Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 12 febbraio 2002, n.4893

La riammissione in servizio di un pubblico dipendente costituisce il
frutto di una valutazione ampiamente discrezionale della Pubblica
Amministrazione circa la rispondenza della reintegrazione del
dipendente alle esigenze dell’apparato burocratico, valutazione che
sfugge al sindacato di legittimità, purché non inficiata da vizi
logici. Stando così le cose, ne discende che il giudizio della
Commissione per il personale del ruolo degli agenti ed assistenti
della Polizia di Stato, di cui all’art.69 del D.P.R. 24 aprile 1982
n.335, non va valutato nel merito, bensì nella sua logicità. Da tale
punto di vista, deve, anzitutto, rilevarsi che la P.A. può certamente
escludere la riammissione in servizio di un ex dipendente che si
presenti quale “elemento instabile e con idee non molto chiare sul
proprio futuro”, giacché sarebbe nociva al servizio e contraria
all’interesse pubblico la riammissione di siffatti elementi fra le
file dei dipendenti pubblici, tanto più nel caso di appartenenti alla
Polizia di Stato. (Nel caso di specie l’Amministrazione, pertanto, ha
non illogicamente escluso la riammissione in servizio dell’ex
dipendente in questione in quanto instabile).

Sentenza 04 marzo 2003, n.3038

Il passaggio da un ufficio all’altro, nell’ambito della stessa sede
territoriale della polizia di Stato, non costituisce trasferimento in
senso tecnico, ma integra soltanto una modalità organizzativa del
servizio stesso e non esige le stesse garanzie procedimentali previste
per i trasferimenti in senso stretto. In merito al trasferimento,
perché l’amministrazione possa destinare un dipendente ad altro
incarico rispetto a quello cui era stato originariamente assegnato,
non è necessario raggiungere la piena prova di un poco ortodosso
comportamento (rilevante, magari, unicamente in sede disciplinare), ma
solo il convincimento dell’inopportunità dell’ulteriore permanenza
del soggetto in un particolare settore operativo. (Nel caso di specie
l’Amministrazione si è decisa ad allontanare il S. dalla D.I.A. a
seguito di un insieme di circostanze in base alle quali risultava
opportuno evitare che presso la D.I.A. prestassero servizio persone
per varie ragioni caratterizzate da una reputazione non perfettamente
soddisfacente, tenuto conto delle peculiarità dell’attività
investigativa ivi svolta).

Sentenza 10 novembre 1993, n.809

Gli insegnanti della religione cattolica costituiscono
nell’ordinamento scolastico una categoria a parte, disciplinata
dalle disposizioni della L. 5 giugno 1930 n. 834, che si configurano
indubbiamente come una normativa “speciale”, a base pattizia,
caratterizzata non soltanto dalla necessità di una previa intesa tra
l’autorità statale ed ecclesiastica ai fini della determinazione
dei programmi d’insegnamento e della scelta dei docenti, ma anche
della sostanziale precarietà del rapporto d’impiego del personale
preposto all’insegnamento religioso, dovendosi tale rapporto reggere
non soltanto nel momento genetico, ma anche nel suo continuo svolgersi
sull’assenso dell’autorità ecclesiastica; ne consegue che, al
personale in questione, non si applica la disciplina generale sulla
formazione delle graduatorie, bensì la cit. legge n. 834 del 1930
nonché le norme vigenti, nell’ordinamento interno, per gli
insegnanti incaricati a tempo indeterminato forniti di abilitazione,
tale essendo il valore dell’approvazione o dell’attestato
rilasciato dall’ordinario diocesano.