Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 16 Luglio 2004

Progetto di legge 20 ottobre 2003, n.4399

Camera dei Deputati. XIV legislatura. Disegno di legge, di iniziativa dell’On.le Alessandra Mussolini, n. 4399 del 20 ottobre 2003: “Disciplina della convivenza familiare”.

ONOREVOLI COLLEGHI ONOREVOLI COLLEGHI! — Gli studi sul fenomeno della evoluzione del « sistema famiglia » seguono da anni e con
attenzione crescente la diversa scelta
volontaristica degli elementi di una coppia che, o perche´ reduci da precedenti esperienze matrimoniali fallimentari non ancora
concluse, o per motivi prudenziali, dettati dalla voglia di provare la funzionalita` di uno schema, prima di contrarre un obbligo, o per motivazioni ideologiche, decidono di costituire, con una « stabile coabitazione », una famiglia di fatto.
L’indicatore piu` autorevole per lo studio del fenomeno non puo` non essere costituito dalle sentenze della Corte costituzionale o della Cassazione, perche´ un fenomeno extra legale, ma socialmente scelto, condiviso e attuato, trova il suo primo riconoscimento ordinamentale proprio nelle pronunce dei tribunali e delle Corti superiori, che, chiamati a regolamentare gli effetti pubblici di una scelta privata, tracciano, via via, la strada per un riconoscimento normativo e pubblico del fenomeno stesso.
Dunque, possiamo vedere che si sono succedute nel tempo numerose sentenze che hanno portato ad un primo riconoscimento di dignita` la scelta volontaristica in esame, e quindi a ridurre il gap, che rende diverso un consesso familiare di fatto da quello di diritto.
Tra queste, dobbiamo ricordare la sentenza famosissima della Corte costituzionale n. 404 del 7 aprile 1988, che ha dichiarato la illegittimita` dell’articolo 6, comma 1, della legge n. 392 del 1978 nella parte in cui non prevedeva tra i successibili nella titolarita` del contratto di locazione, in caso di morte del conduttore (con conseguente possibilita` per il proprietario di ottenerne la restituzione perche´ immobile occupato senza titolo), il convivente more uxorio; ancora, la medesima sentenza dichiaro` l’illegittimita` del medesimo articolo 6 nella parte in cui non prevedeva la successione nel contratto di locazione, in luogo dell’originario conduttore che l’avesse abbandonato, in favore del convivente, in presenza di prole naturale.
Ancora, degna di nota, appare la sentenza della Cassazione n. 6381 del 1993, che ha riconosciuto validita` agli accordi preventivamente stipulati dai conviventi more uxorio, per l’ipotesi di rottura del loro rapporto di convivenza, con il riconoscere la validita` al contratto di comodato di un appartamento, stipulato vita natural durante, a favore del convivente, non essendo la causa del contratto « contraria a norme imperative di ordine pubblico o buon costume».
Assieme a queste, forse le piu` significative, moltissime altre sentenze sono state pronunciate, sentenze che, nel risolvere casi concreti, laddove da tutelare era la scelta di una famiglia non formalizzata con il matrimonio, equiparavano alcuni effetti del vincolo pubblico con la famiglia di fatto.
Sino ad oggi, pero`, accanto a riconoscimenti e a piccoli passi in avanti nell’equiparazione delle garanzie, in caso di cessazione del rapporto di convivenza, abbiamo ancora delle posizioni giurisprudenziali eccessivamente rigide rispetto ai diritti del convivente, sia in tema di successione, sia in tema di impresa familiare, sia, infine, in tema di riconoscimento della tutela del genitore affidatario e della prole che, per quanto riconosciuta, non gode, alla cessazione del rapporto, di forme di garanzia ampie come quella legittima.
In buona sostanza il quesito dominante, e la remora concettuale maggiore, e`: come riconoscere « dignita` ordinamentale» ad un vincolo che per sua genetica formazione volontaristica, espressione della libera determinazione delle parti, si e` sottratto ad uno schema normativo, scegliendo di avere una forma « fattuale », ovvero esistente nella realta`, perche´ confermantesi ogni momento in conformita` alla scelta volontaristica dei suoi componenti?
La mancata estensione alla famiglia di fatto degli effetti garantistici della struttura del vincolo matrimoniale ha trovato la sua ragione nella valutazione, a volte completamente condivisibile, che avendo gli elementi della coppia scelto, per regolare il loro rapporto, una deregulation, proprio tale « scelta » impedisce di estendere loro gli effetti, sia positivi che negativi (assunzione di obblighi e godimento di diritti) di una diversa scelta di volonta`.
A ben vedere, la necessita` di una maggiore tutela dell’elemento della coppia di fatto che a seguito dello scioglimento della famiglia di fatto si dovesse trovare in una situazione di disagio o di debolezza, e` un problema di coscienza civile che, per essere recepito dall’ordinamento, deve essere ritenuto di interesse generale.
