Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 02 luglio 2008, n.18174

Negli ordinamenti musulmani, il dovere di fratellanza e di
solidarietà, cui esorta il Corano [ivi versetto 5], è assolto, nei
confronti dei minori illegittimi, orfani o comunque abbandonati,
attraverso lo strumento – di tutela e protezione dell’infanzia –
definito “Kafalah”, mediante il quale il minore, per il quale non sia
possibile attribuire la custodia ed assistenza (hadana) nell’ambito
della propria famiglia (legittima), può essere accolto da due coniugi
od anche da un singolo affidatario (kafil), che si impegnano a
mantenerlo, educarlo ed istruirlo, come se fosse un figlio proprio,
fino alla maggiore età, senza però che l’affidato (makful) entri a
far parte, giuridicamente, della famiglia che così lo accoglie. Ciò
premesso, si può dunque rilevare come tra la Kafalah islamica e il
modello dell’affidamento nazionale italiano prevalgano, sulle
differenze, i punti in comune, non avendo entrambi tali istituti, a
differenza dell’adozione, effetti legittimanti, e non incidendo, sia
l’uno che l’altro, sullo stato civile del minore; ed essendo anzi la
Kafalah, più dell’affidamento, vicina all’adozione, in quanto, mentre
l’affidamento ha natura essenzialmente provvisoria, la Kafalah
(ancorché ne sia ammessa la revoca) si prolunga tendenzialmente fino
alla maggiore età dell’affidato.

Sentenza 20 marzo 2008, n.7472

Negli ordinamenti musulmani – mediante la “Kafalah” – il minore, per
il quale non sia possibile attribuire la custodia ed l’assistenza
(hadana) nell’ambito della propria famiglia legittima, può essere
accolto da due coniugi od anche da un singolo affidatario (kafil), che
si impegnino a mantenerlo, educarlo ed istruirlo, come se fosse un
figlio proprio, fino alla maggiore età, senza però che l’affidato
(makful) entri a far parte, giuridicamente, della famiglia che così
lo accoglie. Nei Paesi di area islamica (nel caso di specie, il
Marocco) la Kafalah viene generalmente disposta, ai sensi delle
rispettive legislazioni, con procedura giudiziaria o previo accordo,
tra affidanti e affidatari, autorizzato da un Giudice, Non può dunque
escludersi, agli effetti del ricongiungimento familiare,
l’equiparabilità della Kafalah islamica all’affidamento, posto che
tra quest’ultima e il modello dell’affidamento nazionale prevalgono,
sulle differenze, i punti in comune, non avendo entrambi tali istituti
effetti legittimanti e non incidendo, sia l’uno che l’altro, sullo
stato civile del minore; essendo anzi la Kafalah, più
dell’affidamento, vicina all’adozione in quanto, mentre l’affidamento
ha natura essenzialmente provvisoria, la Kafalah, ancorché ne sia
ammessa la revoca, si prolunga tendenzialmente a fino alla maggiore
età dell’affidato.

Circolare ministeriale 06 marzo 2008, n.1092

Ministero dell’Interno. Circolare 5 marzo 2008, n. 1092: “Decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251 recante Attuazione della direttiva 2004/83CE recante nome minime sull’attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o apolidi, della qualifica del rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta”. DIPARTIMENTO PER LE LIBERTÀ […]

Sentenza 02 febbraio 2007

E’ valido, ai fini del ricongiungimento familiare il matrimonio
celebrato per telefono, se nel paese d’origine di colui che lo ha
contratto tale forma è considerata valida. Infatti la legge 218 del
1995, all’articolo 28, prevede che il giudizio di validità formale
del matrimonio deve essere effettuato alla luce della legge del luogo
di celebrazione o della legge nazionale dei coniugi. Pertanto se nel
paese d’origine è prevista la validità del matrimonio celebrato via
telefono, questo deve essere considerato valido in Italia ai fini del
ricongiungimento.

