Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 24 Luglio 2010

Sentenza 18 dicembre 2009, n.26657

Corte di Cassazione, Civile, Sez. V, sentenza 18 dicembre 2009, n. 26657: "Esente da ICI l'immobile destinato da un ordine religioso ente ecclesiastico civilmente riconosciuto ad abitazione dei propri membri".

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente
Dott. D'ALONZO Michele – Consigliere
Dott. MERONE Antonio – Consigliere
Dott. PARMEGGIANI Carlo – rel. Consigliere
Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 18516-2005 proposto da:

ISTITUTO (OMISSIS), in persona del Legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DELLE CINQUE GIORNATE 2, presso lo studio dell'avvocato MERLTNI PAOLO, che lo rappresenta e difende, giusta mandato in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE Di POTENZA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 39/2004 della COMM. TRIB. REG. di POTENZA, depositata il 26/10/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 30/09/2009 dal Consigliere Dott. CARLO PARMEGGIANI;
udito per il ricorrente l'Avvocato MERLINI PAOLO, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo

L'Istituto (OMISSIS), ente ecclesiastico civilmente riconosciuto, impugnava avanti la Commissione Tributaria Provinciale di Potenza l'avviso di accertamento n. (OMISSIS), emesso dal Comune di Potenza a fini ICI per l'anno 1997, per la unità immobiliare censita al NCEU di (OMISSIS), assumendo che detto immobile, adibito a casa di abitazione della locale comunità religiosa dell'Istituto medesimo era esente dall'ICI. Ciò in forza della esenzione accordata dalla D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, lett. i) secondo cui sono esenti dall'ICI "gli immobili utilizzati dai soggetti di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 87, comma 1, lett. c) (TUIR), e successive modificazioni, destinati unicamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonchè delle attività di cui alla L. 20 maggio 1985, n. 222, art. 16, lett. a)". A tal fine dimostrava documentalmente 1) di essere ente ecclesiastico civilmente riconosciuto con D.P.R. 3 marzo 1948, modificato con D.P.R. 24 aprile 1950, rientrante quindi nella categoria degli enti non commerciali di cui all'art. 87, comma 1, lett. c., cit. TUIR; 2) che l'immobile era destinato ad abitazione della comunità religiosa locale dell'Istituto, come comprovato da attestazione del competente dicastero della Santa Sede, sostenendo che tale destinazione rientrava tra quelle agevolate dalle citate disposizioni di legge. La Commissione Provinciale, con sentenza n. 349/2/02 in data 8-10- 2002, respingeva il ricorso, sul rilievo che, ferma restando la qualità di ente non commerciale dell'Istituto, ai sensi dell'art. 87, cit. TUTR, la destinazione dell'immobile non rientrava tra quelle oggetto di agevolazione, in quanto non sede di svolgimento della attività istituzionale dell'ente ma strumento indiretto di tale attività.

Contro la sentenza proponeva appello l'Istituto, ma la Commissione Tributaria Regionale della Basilicata con sentenza n. 39/2/04, in data 9-2-2004, pubblicata il 26-10-2004, respingeva il gravame, ritenendo che la destinazione in oggetto dell'immobile configurasse l'esercizio di una attività commerciale.

Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione l'Istituto, con un motivo. Il Comune di Potenza non svolge attività difensiva.

Motivi della decisione

Con l'unico, articolato motivo, l'Istituto deduce violazione e falsa applicazione di norma di diritto in relazione al combinato disposto del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, lett. i) e della L. 20 maggio 1985, n. 222, art. 16, lett. a) nonchè carenza di motivazione su punto decisivo della controversia, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Sostiene il ricorrente che, ferma restando la qualità di ente non commerciale dell'Istituto ai sensi dell'art. 87, cit. TUIR, quale ente religioso riconosciuto, qualità che costituisce il primo requisito, di natura soggettiva, per fruire della esenzione dall'ICI (requisito la cui esistenza non è stata posta in dubbio nella fase di merito) è da respingersi l'assunto, fatto proprio dalla Commissione Regionale, della mancanza del secondo requisito, di natura oggettiva, al fine considerato, in quanto la destinazione dell'immobile a casa di abitazione della attività religiosa, secondo la sentenza impugnata, 1) non sarebbe ricompresa tra quelle agevolate, in quanto non sede di svolgimento della attività istituzionale dell'Istituto, ma strumento indiretto di tale attività; 2) costituirebbe, invece, esercizio di attività commerciale, per cui, ad avviso della Commissione Regionale, "anche gli enti soggettivamente non commerciali (e quindi anche quelli ecclesiastici) sono soggetti all'ICI per gli immobili destinati ad attività oggettivamente commerciali". Espone in contrario il ricorrente che 1) ai sensi delle disposizioni in materia del diritto canonico (canone (OMISSIS)) i religiosi devono abitare nella propria casa religiosa osservando la vita in comune. Ne consegue ad avviso del medesimo che la casa di abitazione è il luogo in cui i religiosi sono accolti e formati alla vita monastica, così realizzando una delle ipotesi di cui alla L. 22 del 1985, art. 16, lett. a) che elenca tra le attività religiose e di culto quelle dirette all'esercizio del culto ed alla formazione del clero e dei religiosi.

