Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 16 ottobre 2015

Non vi è alcuna ragione per ritenere in linea generale
contrario all’ordine pubblico un provvedimento straniero
che abbia statuito un rapporto di adozione piena tra una persona
non coniugata e il figlio riconosciuto del partner, anche dello
stesso sesso, una volta valutato in concreto che il
riconoscimento dell’adozione, e quindi il riconoscimento di
tutti i diritti e doveri scaturenti da tale rapporto,
corrispondono all’interesse superiore del minore
al mantenimento della vita familiare costruita con ambedue
le figure genitoriali e al mantenimento delle positive
relazioni affettive ed educative che con loro si sono
consolidate, in forza della protratta convivenza con ambedue e
del provvedimento di adozione; ne consegue che tale provvedimento
è suscettibile di trascrizione nei registri dello Stato
Civile.

Corte Appello Milano, sez. Persone, Minori,
Famiglia, 16 ottobre 2015 (Pres. Bianca La Monica, est. M.
Cristina Canziani)

Sentenza 15 marzo 2012, n.4184

La diversità di sesso dei nubendi è — unitamente alla
manifestazione di volontà matrimoniale dagli stessi espressa in
presenza dell’ufficiale dello stato civile celebrante – secondo la
costante giurisprudenza di questa Corte, requisito minimo
indispensabile per la stessa esistenza del matrimonio civile come atto
giuridicamente rilevante (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 1808 del
1976, 1304 del 1990 cit., 1739 del 1999, 7877 del 2000).
Questo requisito – pur non previsto in modo espresso né dalla
Costituzione, né dal codice civile vigente (a differenza di quello
previgente del 1865 che, nell’art. 55 ad esempio, stabiliva, quanto
al requisito dell’età: «Non possono contrarre matrimonio l’uomo
prima che abbia compiuto gli anni diciotto, la donna prima che abbia
compiuto gli anni quindici»), né dalle numerose leggi che,
direttamente o indirettamente, si riferiscono all’istituto
matrimoniale — sta tuttavia, quale ‘postulato’ implicito, a
fondamento di tale istituto, come emerge inequivocabilmente da
molteplici disposizioni di tali fonti e, in primo luogo, dall’art.
107, primo comma, cod. civ. che, nel disciplinare la forma della
celebrazione del matrimonio, prevede tra l’altro che l’ufficiale
dello stato civile celebrante «riceve da ciascuna delle parti
personalmente, l’una dopo l’altra, la dichiarazione che esse si
vogliono prendere rispettivamente in marito e in moglie» (si veda
anche l’art. 108, primo comma).
— Pertanto — sul piano delle norme, di rango primario o
sub-primario, applicabili alla fattispecie in prima approssimazione
—, alla specifica questione, consistente nello stabilire se due
cittadini italiani dello stesso sesso, i quali abbiano contratto
matrimonio all’estero, siano, o no, titolari del diritto alla
trascrizione del relativo atto nel corrispondente registro dello stato
civile italiano, deve darsi, in conformità con i su menzionati
precedenti di questa Corte, risposta negativa.
Al riguardo, deve essere infine precisato che, nella specie,
l’intrascrivibilità di tale atto dipende non già dalla sua
contrarietà all’ordine pubblico, ai sensi dell’art. 18 del d.P.R.
n. 396 del 2000, ma dalla previa e più radicale ragione,
riscontrabile anche dall’ufficiale dello stato civile in forza delle
attribuzioni conferitegli, della sua non riconoscibilità come atto di
matrimonio nell’ordinamento giuridico italiano. Ciò che,
conseguentemente, esime il Collegio dall’affrontare la diversa e
delicata questione dell’eventuale intrascrivibilità di questo
genere di atti per la loro contrarietà con l’ordine pubblico.
 

Sentenza 27 giugno 2006

Non contrastano con l’esercizio dei diritti umani fondamentali, ed in
particolare con il diritto al rispetto della vita familiare, le
deroghe che la direttiva comunitaria 2003/86/CE prevede in tema di
ricongiungimento familiare, in favore degli Stati membri, riguardanti
tempi e limiti di età riferiti alle richieste di ingresso e di
soggiorno dei figli minori dei cittadini dei Paesi tezi legalmente
residenti nella Comunità europea. Tali deroghe offrono agli Stati
membri sia la possibilità di esaminare le condizioni per
l’integrazione, nei casi in cui si tratti di minorenni di età
superiore a 12 anni che raggiungono in modo indipendente il resto
della loro famiglia (art. 4, n. 1, ult. comma); che quella di
concedere la presentazione della domanda di ricongiungimento per i
soli minori che non abbiano ancora compiuto il quindicesimo anno di
età, secondo quanto previsto dalla rispettiva legislazione vigente al
momento dell’attuazione della direttiva e, in caso contrario, di
autorizzare l’ingresso e il soggiorno per motivi diversi dal
ricongiungimento familiare (art. 4, n. 6). Al riguardo occorre,
tuttavia, rilevare come la possibilità di limitare il diritto al
ricongiungimento familiare per minori di età superiore a 12 anni è
volta a tenere conto della capacità di integrazione dei minori di
più giovane età e garantisce che essi acquisiscano l’educazione e le
conoscenze linguistiche necessarie. Il legislatore comuniario ha
infatti ritenuto che, al di là dell’età dei 12 anni, l’obiettivo
dell’integrazione non possa essere raggiunto in misura altrettanto
agevole ed ha pertanto previsto per lo Stato membro interessato la
facoltà di prendere in considerazione un livello minimo di capacità
di integrazione nell’ambito della decisione in merito
all’autorizzazione, all’ingresso ed al soggiorno in base alla
direttiva. Quanto al dettato dell’art. 4, n. 6, non risulta che la
scelta dell’età di 15 anni costiutisca un criterio contrario al
principio di non disciminazione in funzione dell’età, nè può essere
ritenuto in contrasto con l’obbligo di prendere in considerazione
l’interesse superiore del minore.

Sentenza 20 giugno 2002, n.50963/99

Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Sezione quarta. Sentenza 20 giugno 2002, n. 50963/99: “Al Nashif contro Bulgaria. Violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare”. CASE OF AL-NASHIF v. BULGARIA JUDGMENT STRASBOURG This judgment will become final in the circumstances set out in Article 44 § 2 of the Convention. It may be […]