Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

Olir

Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 11 Dicembre 2009

Sentenza 24 marzo 1979

Tribunale di Roma, Sentenza 24 marzo 1979: “Vilipendio della religione dello Stato e vignette satiriche” 

Fatto e Diritto 

(Omissis) 

Per quanto attiene agli ulteriori reati contestati (capi b), c) e d) del proc. n. 10061/78), sussiste pienamente la contestata violazione dell’art. 724 del codice penale (capo d); trattasi di vignetta raffigurante, tra l’altro, una persona bendata che pronuncia le parole: “porco …”; la difesa ha sostenuto che non vi sarebbero elementi per ritenere che l’espressione sia riferita alla divinità della religione cattolica, ma tale assunto è infondato atteso che nella vignetta in esame è pure raffigurato, accanto alla persona bendata, un soggetto in abito talare (in particolare indossante la cosiddetta mozzetta), avente al collo una catena dalla quale pende un crocefisso. Ove a ciò si aggiunga che l’intero numero del settimanale è dedicato ad una pesante satira del papato, dell’imminente conclave e delle istituzioni e persone della religione cattolica, il riferimento della vignetta e quindi della espressione “porco …” alla divinità professata dalla predetta religione appare evidente e indubbio. Del pari indubbio è il carattere offensivo dell’espressione, onde va riconosciuta la sussistenza del contestato reato di natura contravvenzionale.

Deve al contrario escludersi, in relazione alla medesima vignetta, la configurabilità del reato di vilipendio della religione contestato al capo c). Il reato di cui all’art. 402 del codice penale richiede invero per la sua giuridica esistenza un quid pluris rispetto alla contravvenzione di cui all’art. 724 del codice penale; non è cioè sufficiente la mera offesa alla divinità o ai simboli e persone venerati dalla religione, ma è necessario che le manifestazioni oltraggiose siano tali da esporre al ludibrio, allo scherno e al disprezzo la religione medesima; ciò non è viceversa dato ravvisare nella vignetta incriminata poiché né l’espressione “porco …”, né la raffigurazione di un soggetto in abito talare che pronuncia le parole “me fischino le recchie” hanno contenuto dileggiatorio della religione, pur costituendo una indubbia e volgare offesa. Non è inoltre esatto quanto affermato nel capo di imputazione e cioè che nella vignetta sarebbe raffigurato, nell’atto di pronunciare le parole “me fischiano le recchie”, Dio: la rappresentazione grafica della divinità nella religione cattolica è infatti ben diversa da quella del disegno incriminato, che, come si ripete, effigia una persona umana, vestita dell’abito talare.

Sulla base delle esposte considerazioni, deve dunque assolversi il prevenuto dal delitto sub c) perché il fatto non sussiste.

Rimane da esaminare l’imputazione sub b) e a tale fine è necessario sottoporre al vaglio le singole vignette e didascalie oggetto dell’imputazione medesima. Ritiene il collegio che non sia ravvisabile l’offesa alla religione mediante vilipendio di ministri del culto nelle vignette di cui ai nn. 1, 2 e 4 della rubrica; trattasi rispettivamente di un disegno raffigurante una scimmia nell’abito del sommo pontefice, con la dicitura “conclave: la Chiesa torna alle origini”, di altro disegno raffigurante una complessa macchina per l’avvicendamento dei pontefici e della vignetta, già esaminata in relazione all’accusa di disegno osceno (art. 528 del codice penale), raffigurante due persone in abito talare, l’una carponi e l’altra aggrappata alla schiena della prima. Carattere comune ai tre menzionati disegni è la totale carenza di buon gusto, oltreché di quella vis comica di cui a torto gli autori ritengono di aver dato prova. Peraltro è altresì carente l’intento di esporre al pubblico disprezzo i ministri del culto cattolico e tramite essi la stessa religione cattolica. In particolare la prima vignetta fa riferimento alla linea politica della Chiesa che, nell’imminenza del conclave, mostrava attraverso le dichiarazioni dei suoi esponenti di voler perseguire nell’elezione del nuovo pontefice un ritorno alle tradizioni pur nel rispetto delle mutate esigenze dei tempi; il richiamo alla teoria di Darwin e quindi la rappresentazione grafica di tale “ritorno alle origini” mediante l’effige di una scimmia vestita degli abiti del pontefice appare come un grossolano tentativo di comicità scevro tuttavia, per quanto si è detto, circa le finalità del disegno (fatte palesi dalla didascalia), da ogni intento dileggiatorio nei confronti del papa e della religione cattolica, intento che comunque anche ove lo si voglia ritenere sussistente,  non è stato obiettivamente raggiunto.

Quanto alla vignetta raffigurante la macchina per l’avvicendamento dei pontefici, valgono analoghe considerazioni, apparendo il disegno volto a fornire una veste grafica, certamente discutibile sotto il profilo del buon gusto, alla espressione, comunemente usata dai commentatori e dalla stampa, “macchina del conclave”, con riferimento alla complessa organizzazione che si mette in moto in occasione dell’elezione di un nuovo pontefice.

