Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Costituzione 1982

Costituzione della Repubblica di Turchia (1982). PREAMBLE (As amended on October 17, 2001) In line with the concept of nationalism and the reforms and principles introduced by the founder of the Republic of Turkey, Atatürk, the immortal leader and the unrivalled hero, this Constitution, which affirms the eternal existence of the Turkish nation and motherland […]

Sentenza 05 giugno 2008

Il divieto di discriminazione ex art. 14 CEDU non impedisce di
predisporre trattamenti differenziati per correggere le situazioni di
disuguaglianza tra determinati gruppi etnici, nazionali o religiosi.
Nel caso di specie, è ammessa in linea di principio l’istituzione di
classi separate per favorire la scolarizzazione dei bambini Rom,
tenuto conto delle loro peculiari necessità e del loro stile di vita.
Tuttavia, analizzando la normativa sulla scuola adottata nella
località greca di Aspropyrgos, la Corte ha individuato una violazione
del divieto di discriminazione razziale, poiché il collocamento dei
bambini Rom nelle classi separate è avvenuto utilizzando il solo
criterio dell’appartenenza etnica e senza considerare le reali
necessità formative degli alunni. Il trattamento differenziato,
dunque, è stato disposto da criteri discriminatori e non risulta
proporzionale al raggiungimento di uno scopo legittimo, quale
l’inserimento dei bambini nel percorso educativo ordinario o la loro
integrazione sociale. Le autorità scolastiche, infatti, hanno
frapposto difficoltà burocratiche all’iscrizione dei bambini nella
scuola elementare principale e non hanno dimostrato di aver agito allo
scopo di favorire la scolarizzazione dei bambini ed il recupero delle
loro mancanze formative.

Varie 12 dicembre 2007

Il testo riprende, adattandola, la Carta proclamata il 7 dicembre 2000
e la sostituirà a decorrere dall’entrata in vigore del trattato di
Lisbona.
Di seguito al testo della Carta, sono annesse le spiegazioni relative
alla Carta dei diritti fondamentali.
Dal 1° dicembre 2009, con l’entrata in vigore del Trattato di
Lisbona, la Carta ha acquisito “lo stesso valore dei trattati” (_ex_
art. 6 del nuovo Trattato sull’Unione europea).

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In OLIR.it:

– Consiglio europeo di Nizza: Progetto di Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione europea, dicembre 2000
[https://www.olir.it/ricerca/index.php?Form_Document=956];

– Parlamento europeo: Decisione del 29 novembre 2007
sull’approvazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
europea da parte del Parlamento europeo
[https://www.olir.it/ricerca/index.php?Form_Document=4479]
 

Legge 09 novembre 1998

Human Rights Act, 9 Novembre 1998. An Act to give further effect to rights and freedoms guaranteed under the European Convention on Human Rights; to make provision with respect to holders of certain judicial offices who become judges of the European Court of Human Rights; and for connected purposes. [9th November 1998] BE IT ENACTED […]

Sentenza 30 gennaio 2003, n.42

Si dichiara l’inammissibilità della richiesta di referendum popolare
volto all’abrogazione, nelle parti indicate in epigrafe, dell’art. 1
l. 10 marzo 2000 n. 62 (Norme per la parità scolastica e disposizioni
sul diritto allo studio e all’istruzione), richiesta peraltro
dichiarata legittima, con ordinanza 9 dicembre 2002, dall’ufficio
centrale costituito presso la Corte di cassazione, con la
denominazione “Scuola privata: abrogazione di norme relative a
contributi statali e di norme agevolatrici in materia di personale
docente”. Il quesito referendario risulta infatti, in primo luogo,
intimamente contraddittorio, in quanto, con la richiesta di
abrogazione delle parole “e dalle scuole paritarie private”, si
propone lo scopo di espungere dal sistema nazionale di istruzione le
scuole paritarie, le quali, al contrario, continuerebbero a farne
parte integrante alla stregua della normativa più dettagliata,
contenuta nel medesimo art. 1, non toccata dal quesito: ne risulta in
tal modo investita la stessa “ratio” del quesito, giacché una volta
che il legislatore abbia istituito il sistema scolastico nazionale,
espungere da questo una categoria di scuole che, obbligate a
conformarsi ai prescritti standard qualitativi, restano invece
assoggettate al medesimo e comune regime richiesto dall’art. 33 comma
4 cost. ai fini della parità, risulta non solo contraddittorio ma
anche discriminatorio, non essendo concepibile, in un regime di
esclusione concettuale dal sistema nazionale quale è quello cui tende
la richiesta referendaria, una parità effettiva che non si riduca a
mera declamazione verbale, poiché le formulazioni di principio non
sono mai vuote e inutili proclamazioni, ma enunciati giuridici capaci
di immettere nell’ordinamento virtualità interpretative altrimenti
assenti e di ovviare alle eventuali imprecisioni o alle lacune in
questo riscontrabili. Il quesito referendario risulta altresì
disomogeneo, in quanto unifica oggetti rispetto ai quali la scelta
dell’elettore non può essere costretta in un solo quesito, quali, da
un lato, l’eliminazione dell’agevolazione che viene assicurata alle
scuole paritarie, consistente nel potersi avvalere anche delle
prestazioni volontarie di personale docente o di prestatori d’opera
professionale e, dall’altro, la preclusione del sostegno alle famiglie
degli studenti delle scuole statali e non statali, che deriva dal
rimborso della spesa sostenuta e documentata per l’istruzione
scolastica.