Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 06 dicembre 2004, n.378

Il ruolo delle Regioni di rappresentanza generale degli interessi
delle rispettive collettività, riconosciuto dalla giurisprudenza
costituzionale e dalla prevalente dottrina, è rilevante ai fini
dell’esistenza, accanto ai contenuti necessari degli statuti
regionali, di altri possibili contenuti, sia che risultino ricognitivi
delle funzioni e dei compiti della Regione, sia che indichino aree di
prioritario intervento politico o legislativo, i quali talora si
esprimono attraverso proclamazioni di finalità da perseguire. A tali
enunciazioni, anche se materialmente inserite in un atto-fonte, non
può essere riconosciuta alcuna efficacia giuridica, collocandosi esse
precipuamente sul piano dei convincimenti espressivi delle diverse
sensibilità politiche presenti nella comunità regionale al momento
dell’approvazione dello statuto. Nella fattispecie in esame, una
enunciazione siffatta si rinviene nell’art. 9, comma 2, ove si
afferma che la Regione “tutela altresì forme di convivenza”; tale
disposizione non comporta alcuna violazione, né alcuna rivendicazione
di competenze costituzionalmente attribuite allo Stato, né fonda
esercizio di poteri regionali. Deve pertanto dichiarasi inammissibile,
per inidoneità lesiva della disposizione impugnata, la censura
avverso la denunciata proposizione della deliberazione statutaria.
Sono invece fondate le censure di illegittimità costituzionale
relative all’ art. 66, commi 1, 2 e 3, considerato che, sebbene le
scelte in tema di incompatibilità fra incarico di componente della
Giunta regionale e di consigliere regionale possono essere originate
da opzioni statutarie in tema di forma di governo della Regione,
tuttavia – come la Corte ha già affermato in relazione ad altra
delibera statutaria regionale nella sentenza n. 2 del 2004 – occorre
rilevare che il riconoscimento, contenuto nell’articolo 123 della
Costituzione del potere statutario in tema di forma di governo
regionale, è accompagnato dalla previsione dell’articolo 122 della
Costituzione, e che quindi la disciplina dei particolari oggetti cui
si riferisce l’articolo 122 sfugge alle determinazioni lasciate
all’autonomia statutaria.

Sentenza 06 dicembre 2004, n.379

Le censure relative all’art. 2, comma 1, lettera f), della delibera
statutaria impugnata, nella parte in cui la Regione si pone
l’obiettivo di assicurare “nell’ambito delle facoltà che le sono
costituzionalmente riconosciute, il diritto di voto degli immigrati
residenti”, sono da considerarsi inammissibili, posto il carattere non
prescrittivo e non vincolante di tali enunciazioni statutarie, che
esplicano una funzione, per così dire, di natura culturale o
politica, ma non normativa. Tale disposizioni non comportano pertanto
alcuna violazione, né alcuna rivendicazione di competenze
costituzionalmente attribuite allo Stato, con conseguente
inammissibilità, per inidoneità lesiva, della disposizione
impugnata. Risultano, inoltre, infondate le questioni di legittimità
costituzionale relative agli artt. 13, comma 1, lettera a); 15, comma
1; 17; 19; 24, comma 4; 26, comma 3; 28, comma 2; 49, comma 2; 62,
comma 3, dello Statuto in esame. La censura di illegittimità relativa
all’art. 45, comma 2, della deliberazione impugnata risulta fondata
limitatamente al terzo periodo di detto comma. Le scelte in tema di
incompatibilità fra incarico di componente della Giunta e di
Consigliere regionale possono infatti essere originate da opzioni
statutarie in tema di forma di governo della Regione, ma – come
questa già affermato dalla Corte nella sentenza n. 2 del 2004 –
occorre rilevare che il riconoscimento, contenuto nell’art. 123
della Costituzione, del potere statutario in tema di forma di governo
regionale è tuttavia accompagnato dalla previsione disposta
dall’art. 122 della Costituzione, con consegunete esclusione –
dall’ambito della autonomia statutaria – della disciplina dei
particolari oggetti a cui detto articolo espressamentesi riferisce.