Circolare ministeriale 15 febbraio 2007

Ministero dell’Interno. Circolare 15 febbraio 2007: “Decreto legislativo recante il recepimento della direttiva 2003/86/CE, relativa al diritto di ricongiungimento familiare. Procedure”. (Omissis) Si richiama all’attenzione delle SS.LL. che, sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n.25 del 31 gennaio 2007, è stato pubblicato il decreto legislativo 8 gennaio 2007 n.5, recante attuazione della direttiva 2003/86/CE, relativa […]

Decreto legislativo 08 gennaio 2007, n.5

D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 5: ” Attuazione della direttiva 2003/86/CE relativa al diritto di ricongiungimento familiare”. (da “Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana” n. 25 del 31 gennaio 2007) IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione; Visto l’articolo 1, commi 1 e 3, della legge 18 aprile 2005, n. 62, […]

Sentenza 23 ottobre 2006, n.3728

Non può essere accolta la richiesta, da parte di cittadina
extracomuniaria, di permesso di soggiorno per motivi di coesione
familiare con il coniuge, cittadino italiano, con il quale abbia
contratto matrimonio con rito islamico che non sia stato regolarmente
trascritto presso l’Ufficio dell’Anagrafe. La disciplina italiana
dettata dalla legge 24 giugno 1929 n. 1159 prevede, infatti, che
l’Ufficiale di stato civile trascriva il matrimonio celebrato dai
ministri di culto acattolici nei registri dello stato civile, perché
esso possa produrre effetti civili (articoli 7 e 10).

Legge organica 22 dicembre 2000, n.8

LEY ORGÁNICA 8/2000, de 22 de diciembre, de reforma de la Ley Orgánica 4/2000, de 11 de enero, sobre derechos y libertades de los extranjeros en España y su integración social. (BOE 23.12.2000) JUAN CARLOS I REY DE ESPANA A todos los que la presente vieren y entendieren. Sabed Que las Cortes Generales han aprobado […]

Sentenza 27 giugno 2006

Non contrastano con l’esercizio dei diritti umani fondamentali, ed in
particolare con il diritto al rispetto della vita familiare, le
deroghe che la direttiva comunitaria 2003/86/CE prevede in tema di
ricongiungimento familiare, in favore degli Stati membri, riguardanti
tempi e limiti di età riferiti alle richieste di ingresso e di
soggiorno dei figli minori dei cittadini dei Paesi tezi legalmente
residenti nella Comunità europea. Tali deroghe offrono agli Stati
membri sia la possibilità di esaminare le condizioni per
l’integrazione, nei casi in cui si tratti di minorenni di età
superiore a 12 anni che raggiungono in modo indipendente il resto
della loro famiglia (art. 4, n. 1, ult. comma); che quella di
concedere la presentazione della domanda di ricongiungimento per i
soli minori che non abbiano ancora compiuto il quindicesimo anno di
età, secondo quanto previsto dalla rispettiva legislazione vigente al
momento dell’attuazione della direttiva e, in caso contrario, di
autorizzare l’ingresso e il soggiorno per motivi diversi dal
ricongiungimento familiare (art. 4, n. 6). Al riguardo occorre,
tuttavia, rilevare come la possibilità di limitare il diritto al
ricongiungimento familiare per minori di età superiore a 12 anni è
volta a tenere conto della capacità di integrazione dei minori di
più giovane età e garantisce che essi acquisiscano l’educazione e le
conoscenze linguistiche necessarie. Il legislatore comuniario ha
infatti ritenuto che, al di là dell’età dei 12 anni, l’obiettivo
dell’integrazione non possa essere raggiunto in misura altrettanto
agevole ed ha pertanto previsto per lo Stato membro interessato la
facoltà di prendere in considerazione un livello minimo di capacità
di integrazione nell’ambito della decisione in merito
all’autorizzazione, all’ingresso ed al soggiorno in base alla
direttiva. Quanto al dettato dell’art. 4, n. 6, non risulta che la
scelta dell’età di 15 anni costiutisca un criterio contrario al
principio di non disciminazione in funzione dell’età, nè può essere
ritenuto in contrasto con l’obbligo di prendere in considerazione
l’interesse superiore del minore.