Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 25 luglio 2018, n.19151/2018

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna del medico al
risarcimento del danno da nascita indesiderata di un bambino malato,
soprattutto alla luce del fatto che la donna aveva espresso, anche
implicitamente, la volontà di abortire in caso di patologie
gravi per il nascituro. Il genitore che agisce per il risarcimento del
danno ha l'onere di provare che avrebbe esercitato la
facoltà d'interrompere la gravidanza ove fosse stata
tempestivamente informata dell'anomalia fetale, ma tale onere
può essere assolto tramite praesumptio hominis,
in base a inferenze desumibili dagli elementi di prova, quali il
ricorso al consulto medico proprio per conoscere lo stato di salute
del nascituro, le precarie condizioni psico-fisiche della gestante o
le sue pregresse manifestazioni di pensiero propense all'opzione
abortiva, gravando sul medico la prova contraria, che la donna non si
sarebbe determinata all'aborto per qualsivoglia ragione personale.
Circa la quantificazione del danno non patrimoniale, il giudice di
merito deve rigorosamente valutare tanto l'aspetto interiore del
danno (cd. danno morale), quanto il suo impatto modificativo in pejus
con la vita quotidiana (il danno cd. esistenziale), atteso che oggetto
dell'accertamento e della quantificazione del danno risarcibile
è la sofferenza umana conseguente alla lesione di un diritto
costituzionalmente protetto, la quale, nella sua realtà
naturalistica, si può connotare in concreto di entrambi tali
aspetti essenziali, costituenti danni diversi e, perciò,
autonomamente risarcibili, ma solo se provati caso per caso con tutti
i mezzi di prova normativamente previsti.

Decreto 05 luglio 2018

Il Tribunale di Pistoia ha dichiarato l’illegittimità del
diniego opposto dal Sindaco alla dichiarazione di riconoscimento del
figlio minore da parte della madre non biologica parte di una coppia
omosessuale e ha ordinato allo stesso, nella sua qualità di
Ufficiale di Stato Civile, di formare un nuovo atto di nascita con
l’indicazione delle due madri, attribuendo al bambino il
cognome di entrambe. Un’interpretazione costituzionalmente
orientata dell’art. 8 L. 40/2004 porta, infatti, ad affermare
che i bimbi nati in Italia a seguito di tecniche di PMA eseguite
all’estero sono figli della coppia di donne che hanno prestato
il consenso manifestando inequivocabilmente di voler assumere la
responsabilità genitoriale sul nascituro quale frutto di un
progetto di vita comune con il partner e di realizzazione di una
famiglia. Dunque, nell’attuale sistema normativo si deve
ritenere che il consenso sia alla base della costituzione del rapporto
di filiazione in caso di ricorso alla PMA così come, nella
gestazione “ordinaria”, lo è il dato biologico
genetico.

Sentenza 18 gennaio 2018

Riformando la pronuncia di
primo grado, la Sezione per i minorenni della Corte d'appello di
Cagliari ha disposto l'adozione speciale di minore ex art. 44,
lett. d), legge 183/1984 da parte della donna convivente con la madre
biologica, pur non costituendo queste una coppia omosessuale. La
prima, infatti, è legata alla seconda da un semplice rapporto
di amicizia, ma è coinvolta nella crescita psico-fisica del
minore sin dalla sua nascita, adempiendo di fatto in prima persona ai
doveri genitoriali nelle veci della madre biologica. Quest'ultima,
da sola, non sarebbe stata in grado di crescere il figlio e risponde
all’interesse preminente del minore il fatto di vedere
riconosciuto il vincolo filiale che lo lega alla convivente della
madre.
Si ringrazia per la segnalazione la
Professoressa Pierangela Floris dell'Università di
Cagliari.

Sentenza 23 marzo 2018, n.32028/2018

La Corte di Cassazione ha chiarito che l'aggravante della
finalità di discriminazione non ricorre esclusivamente nel caso
in cui l'espressione oggetto di analisi riconduca alla
manifestazione di un pregiudizio nel senso dell'inferiorità
di una determinata razza, nazione, etnia o religione, ma anche quando
la condotta di chi la pronuncia, valutata nel suo complesso, risulti
intenzionalmente diretta a rendere percepibile all’esterno e a
suscitare in altri analogo sentimento di odio etnico, nazionale,
razziale o religioso, e comunque a dar luogo, in futuro o
nell’immediato, al concreto pericolo di comportamenti
discriminatori.

Ordinanza 02 luglio 2018

Il Tribunale di Pordenone ha sollevato questione di legittimità
costituzionale avente ad oggetto gli articoli 5 e 12 commi 2°,
9° e 10° della legge n. 40/2004. In particolare,
l'esclusione dall'accesso alle tecniche di procreazione
medicalmente assistita delle coppie composte da soggetti dello stesso
sesso, nonché la correlata applicazione di sanzioni a chi non
rispetti tale divieto, si porrebbero in contrasto con gli articoli 2,
3, 31 comma 2°, 32 comma 1° e 117 comma 1° della
Costituzione.

Sentenza 04 luglio 2018, n.145/18

La Corte d'Appello di Napoli ha riconosciuto il diritto di una
donna di adottare il figlio biologico della compagna, con cui è
unita civilmente, in quanto accettò e condivise il progetto
della procreazione medicalmente assistita. Il nato da p.m.a, infatti,
ha lo stato di figlio della coppia che ha espresso la volontà
di ricorrere alle terapie, laddove l'elemento consensuale prevale
rispetto al mero dato della derivazione genetico-biologica. Certo
è vero che la l. 40/2004 riserva le pratiche di p.m.a. alle
coppie di sesso diverso, ma il principio del superiore interesse
del minore riveste una tale rilevanza da poter temperare, o persino
disapplicare, talune norme che sui minori incidono.

Si
ringrazia per la segnalazione il Dottor Simone Baldetti
dell'Università di Pisa.