sur son comportement et ses agissements. La mesure
ne s’analyse donc pas en une ingérence dans le droit garanti par
l’article 9 puisqu’elle n’est pas motivée par la façon dont le
requérant a manifesté sa religion.

Conclusion : non-violation (unanimité).

Références à la jurisprudence de la Cour:
8.6.1976, Engel et autres c. Pays-Bas ; 25.5.1993, Kokkinakis c.
Grèce ; 28.9.1995, Scollo c. Italie ; 21.2.1996, Hussain c.
Royaume-Uni ; 15.11.1996, Ahmet Sadik c. Grèce

(*Rédigé par le greffe il ne lie pas la Cour)

Sentenza 11 giugno 1993

I precedenti giurisprudenziali relativi alla tutela costituzionale del
libero esercizio della religione fissano il principio che le leggi
devono essere neutrali e di generale applicabilità per evitare
effetti discriminatori, sia pure indiretti, ai danni di qualsiasi
pratica di culto. I caratteri della neutralità e della generale
applicabilità delle leggi possono subire eccezioni solo in forza di
interessi pubblici cogenti allorché tali interessi non possano essere
soddisfatti in altro modo piú congruo. Nel caso di specie il vero
oggetto degli interventi, nonostante la loro apparente neutralità
(facial neutrality), non consiste nella tutela degli interessi alla
sicurezza pubblica ed alla protezione degli animali, perché essi
hanno come scopo effettivo una indebita discriminazione religiosa
(religious gerrymander). Con tali misure, infatti, non vengono puniti
tutti i comportamenti che, realizzando una uccisione di animali
possono violare questi interessi, ma solo le pratiche religiose di un
gruppo determinato, i cui sacrifici rituali pongono, per altro, in
essere una modalità di uccisione degli animali ritenuta in altre
circostanze non contraria a sentimenti umanitari. Le restrizioni
governative colpiscono solo comportamenti protetti dal primo
emendamento e mancano di disporre misure intese a restringere altre
condotte che producono analoghi attentati ai beni protetti; a motivo
di ciò gli interessi addotti per giustificare tali restrizioni non
possono essere considerati cogenti.

Pronuncia 02 maggio 1995, n.27

L’art. 10 C.A.P. protegge le convinzioni religiose non già come
bene della collettività o della sua maggioranza ma come bene
individuale riconosciuto come prioritario per tutti i cittadini non
escludendo l’uso in pubblicità di ambientazioni o richiami alle
pratiche religiose che sono entrate a far parte della comune
esperienza di vita.Il messaggio pubblicitario che non ingenera
un’impressione globale di volgarizzazione di formule, luoghi,
persone o immagini sacre, che non strumentalizza il luogo di culto, le
pratiche di devozione, le persone e le immagini e non ne fa oggetto di
irrisione non viola l’art. 10 C.A.P.

Sentenza 17 giugno 1993, n.250

Lo svolgimento di riti o pratiche religiose e, in generale, il
compimento di atti di culto non rientrano fra le attività
extrascolastiche di cui all’art. 6, II comma, lett. D) e F) del
D.P.R. 416 del 1974. E’ pertanto illegittima per violazione e falsa
interpretazione ed applicazione della legge la delibera del Consiglio
di Circolo scolastico che consente lo svolgimento di tali attività
nelle aule scolastiche e negli orari destinati alle normali lezioni,
all’insegnamento cioè delle materie oggetto dei programmi della
scuola statale, nonché la partecipazione degli alunni a tali riti e
pratiche religiose.

Sentenza 01 luglio 2002, n.327

E’ costituzionalmente illegittimo l’articolo 405 del codice penale,
nella parte in cui, per i fatti di turbamento di funzioni religiose
del culto cattolico, prevede pene più gravi, anziché le pene
diminuite stabilite dall’articolo 406 del codice penale, per gli
stessi fatti commessi contro gli altri culti. Il principio
fondamentale di laicità dello Stato, che implica equidistanza e
imparzialità verso tutte le confessioni, non potrebbe infatti
tollerare che il comportamento di chi impedisca o turbi l’esercizio
delle funzioni, cerimonie o pratiche religiose di culti diversi da
quello cattolico, sia ritenuto meno grave, e quindi assoggettato a
più lieve trattamento sanzionatorio, rispetto al comportamento di chi
compia i medesimi fatti ai danni del culto cattolico.

Sentenza 08 marzo 1957, n.45

L’art. 17 della Costituzione contiene una netta affermazione della
liberta’ di riunione, ispirandosi a cosi’ elevate e fondamentali
esigenze della vita sociale da assumere necessariamente una portata ed
efficacia generalissime, tali da non consentire la possibilita’ di
regimi speciali, neanche per le riunioni a carattere religioso. Per
questo tipo di riunioni gli artt. 8, primo comma, e 19 della
Costituzione, che sanciscono la piena liberta’ dell’esercizio del
culto per tutte le confessioni religiose, devono essere coordinati con
l’art. 17, nel senso che le riunioni a carattere religioso non si
sottraggono alla disciplina generale di tutte le riunioni, per quanto
riguarda e la liberta’ delle riunioni stesse e i limiti a cui essa,
nel superiore interesse della convivenza sociale, e’ sottoposta. E’
incompatibile con l’art. 17 della Costituzione, che prevede l’obbligo
del preavviso all’autorita’ esclusivamente per le riunioni in luogo
pubblico, implicitamente escludendolo per ogni altra specie di
riunione, la disposizione contenuta nell’art. 25 del T.U. delle leggi
di p.s. 18 giugno 1931, n. 773, in ordine al preavviso per le
funzioni, cerimonie o pratiche religiose in luoghi aperti al pubblico.
Tale disposizione non si giustifica in riferimento all’art. 19 della
Costituzione, che vieta l’esercizio dei culti contrari al buon
costume: nel nostro ordinamento giuridico non esiste il principio che
ad ogni limitazione posta ad una liberta’ costituzionale debba
corrispondere il potere di un controllo preventivo dell’autorita’ di
pubblica sicurezza. Pertanto il detto art. 25 del T.U. delle leggi di
p.s. e’, per la parte di cui sopra, costituzionalmente illegittimo.