Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 04 marzo 2005, n.4795

La sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio passata
in giudicato non impedisce la successiva delibazione della sentenza
ecclesiastica di nullità del matrimonio, purchè le parti nel
giudizio di divorzio non abbiano introdotto esplicitamente questioni
concernenti l’esistenza e la validità del vincolo. La dichiarazione
di efficacia nell’ordinamento italiano della sentenza ecclesiastica
non travolge, in ogn caso, il capo della sentenza relativo
all’assegno di mantenimento.

Sentenza 07 giugno 2005, n.11793

La sentenza di divorzio, in relazione alle statuizioni di carattere
patrimoniale in essa contenute, passa in cosa giudicata “rebus sic
stantibus”; tuttavia, la sopravvenienza di fatti nuovi, successivi
alla sentenza di divorzio, non è di per sé idonea ad incidere
direttamente ed immediatamente sulle statuizioni di ordine economico
da essa recate e a determinarne automaticamente la modifica, essendo
al contrario necessario che i “giustificati motivi” sopravvenuti siano
esaminati, ai sensi dell’art. 9 della legge 1 dicembre 1970, n. 898, e
succ. modif., dal giudice da tale norma previsto, e che questi,
valutati detti fatti, rimodelli, in relazione alla nuova situazione,
ricorrendone le condizioni di legge, le precedenti statuizioni. Da
tanto consegue che l'”ex” coniuge tenuto, in forza della sentenza di
divorzio, alla somministrazione periodica dell’assegno divorzile, il
quale abbia ricevuto la notifica di atto di precetto con l’intimazione
di adempiere l’obbligo risultante dalla predetta sentenza, non può –
in assenza di revisione, ai sensi del citato art. 9 della legge n. 898
del 1970, delle disposizioni concernenti la misura dell’assegno di
divorzio da corrispondere all'”ex” coniuge – dedurre la sopravvenienza
del fatto nuovo, in ipotesi suscettibile di determinare la modifica
dell’originaria statuizione contenuta nella sentenza di divorzio, nel
giudizio di opposizione a precetto, essendo del pari da escludere che
il giudice di questa opposizione debba rimettere la causa al giudice
competente “ex” art. 9 della legge n. 898 del 1970.(Nella specie
l’obbligato, proponendo opposizione a precetto, aveva contestato il
diritto dell’ex coniuge a procedere ad esecuzione forzata sostenendo
che il diritto alla corresponsione periodica dell’assegno, al cui
pagamento egli era stato condannato con la sentenza di divorzio, era
venuto meno a seguito del passaggio in giudicato della sentenza della
corte d’appello che aveva dichiarato efficace in Italia la pronuncia
ecclesiastica di nullità del matrimonio concordatario celebrato tra i
coniugi)