Ritenere che la destinazione dell'immobile a casa di abitazione dei religiosi non costituisca attività istituzionale dell'ente significa, ad avviso del ricorrente, negare la esistenza stessa dell'ente, per cui è necessaria la vita in comune dei membri e la loro formazione religiosa; 2) detta destinazione, in ogni caso, non ha carattere commerciale. Trattasi infatti di un convento, in cui vivono i religiosi; detta situazione è equivalente ad una convivenza di tipo familiare; tale convivenza è del tutto estranea al concetto di attività commerciale, e d'altro canto è escluso (nè in atti si sostiene il contrario) che nell'immobile si svolgano attività a diverso titolo commerciali. Peraltro, nessuna spiegazione dell'assunto si rinviene nella sentenza impugnata, in cui la affermazione della natura commerciale della convivenza dei religiosi (rectius, delle religiose) è meramente apodittica e non motivata. Il motivo è fondato.

Già questa Corte, con sentenza n. 4645 del 2004, citata in ricorso, ha avuto modo di osservare che la esenzione dalla imposta comunale sugli immobili (ICI) spetta agli enti ecclesiastici, rientranti nel novero dei soggetti citati dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 87, comma 1) lett. C), ove gli immobili di loro proprietà siano destinati a finalità contemplate dalla norma medesima, nonchè a quelle indicate nella L. n. 222 del 1985, richiamato art, 16, lett. a) sopra elencate, rimanendo esclusi gli immobili destinati, anche in parte, ad attività "oggettivamente commerciali". Ciò perchè "le attività commerciali e a fini di lucro" contemplate dalla stessa L. 20 maggio 1985, n. 222, art. 16 sui beni ecclesiastici, ma sotto la lett. b) non sono richiamate dall'art. 7 della Legge sull'ICI; per cui tali attività possono essere esercitate da enti ecclesiastici, ma gli immobili in cui queste si esercitano rimangono soggetti ad ICI. Tale non è il caso in questione. La destinazione dell'immobile di cui è causa ad abitazione della comunità religiosa composta da membri dell'ente, del tutto assimilabile alla adibizione di una unità immobiliare ad abitazione del proprietario e dei suoi familiari, non costituisce attività commerciale, sia in quanto esclusa dal novero di quelle contemplate nell'art. 2195 c.c. sia perchè, in senso sostanziale, estranea al concetto della produzione e scambio di beni e servizi con finalità di lucro, connaturata all'esercizio del commercio in tutte le sue forme. Nè lumi possono trarsi dalla impugnata sentenza, la quale, nulla immutando sui fatti di causa (ovvero dando per ammesso che l'immobile era adibito al fine di cui sopra) ha attribuito alla attività ivi svolta natura oggettivamente commerciale omettendo ogni spiegazione in proposito.

Ricorre quindi il vizio di omessa motivazione della sentenza, nella forma del difetto assoluto della medesima, in cui la mancata esposizione degli elementi su cui il giudice di appello ha tratto il proprio convincimento rende impossibile ogni controllo sulla esattezza e logicità del ragionamento, verificando l'ipotesi, sostenuta dal ricorrente, di cui all'art. 360 c.p.c., n. 5 che di per sè comporta la cassazione della sentenza. Peraltro è fondata anche la prima parte del motivo di ricorso. Nella specie è incontestato che il ricorrente, ente ecclesiastico, è un ordine religioso e che l'immobile è adibito ad abitazione conventuale delle suore che ne fanno parte nella zona di (OMISSIS). Il primo ed essenziale scopo di un ordine religioso è la formazione di comunità in cui si esercita la vita associativa quale presupposto per la formazione religiosa, la catechesi, la elevazione spirituale dei membri e la preghiera in comune. Molte comunità ecclesiastiche esauriscono in tali attività le finalità per cui sono state costituite (ad es. le comunità di meditazione e clausura). A prescindere da ulteriori considerazioni in tal senso, è evidente che tale attività è specificamente diretta alla "formazione del clero e dei religiosi" compresa espressamente nella elencazione di cui alla L. n. 222 del 1985, art. 16, lett. a).

Ne consegue che l'immobile è adibito ad una finalità strettamente istituzionale dell'ente, considerata dalla legge come idonea a giustificare la esenzione dall'ICI. Vi è di più. Il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, lett. i) prevede, a favore degli enti non commerciali di cui all'art. 87, cit. TUIR, tra cui è compreso il ricorrente, la esenzione dal tributo per gli immobili adibiti ad attività "ricettive". Tale termine indica ospitalità ed accoglienza di persone nell'immobile, le quali non necessariamente debbono essere terzi ed estranei all'ente proprietario. Esclusa, come sopra esposto, una finalità di lucro o commercio, la destinazione dell'immobile alla accoglienza ed alla vita in comune dei religiosi realizza testualmente anche la ipotesi considerata. Il che ulteriormente conferma la esenzione in parola.

Conclusivamente, il ricorso deve essere accolto e la sentenza cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa deve essere decisa nel merito. Avuto riguardo a profili di difficoltà interpretativa della normativa, si ritiene equa la compensazione delle spese tra le parti per tutte le fasi del giudizio, inclusa la presente.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo. Compensa tra le parti le spese dell'intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 30 settembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 18 dicembre 2009