In altre parole, le difficolta` di un soggetto adulto (che dopo aver dedicato anni della propria vita ad un progetto fattuale di convivenza con altro soggetto adulto, si trovi « lasciato »), connesse al momento della risoluzione del rapporto, non potrebbero trovare che una morale riprovazione, ma non potrebbero avere dignita` normativa, solo considerando che tale situazione sarebbe da ascriversi « anche » ad una « sua » libera « scelta », di progettare e condividere la vita di coppia in questo modo, pronto ad accettarne il termine e la fine « in qualunque momento ».
Posta tale premessa, non si potrebbe trovare alcuna gustificazione, ne` morale ne` normativa, a costituire ex post, all’atto della cessazione del rapporto fattuale, una disciplina « fonte di obblighi, per un rapporto, come la convivenza, volutamente costituito scevro di doveri, che non siano quelli ogni giorno rinnovati per libera scelta».
In buona sostanza, come poter giustificare la nascita di obblighi in capo a coloro che scelgono di interrompere un rapporto, che per sua natura ha il suo momento genetico nella sola « volonta` ogni giorno rinnovata »?
Come si potrebbe giustificare questo interesse dell’ordinamento in riferimento
ad una modalita` di dividere la vita che, proprio per sua definizione, e` legata al « fatto », e quindi in condizione di essere messa nel nulla con un altro « fatto » di natura contraria, alla condivisione di un tetto, di una vita?
La risposta a tale quesito, che non vada ad incidere in campi come la morale o la religione, la si puo` trovare solo sul piano della tutela del principio cardine di ogni convivere civile, quello della maggior tutela dei « frutti » della famiglia di fatto, ovvero quello di una maggior tutela, all’atto della cessazione della convivenza, della parte che si trova in uno stato di bisogno, dopo aver scelto di dedicare al « progetto di coppia » parte rilevante della sua vita.
In questa ottica, i figli naturali, generati da una coppia di fatto, ben possono consentire al nostro legislatore di estendere la validita` di alcuni obblighi e di alcuni precetti, previsti per la famiglia nata con il matrimonio, a regolare il momento in cui la condivisione di una « famiglia di fatto » abbia a cessare, e si rientri quindi nel campo delle tutele che l’ordinamento ha l’obbligo di assicurare alle parti piu` deboli.
In altre parole, la diatriba circa la scelta formale e l’assunzione volontaristica degli obblighi connessi al « contratto matrimonio », a ben vedere, ha come radice del suo ragionamento quella della centralita` dei coniugi rispetto all’obbligo assunto, ai diritti e doveri che sono stati previsti in termini contrattuali per quella particolarissima forma di « assenso tra le parti » che e` il matrimonio.
Non puo` sfuggire a chi si occupa di tale materia come, con l’evolversi dei costumi, gli obblighi coniugali siano sempre meno considerati come stabili nel tempo: ne fa prova l’esponenziale aumento delle separazioni personali.
Dunque il matrimonio sembra sia in crisi ma, d’altra parte, non v’e` chi non veda come le unioni di fatto, le convivenze, le famiglie allargate sostituiscano in misura quasi pari le unioni matrimoniali, che
vengono dichiarate cessate con la separazione o con il divorzio.
Non e` quindi in crisi il modo di concepire la vita come « progetto di coppia ».
Si puo` pertanto ipotizzare che quello che, sempre piu` spesso, si vede come un ostacolo alla possibilita` della affermazione dell’individuo, come scelta piu` volte rinnovabile di un partner a seconda delle fasi della vita, sia la formalizzazione del vincolo in vincolo matrimoniale, e non la « progettualita` di coppia » collegata alla famiglia.
Da cio` discende che l’ordinamento, che per sua natura deve occuparsi delle regole del vivere civile, cercando di tutelare le posizioni piu` deboli, non debba, ne´ possa, entrare nell’ambito della libera scelta degli adulti, di preferire le convivenze al vincolo matrimoniale, ma possa trovare la via di accesso normativa nel momento in cui da un rapporto di convivenza si passi, con l’aver generato dei figli, alla famiglia di fatto.
Dunque si puo`, e si deve, immaginare una evoluzione normativa che ponga come centrale l’esigenza di tutela dei membri della coppia, anche se adulti ed animati da una loro volonta` (sulla perfezione della quale l’innamoramento consente di avere alcune riserve), nonche´ quella dei figli generati dalla scelta del « progetto di coppia », e cio` sia che il vincolo sia formale, sia che il vincolo sia un patto, ogni giorno da riaffermare.
La presenza dei figli non puo` che far nascere, in capo ai partner genitori, precisi diritti ed obblighi, sostanzialmente analoghi a quelli previsti dalla vigente normativa per la famiglia tradizionale.
In questa ottica si immagina la presente proposta di legge che, nel prevedere il fatto della convivenza stabile, non generativa di obblighi, non scelti e non voluti tra le parti, riconosce, comunque, la dignita` della stessa e la sua legittimita`, nell’ottica dello spirito costituzionale, oltre a prevedere, nel momento della sua solu-zione, l’estensione a questa di garanzie a tutela della « parte debole ».

