Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 13 Luglio 2004

Interrogazione 01 marzo 2004, n.E-0772

Parlamento europeo. Interrogazione scritta E-0772 di Maurizio Turco alla Commssione: “Violazione della libertà di religione in Austria”, 1 marzo 2004.

Visti,
– l’articolo 6 del TUE;
– gli articoli 10, 22 e 52 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea;
– la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 1950 (in particolare gli articoli 9 e 14);
– la relazione internazionale sulla libertà di culto per il 2003, stilata dal dipartimento di stato degli Stati Uniti;
considerando,
– che l’Alleanza evangelica austriaca, che raggruppa le organizzazioni cristiane non riconosciute nel paese, ha denunciato ritardi nell’ottenimento dei visti concessi agli operatori religiosi;
– che i membri dei testimoni di Geova non possono ottenere un visto per un interprete di tagalo per consentire l’amministrazione della liturgia alla comunità filippina;
– che la legge sullo status delle comunità religiose del 1998 ha consentito a dodici società religiose già riconosciute di mantenere il loro status, ma ha imposto nuovi criteri ai gruppi religiosi che intendano ottenere tale status; che numerosi gruppi, non riconosciuti dalle autorità, così come alcuni esperti di diritto canonico, hanno lamentato l’imposizione di tali criteri supplementari per il riconoscimento delle comunità religiose, che impediscono il disbrigo delle richieste di riconoscimento e formalizzano una condizione di “religioni di serie B” per i gruppi non riconosciuti; che alcuni esperti hanno messo in discussione la costituzionalità di tale legge;
– che, del resto, varie province austriache hanno finanziato uffici che forniscono informazioni sulle sette e i culti; che la pagina web dell’Ufficio della Famiglia dell’Austria inferiore comprende una presentazione negativa di diversi gruppi religiosi, fra cui i testimoni di Geova, nonostante essi si professino una comunità confessionale:
la Commissione può indicare se è al corrente dei fatti descritti?
Essa ritiene che i fatti riportati siano un attentato ai diritti fondamentali, garantiti dagli articoli 10 e 22 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE e, pertanto, che essi vadano a ledere l’essenza stessa di tali diritti, tutelati espressamente dall’articolo 52 dello stesso corpus di leggi?
La Commissione non ritiene inoltre che i fatti di cui sopra violino l’articolo 6 del TUE e, pertanto, i principi comuni a tutti gli Stati membri in materia di rispetto dei diritti umani fondamentali?
La Commissione può comunicare in che modo intende dissuadere l’Austria dal mettere in essere una simile condotta contraria al diritto di libertà di culto?
In caso di mancata condanna espressa con misure messe in essere dall’istituzione, in base a quale principio giuridico la Commissione intende sostenere la sua posizione?

Risposta dell’On.le Vitorino a nome della Commissione, 28 aprile 2004.

Per quel che riguarda il rifiuto di un visto d’ingresso sul territorio nazionale opposto dalle autorità austriache a determinati religiosi, la Commissione tiene a rammentare che, in base alle disposizioni relative al rilascio di visti validi per il territorio dei paesi aderenti alla convenzione di Schengen, ciascuno Stato membro esamina una richiesta di visto secondo una serie di criteri precisati nell’istruzione consolare comune. La decisione di concedere o rifiutare il visto in questione è tuttavia lasciata alla valutazione dei singoli Stati membri. L’istruzione consolare comune non impone loro di giustificare l’eventuale rifiuto di un visto.
Quanto alla concessione di un’autorizzazione di lavoro specifica per operatori religiosi cittadini di paesi terzi, la Commissione sottolinea che per il momento non esistono a livello comunitario norme in materia di ingresso e soggiorno dei cittadini di paesi terzi a fine di lavoro, e che qualsiasi decisione al riguardo è di competenza degli Stati membri.
La Commissione è abilitata a intervenire nei confronti di eventuali violazioni dei diritti fondamentali, e in particolare della libertà religiosa, solo ove si producano nell’ambito del diritto comunitario e della sua attuazione.
Va da ultimo ricordato che chiunque reputi che i propri diritti fondamentali sono stati violati, ha la facoltà di proporre ricorso dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo, previo esaurimento dei mezzi interni.