Per ciò che concerne infine la vignetta di cui al n. 4, si osserva che la rappresentazione grafica non consente, neppure con l’ausilio della didascalia che accompagna il disegno, l’interpretazione che ne è stata fatta nel capo di imputazione, vale a dire che si è raffigurato un congiungimento contro natura tra due prelati; anche con riferimento a tale disegno, come ai due precedentemente esaminati, deve pertanto pronunciarsi sentenza di assoluzione con ampia formula.

Va invece affermata la penale responsabilità di N. per il reato continuato di cui all’art. 403 del codice penale, con riferimento ai nn. 3 e 5 del capo b). Trattasi di una vignetta raffigurante la testa e parte del corpo di un maiale, indossante i paramenti del sommo pontefice, con la didascalia “papa….. è un gran maiale” disegno della serie “anche il primo vilipendio al neo Papa l’ha fatto Il male”, nonché di una serie di foto dei cardinali partecipanti al conclave, preceduta dalla dicitura “la carica di 111”; in calce a ciascuna fotografia figurano espressioni offensive e spregiative della dignità dei singoli porporati.

Per quanto attiene alla prima vignetta si rileva l’assenza di qualsiasi valore contenutistico all’infuori di una palese manifestazione di oltraggio e disprezzo per la figura del sommo pontefice, schernita e vilipesa attraverso la rappresentazione dei tratti somatici del maiale e la didascalia sopra citata. L’offesa appare, oltreché grave, del tutto gratuita e sfornita di qualsivoglia motivazione. Per di più nella fattispecie ricorre con evidenza il dolo specifico, al di là di quello generico richiesto per la sussistenza del reato, atteso che l’effettiva intenzione dell’autore è resa manifesta dalla dicitura “anche il primo vilipendio al neo Papa l’ha fatto Il male”. Si è al riguardo sostenuto dalla difesa che, essendo stato edito il numero del settimanale in periodo di “sede vacante”, difetterebbe il requisito dell’offesa a un ministro del culto, non potendo la vignetta riferirsi alla persona fisica del pontefice, non ancora eletto. L’obiezione è infondata; prescindendo dal rilevare che il disegno è rivolto a vilipendere la persona del pontefice, quale che essa risultasse all’esito del conclave (…il primo vilipendio al neo Papa…), si osserva che il reato di cui all’art. 403 del codice penale si concreta non già nella mera offesa arrecata a un ministro del culto, bensì nel vilipendio che attraverso tale offesa si arreca alla religione cattolica; sotto tale profilo ben può essere idonea a integrare il reato l’offesa alla figura del pontefice pur se la persona fisica che lo rappresenta non sia ancora stata scelta attraverso il conclave. Del pari infondato è l’assunto secondo cui il pontefice non sarebbe un ministro del culto, ma esclusivamente il capo della Chiesa cattolica; è sufficiente osservare al riguardo, senza entrare in disquisizioni di stretto diritto canonico, che il Papa è vescovo di Roma e come tale ministro di culto a ogni effetto.

Altrettanto palese è il vilipendio commesso attraverso la raffigurazione fotografica dei partecipanti al conclave, accompagnata da didascalie inequivocabilmente spregiative della dignità dei porporati, qualificati come “ricercato per incitamento alla prostituzione e violenza carnale” (il card. Lucani), o “maniaco sessuale” (card. Willebrands), “fervente musulmano” (card. Poma), “scopritore della benzedrina” (card. Cooke)…

Altrettanto spregiativa del collegio cardinalizio e, per il tramite di esso, della Chiesa cattolica, è l’espressione “la carica dei 111” che precede la pubblicazione delle foto e che contiene un chiaro riferimento a una sorta di assalto al soglio pontificio da parte dei partecipanti al conclave animati, secondo gli autori della pubblicazione, da intenti carrieristici e da sete di potere.

Riconosciuta la penale responsabilità dell’imputato in ordine ai reati di bestemmia (capo d) e offese alla religione mediante vilipendio di ministri del culto (capo b), unificate le due ipotesi delittuose per l’evidente vincolo di continuazione, ritiene il collegio di delegare le attenuanti generiche sia in considerazione della personalità di N., già condannato per altro reato di vilipendio, sia in considerazione della grave ammissione di avere accettato e ricoperto la carica di direttore responsabile del periodico senza esercitare alcun controllo sulla pubblicazione e anzi disinteressandosi di essa. Pena congrua si stima, tenuto conto della gravità dei fatti e della ricordata personalità del prevenuto, l’ammenda di lire 60.000 per la contravvenzione e la reclusione per anni 1 e mesi 4 per il delitto continuato (p. b. per la violazione relativa alla vignetta raffigurante il Papa 1 uno e mesi 2 da aumentare ex art. 81 del codice penale). Va revocato il beneficio della sospensione condizionale, concesso a N. con la sentenza di condanna pronunciata dalla Corte di assise di appello di Milano il 28 aprile 1977.

Va infine disposta la confisca del n. 20 del 23 agosto 1978 del settimanale “Il male” e la restituzione del n. 19 dello stesso giornale. 

Per questi motivi… 

(Omissis)