PROPOSTA DI LEGGE

ART. 1.
(Convivenza familiare).

1. La Repubblica riconosce e tutela il rapporto tra due persone, legate da comunione di vita materiale e spirituale, che coabitano stabilmente, applicando a tale rapporto le garanzie previste dall’articolo 2 della Costituzione per le formazioni sociali finalizzate al processo di sviluppo e di crescita della persona.

ART. 2.
(Estensione alle unioni di fatto dei provvedimenti relativi all’affidamento dei figli e alle garanzie di esecuzione degli obblighi, nel caso di cessazione della convivenza).

1. Le disposizioni a tutela della prole di cui agli articoli 155 e seguenti del codice civile, si applicano, in quanto compatibili, anche a vantaggio dei minori, e comunque dei figli, anche maggiorenni, se portatori di handicap grave, nati da genitori non coniugati legalmente, all’atto della cessazione della convivenza.

2. L’abitazione della casa, luogo della convivenza familiare, spetta al genitore cui sono affidati i figli o con il quale i figli maggiorenni convivono.

3. Il giudice, in applicazione del comma 1 del presente articolo, si pronuncia ad istanza di parte, ai sensi dei commi quarto, quinto, sesto e settimo dell’articolo 156 del codice civile; il giudice, sempre ad istanza di parte, e con provvedimento motivato, puo` determinare a carico del genitore, cui non sono stati affidati i figli e che gode di un reddito maggiore, l’obbligo di corrispondere un importo mensile, atto a consentire, ai figli nati dalla convivenza familiare, un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di rapporto.

4. L’importo determinato per il mantenimento del tenore di vita ai sensi del comma 3, e` impiegato in forma diretta in favore della prole dal genitore non affidatario. In caso di contestazione, ove lo stesso genitore non affidatario non dimostri di avere impiegato l’importo stesso per acquisti utilmente compiuti direttamente in favore della prole, sorge l’obbligo di doverlo versare al genitore affidatario. In tale caso sono applicabili le garanzie previste dai commi quarto, quinto, sesto e settimo dell’articolo 156 del codice civile.

ART. 3.
(Competenza del giudice ordinario).

1. In deroga all’articolo 38 delle dispoizioni per l’attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, approvate con regio decreto 30 marzo 1942, n. 318, i provvedimenti previsti dall’articolo 317-bis del codice civile, quelli di cui all’articolo 2 della presente legge e comunque tutti i provvedimenti relativi ai figli naturali sono di competenza del giudice ordinario.

ART. 4.
(Estensione del concetto di impresa familiare al convivente).

1. Il terzo comma dell’articolo 230-bis del codice civile e` sostituito dal seguente:
« Ai fini della disposizione di cui al primo comma si intende come familiare il coniuge, il convivente, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo; per impresa familiare quella cui collaborano il coniuge, il convivente, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo ».

ART. 5.
(Estensione dei diritti successori).

1. Nel caso di decesso del convivente, titolare del diritto immobiliare, e` riconociuto al convivente superstite il diritto d’uso della casa, scelta come stabile dimora della convivenza familiare, per un periodo di durata analoga alla stessa convivenza, e, in presenza di figli minori, sino alla autonomia patrimoniale di questi.

ART. 6.
(Riconoscimento del diritto delle licenze per
paternita` e per maternita` nei rapporti di
lavoro subordinato).

1. E` riconosciuto ad entrambi i genitori, all’atto della nascita della prole, il diritto di ottenere licenze per paternita` e per maternita` dal posto di lavoro, qualunque sia la natura del rapporto di lavoro nel quale essi siano impiegati.

ART. 7.
(Doveri verso i figli).

1. L’articolo 147 del codice civile e` sostituito dal seguente:

«ART. 147 (Diritti e doveri verso i figli). Dalla nascita discende il diritto-dovere di entrambi i genitori di mantenere, istruire ed educare la prole, tenuto conto delle capacita`, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli».

ART. 8.
(Esercizio delle potesta` dei genitori).

1. Al quarto comma dell’articolo 316 del codice civile, le parole: « il padre »
sono sostituite dalle seguenti: « uno dei genitori ».

ART. 9.
(Estensione delle norme sui maltrattamenti
in famiglia e verso i fanciulli).

1. Al primo comma dell’articolo 572 del codice penale, dopo le parole: « della famiglia » sono inserite le seguenti: « ivi compreso il convivente ».

ART. 10.
(Norme transitorie).

1. Nei casi di provvedimenti riguardanti i figli nati fuori dal matrimonio gia` deliberati alla data di entrata in vigore della presente legge, ciascuno dei genitori puo` chiedere comunque l’applicazione della medesima legge.

ART. 11.
(Entrata in vigore).

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.