Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 16 Luglio 2004

Rapporto luglio 2004

Agenzia delle Nazioni Unite per lo Sviluppo. Rapporto sullo Sviluppo Umano del 2004: “Identità e differenze culturali in un mondo unito”, luglio 2004.

(omissis)

CAPITOLO III
La creazione di democrazie multiculturali.

(omissis)

Politiche sulla religione e la pratica religiosa.

Come evidenziato nel capitolo 2, nel mondo sono numerose le minoranze religiose che subiscono varie forme di esclusione. In alcuni casi ciò a dovuto a una discriminazione esplicita; un problema particolarmente diffuso nei paesi non laici in cui lo stato ha il compito di sostenere e promuovere una religione di stato. Ma in altri casi l’esclusione può essere meno diretta e a volte persino involontaria, come quando il calendario pubblico non riconosce le feste religiose di una minoranza, oppure i codici di abbigliamento nelle istituzioni pubbliche sono in contrasto con l’abito religioso della stessa, o ancora quando le norme statali sul matrimonio e l’eredità sono diverse rispetto a quelle di una religione di minoranza, o i regolamenti urbanistici sono in contrasto con le sue particolari pratiche di sepoltura. Questi tipi di conflitti possono verificarsi persino negli stati laici. Data la grande importanza della religione nelle identità dei popoli, non c’è da sorprendersi se spesso le minoranze religiose si mobilitano per conte stare queste esclusioni. Se non vengono gestite in maniera corretta queste mobilitazioni possono diventare violente. E quindi fondamentale per gli stati imparare in che modo gestire tali rivendicazioni.
Lo stato ha la responsabilità di garantire le politiche e i meccanismi che proteggono la scelta individuale. Ciò si realizza con risultati migliori quando le istituzioni pubbliche non fanno distinzione tra credenti e non credenti, non soltanto tra i seguaci di religioni diverse. E’ stato dimostrato che i principi laici funzionano meglio con questi obiettivi, ma nessun modello di laicismo e palesemente migliore in tutte le circostanze rispetto ad altri. Nel corso del tempo i vari legami esistenti tra lo stato e le autorità religiose hanno subito un’evoluzione. In modo analogo, gli stati che si dichiarano laici lo fanno in maniera diversa sia a livello di principio sia in pratica. E queste differenze sortiscono degli effetti sulla capacità statale di proteggere la scelta individuale e le libertà religiose.
A volte i problemi si verificano a causa dei legami troppo formali tra le reLIgioni e lo stato o dell’influenza eccessiva delle autorità religiose nelle questioni di stato. Ciò può accadere quando, per dire, un’esigua elite clericale controlla le istituzioni dello stato in accordo con ciò che essa considera le leggi aventi autorità divina, come in Afghanistan sotto i talebani. Queste elite religiose predominanti dal punto di vista politico non sono disposte a tollerare le differenze interne, figuriamoci il dissenso, e a estendere le libertà anche ai propri membri al di fuori dell’esigua elite al governo, meno ancora ai membri di altri gruppi religiosi. Tali stati non accettano altri gruppi o dissidenti religiosi e non li trattano allo stesso modo.
In altri casi lo stato può dichiararsi neutrale, escludere il proprio intervento nelle questioni religiose ed escludere la religione dalle questioni di stato; una politica di esclusione reciproca». Ma in realtà questa presa di posizione può essere falsata da politiche che sottovalutano le reali violazioni delle libertà religiose o attraverso interventi ad hoc motivati dall’opportunismo politico.
A prescindere dai legami storici con la religione, gli stati hanno la responsabilità di proteggere i diritti e di tutelare le libertà di tutti i loro membri e di non fare discriminazioni (a favore o contro) per motivi religiosi. E’ difficile proporre un piano ottimale per i rapporti tra le istituzioni statali e l’autorità religiosa. Gli stati non discriminatori dovrebbero però proteggere i tre aspetti della libertà religiosa e della scelta individuale.
Ogni individuo o setta all’interno di un gruppo religioso dovrebbe avere diritto di criticare, riesaminare o contestare la supremazia di un’interpretazione particolare del credo essenziale. Tutte le religioni hanno numerose interpretazioni e pratiche – esse sono multivocali – e lo stato non dovrebbe appoggiare una singola interpretazione. Il clero o altre gerarchie religiose dovrebbero avere la stessa posizione di altri cittadini e non dovrebbero rivendicare un maggiore privilegio politico o societario.
Gli stati devono lasciare spazio a tutte le religioni per un dibattito interreligioso e, con moderazione, per le critiche. Le persone appartenenti a una religione devono avere la possibilità di essere responsabilmente critiche sulle pratiche e il credo di altre religioni.
Gli individui devono essere liberi non solo di criticare la religione nella quale sono nati, ma anche di rinnegarla per un’altra oppure di rimanerne privi.
Alcune contestazioni del laicismo derivano dai legami storici di un paese con la religione o dall’eredità del colonialismo. Nell’Asia meridionale le politiche britanniche di