Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 25 Febbraio 2004

Sentenza 09 giugno 1993, n.419

Consiglio di Stato. Sezione Sesta. Sentenza 9 giugno 1993, n. 419.

(Imperatrice; Allegretta)

Diritto

(omissis)

L’appello è fondato.

Il Tribunale, ha giustamente affermato che, ai fini della discriminazione della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, si deve aver riguardo alla domanda sostanziale, ossia allo specifico oggetto ed alla reale natura della controversia, da identificarsi non solo e non tanto in funzione della concreta statuizione chiesta al giudice, ma anche e soprattutto in funzione della intrinseca natura della posizione soggettiva dedotta in giudizio, determinata in relazione alla reale protezione accordatale dall’ordinamento giuridico.

L’applicazione, tuttavia, che di tali principi è stata fatta non è condivisibile.

Nel caso di specie, invero, alla data di adozione del provvedimento impugnato, l’unico fatto certo ed incontroverso era l’originaria appartenenza delle due sculture lignee di cui si tratta alle chiese di provenienza ed ai relativi Enti ecclesiastici. Esse, pertanto, erano beni soggetti, a norma dell’art. 4 della legge n. 1089 del 1939, ai poteri di tutela e sanzionatori dell’Amministrazione dei beni culturali.

Cosicché, la facoltà esercitata dal Ministro, di ordinarne la ricollocazione in pristino, si concreta in una potestà autoritativa, a fronte della quale il destinatario del provvedimento poteva solo vantare un mero interesse legittimo, almeno fino a quando non si fosse accertato che, trattandosi di beni di proprietà privata, tale potere avrebbe potuto essere legittimamente esercitato soltanto dopo l’imposizione espressa del vincolo a norma dell’art. 3 della L. 1 giugno 1939, n. 1089.

Si rivela, dunque, fondata la censura avanzata nel presente grado del giudizio, secondo la quale la condizione proprietaria delle sculture, benché sicuramente rilevante, andava accertata incidentalmente, in quanto attinente ad uno dei presupposti di legittimità del decreto gravato.

A parte, per altro, la considerazione che almeno su di una delle statue (la “Madonna col Bambino”), secondo quanto riferisce il ricorrente, il vincolo già gravava per essere intervenuta “notifica” dell’interesse artistico particolarmente importante in data 5 novembre 1977, è da escludersi che il ricorrente in alcuna censura prospettata in prime cure abbia contestato in radice il potere dell’Amministrazione, risultando al contrario che in ciascuna di esse sono dedotti soltanto vizi di legittimità, la cui cognizione spetta al giudice amministrativo.

Anche il primo motivo di ricorso, con il quale il Nicoletti ha dedotto che erroneamente il Ministro aveva ritenuto la nullità, a norma dell’art. 61 della legge citata, dell’acquisto delle statue e che, comunque, l’acquisto si era verificato per possesso ultraventennale a norma dell’art. 1161 cod. civ., concreta la denuncia dell’inesistenza di un presupposto ritenuto necessario per l’adozione del provvedimento impugnato e, dunque, che il potere di tutela era stato illegittimamente esercitato e non già che l’Autorità ne fosse assolutamente carente.

Questa, invero, non ripete il suo potere di tutela del bene culturale, che inerisce alla cosa, dal riconoscimento dell’interesse artistico particolarmente importante di questa e dalla relativa notificazione al privato proprietario, essendo detti provvedimenti essi stessi espressione di quel potere, anche se, poi, assumono funzione di presupposto legale di quelle ulteriori manifestazioni della potestà in questione che si concretano nei provvedimenti cautelari previsti dalla legge.

(omissis)

Alla stregua delle considerazioni che precedono, deve escludersi che la situazione soggettiva dedotta in giudizio, determinata in relazione alla reale protezione accordatale dall’ordinamento giuridico, potesse configurarsi come di diritto soggettivo perfetto ed in particolare che fosse diritto di proprietà.

La reale domanda avanzata devesi, al contrario, qualificare come domanda di annullamento per vizi di legittimità rivolta contro un provvedimento ritenuto lesivo di un interesse legittimo ed, adottato da un’Autorità amministrativa nell’esercizio di un potere attribuitole dalla legge per la cura di un pubblico interesse (tutela del patrimonio artistico della Nazione); come tale essa rientra nella giurisdizione del Giudice amministrativo.

Ne consegue che l’appello deve essere accolto, con rinvio della controversia al Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, ai sensi dell’art. 35, comma 2, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034.

(omissis)