Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 05 novembre 2015, n.221

E' infondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 1, comma 1, della legge 14 aprile 1982, n. 164 (Norme
in materia di rettificazione di attribuzione di sesso), sollevata, in
riferimento agli artt. 2, 3, 32, 117, primo comma, della Costituzione,
quest’ultimo in relazione all’art. 8 della Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle
libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950,
ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848.
L’esclusione del carattere necessario dell’intervento
chirurgico ai fini della rettificazione anagrafica appare infatti il
corollario di un’impostazione che − in coerenza con
supremi valori costituzionali − rimette al singolo la scelta
delle modalità attraverso le quali realizzare, con
l’assistenza del medico e di altri specialisti, il proprio
percorso di transizione, il quale deve comunque riguardare gli aspetti
psicologici, comportamentali e fisici che concorrono a comporre
l’identità di genere. L’ampiezza del dato letterale
dell’art. 1, comma 1, della legge n. 164 del 1982 e la mancanza
di rigide griglie normative sulla tipologia dei trattamenti rispondono
all’irriducibile varietà delle singole situazioni
soggettive. Rimane tuttavia ineludibile un rigoroso accertamento
giudiziale delle modalità attraverso le quali il cambiamento
è avvenuto e del suo carattere definitivo. Rispetto ad esso il
trattamento chirurgico costituisce uno strumento eventuale, di ausilio
al fine di garantire, attraverso una tendenziale corrispondenza dei
tratti somatici con quelli del sesso di appartenenza, il conseguimento
di un pieno benessere psichico e fisico della persona. Il trattamento
chirurgico non deve dunque essere considerato quale prerequisito per
accedere al procedimento di rettificazione, ma possibile mezzo,
funzionale al conseguimento di un pieno benessere psicofisico.